Arithmòs I - Sapienza Misterica

SAPIENZA MISTERICA
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Arithmòs I

Sapienza Pitagorica Arithmòs I
Il Numero e il Divino

Rispetto alla prima stesura di Insegnamento Pitagorico Arithmòs, in questo trattato sono state approfondite le parti riguardanti i numeri della Decade compreso lo Zero sia nell'aspetto metafisico, sia nell'aspetto aritmetico; e la progressione dei numeri. Sono stati aggiunti i capitoli riguardanti gli studi della Bilancia Pitagorica, e del doppio lambda pitagorico di cui si conosce solo quello dell’armonica di Von Thimus. Apparentemente rimossi, in realtà solo trasferiti, in pubblicazioni separate e maggiormente approfondite: il Pitagorismo Gnostico e Taoismo Pitagorico.
Il Pitagorico Moderatus diceva che: “I numeri di Pitagora erano simboli geroglifici, per mezzo dei quali egli spiegava delle Idee concernenti la natura delle cose o l’origine dell’universo”(Porfirio, La Vita di Pitagora).

Nel V secolo Filolao affermava:”Senza il numero, non comprendiamo e non conosciamo nulla”.

INDICE e collegamenti ipertestuali per gruppo di voci

<> ARITHMÒS NUMERO NOUMENICO <> LO ZERO <> LA MONADE – L’UNO <> LA DIADE <> IL TRE LA TRIADE <> LA TETRADE <> LA TETRACTIS <> PENTADE <> ESADE <> EPTADE <> OGDOADE <> IL NOVE - IL PIÙ PERFETTO DEI NUMERI <> IL NOVE LA CHIAVE SEGRETA DEI CICLI <> I NOVE NUMERI E LA BILANCIA PITAGORICA <> L’ENNEADE E LA TAVOLA TRIPARTITA DI THEONE DI SMIRNE <> LA DECADE – IL NUMERO DIECI <> LA PROGRESSIONE DEI NUMERI <> LO ZERO NEI NUMERI COMPOSTI <> NUMERI PARI E DISPARI <> NUMERI PRIMI <> I RAPPORTI TRA NUMERI <> LA DOTTRINA DEGLI OPPOSTI <> NUMERI - PERFETTI - ELLITTICI O DEFICENTI - IPERBOLICI O ABBONDANTI <> NUMERI AMICABILI <> NUMERI POLIGONALI <> NUMERI TRIANGOLARI <> NUMERI QUADRATI <> NUMERI ETEROMECHI <> NUMERI RETTANGOLARI PROMECHI <> NUMERI RETTANGOLARI NUZIALI <> IL DOPPIO LAMBA - LA TABELLA MISTERICA PITAGORICA <> NUMERI PENTAGONALI <> NUMERI ESAGONALI <> NUMERI TETRAEDRICI <> NUMERI PENTAEDRICI O PIRAMIDALI <> NUMERI CUBICI <> IL QUARTO NUMERO <> ALTRE FORME DI TETRACTIS <>  
 
ARITHMÒS NUMERO NOUMENICO
 
Proclo rammentava che i Numeri svelavano gli Dèi e i Pitagorici presentavano il calcolo come iniziazione alla teologia.
 
Arithmòs è una presenza costante nei dialoghi di Platone: nel Teeteto, nel Sofista e nel Politico. Buona parte della comunità scientifica tende a uniformare gli Arithmoi di cui parlano i personaggi dei dialoghi alla concezione “monadica” di numero. Giamblico per quanto riguarda i primi numeri dalla Monade alla Decade identifica gli Dèi con Arithmoi, come divinità e modelli archetipici della manifestazione.
 
Per i Pitagorici, Arithmòs significa Numero Noumenico immobile. Aristotele in Metafisica, dice che “alcuni filosofi ritengono che le idee e i numeri siano della medesima natura e ammontano in tutto a Dieci”. Per quanto concerne i Pitagorici, per trovare nella loro numerazione, l’Uno “1” e lo Zero “0” come la prima e l’ultima delle cifre, è sufficiente esaminare gli antichi manoscritti del trattato di Boezio, De Arithmetica, composto nel sesto secolo basato sugli scritti di Nicòmaco di Gerasa.
 
Per Nicòmaco da Gerasa[1] un Neopitagorico del primo secolo, in Introduzione all’Aritmetica, afferma che l’Aritmetica, ha il ruolo madre di tutte le scienze matematiche: è ontologicamente prima delle altre scienze matematiche (musica, geometria e astronomia), ed è la loro causa. Il Numero è il Primo Principio[2],
 
Porfirio, che riporta alcune citazioni dal Moderatus di Pitagora, dice che i numeri di Pitagora erano “dei simboli geroglifici, per mezzo dei quali egli spiegava le idee concernenti la natura delle cose, o l’origine dell’Universo”.
 
I Numeri divini sono gli Archetipi che governano tutto, sono i prototipi delle cose nella mente di Dio. Platone definisce i numeri ideali, come degli Esseri incorporei, delle Idee, perché tali, non sono sottoponibili a operazioni aritmetiche. Il loro status metafisico è ben differente da quello aritmetico, appunto perché non rappresentano semplicemente numeri, ma l’essenza stessa dei numeri.
 
 
LO ZERO
 
È comune opinione che i Pitagorici non conoscevano lo Zero, e la sua scoperta appartenga all’epoca moderna. Secondo costoro, cifra corrisponde all’arabo cifron e significa “vuoto“, una traduzione della parola sanscrita sunyan, “niente”. Gli Arabi in realtà ricevettero le loro cifre dall’Indostan e non pretesero mai di averle scoperte essi stessi. Solo nel secolo IX, gli Arabi presero dall’India i caratteri che oggi sono chiamati numeri arabici e che essi denominavano cifre indiane. Gli stessi Arabi chiamarono il loro sistema decimale di numerazione con il nome “Hendes-sén” o “Hindosi” che significa appunto scienza indiana. Il merito principale degli Arabi fu di sviluppare, con il materiale indiano, i principi delle dimostrazioni teoriche dell’Aritmetica greca[3]. Il loro sistema di numerazione è il nostro attuale sistema.
 
Lo Zero è l’Uovo Cosmico, in contenitore e il contenuto di ogni cosa, pertanto era fuori da ogni discussione di calcolo o di proporzione, rappresentava la Divinità Celata, Innominabile.
 
Lo ZERO è un cerchio “O” che rappresenta l’assoluto filosofico, nel quale risiede l’intelligenza universale. È un cerchio che contiene il Tutto. Con un Punto al centro “¤”, un simbolo arcaico, la prima manifestazione della differenziazione, lo spazio potenziale dentro lo spazio astratto. Lo “Zero” è la Madre Cosmica, il contenitore e il contenuto. È l’Illimitato il Non-Numero. È la Cifra occulta, che sempre procrea e moltiplica in unione con l’unità “1”, o lo Spirito della Vita, che procede l’intero Universo.
 
  • Il “Cerchio Illimitato O”, lo Zero, diventa un numero soltanto quando una delle altre nove cifre lo precede e manifesta così il suo valore e potenza.
  • Lo Zero è il «Numero/Non-Numero» grazie al quale esistono gli altri numeri, essendo la madre, di tutti i numeri.
  • Il 10, essendo il numero sacro dell’Universo, era segreto ed esoterico, tanto in rapporto all’unità quanto in rapporto alla cifra Zero, il Cerchio.
 
Figura 1. Lo Zero il Cerchio Primordiale
 
Il simbolo dei simboli è un Disco Bianco su un fondo nero. Il simbolo dello Spazio Astratto, dell’Assoluto è un Cerchio il cui centro è dappertutto e la cui circonferenza è in nessun luogo secondo la definizione data da Pascal su Dio. Il Cerchio è la rappresentazione negativa dell’Assoluto, un Principio senza forma. Il Cerchio astratto rappresenta la  Causa Celata, la Radice di ogni possibile manifestazione soggettiva e oggettiva. Il Non Numero, l’Indeterminato, lo Zero[4] è simbolizzato dal Cerchio, il Nulla per i nostri sensi fisici, in realtà il Tutto.
 
Vi sono due tipi di numeri: le Cifre, che sono spesso semplici veli, e i Numeri Sacri, il cui valore è conosciuto per mezzo dell’Iniziazione. Le cifre sono dei glifi convenzionali, appartenenti al piano fisico, i Numeri Sacri sono puramente metafisici. Lo Zero diverrà cifra solo quando una delle nove lo precede e manifesta così il suo valore e potenza.
 
Pitagora ha descritto l’Unità Indivisibile che sta dietro tutta la manifestazione come il “Non Numero”, ripetendo in un altro modo le affermazioni contenute nelle Stanze di Dzyan:
 
Ascoltate, o figli della terra, i vostri istruttori - i figli del Fuoco - imparate che non vi è né primo né ultimo; poiché tutto è un Numero, emerso dal Non-Numero[5].
 
Il Non Numero, l’Indeterminato, lo Zero[6] è simbolizzato dal Cerchio, il Nulla per i nostri sensi fisici, in realtà il Tutto. Il Non Numero è l’Unità Celata, il Parabrahman degli Indù, l’Ain Soph degli Ebrei, lo Zeroâna Akerne dei mazdei, il Grande Estremo, Wu Chi, per i Cinesi. Il Grande Estremo è simbolizzato on un Cerchio, uno Zero, il Nulla l’Indifferenziato, Wu Chi, parola che letteralmente significa “assenza di differenziazioni”, “assenza di poli".
 
Il numero origina la forma, il numero guida il suono. Numeri e proporzioni armoniche guidano le prime differenziazioni di sostanza omogenea.
 
LA MONADE – L’UNO
 
I Numeri agiscono come simboli, e la serie dall’Uno al Dieci secondo l’Insegnamento Pitagorico è sufficiente a classificare l’universo e l’ordine della Creazione. Lesistenza dei numeri dipende dall’Unità che, li genera tutti. Per la matematica pitagorica l’Unità non è un numero, è il Principio, l’archetipo di tutti i numeri. L’1 è principio del numero e non ha posizione a differenza del Punto che ha posizione perché collocato nello spazio. Il Punto per i Pitagorici era definito come l’Unità avente posizione, mentre per Euclide era solo ciò che non ha parti.
 
Giamblico scrive che per i Pitagorici il “Ro”, cioè una quantità discreta, era oggetto dell’aritmetica e il “quanto grande della geometria”, per chiesti motivi al Pitagorico Archita di Taranto è attribuito il detto “sembra che queste scienze siano sorelle”. Inevitabilmente in questo libro si farà uso di figure geometriche associate ai Punti o Quanti. Il numero è quantità determinata dice il Pitagorico Eudosso. Il Pitagorismo non influì soltanto sul Platonismo, ma anche su altre filosofie contemporanee, fra cui l’atomismo. Se è possibile infatti spiegare l’origine delle teorie degli atomisti senza dover ricorrere necessariamente al Pitagorismo, pur tuttavia un rapporto fra atomismo e pitagorismo è reso plausibile o almeno probabile dalle evidenti somiglianze concettuali che esistono fra la monade e l’atomo, oltre al fatto che la tradizione ci testimonia l’interessamento di Democrito verso le dottrine pitagoriche e cita un suo scritto su Pitagora (cf. Diogene Laerzio, IX 38).
 
Giamblico nel suo libro “Introduzione all’aritmetica di Nicòmaco di Gerasa”, scrive: “Scopriamo, in effetti, che Nicòmaco nella sua Tecnica Aritmetica ha insegnato tutto su questa teoria secondo il pensiero di Pitagora … Nicòmaco presenta l’aritmetica pitagorica nella sua antica purezza”.
 
Per la matematica pitagorica l’Unità non era un numero, ma era il Principio, l’archè (ἀρχή) di tutti i numeri, il Principio e non inizio. L’1 è la più piccola parte del quanto, la quantità limitante, cioè il principio del quanto, poiché di ciascuna cosa l’inizio e la fine sono chiamati “limite”.
 
Giamblico in Teologia Aritmetica citando Nicòmaco dice che Dio si accorda con l’1, perché è il germe di tutte le cose naturali come l’1 è in germe tutti i numeri, e nell’1 sono racchiuse in potenza tutte le cose. Come senza l’1 nessuna cosa può assolutamente costituirsi, così senza di esso non ci può essere neppure qualsiasi atto conoscitivo. In realtà l’1 genera se stesso e da se stesso è generato, i Pitagorici chiamavano l’Uno Maschio e Femmina, Pari e Dispari, perché è il seme di tutte le cose, contiene il principio razionale sia della Materia sia della forma, sia dell’Artefice sia dell’artefatto, nel senso che è in sé perfetto e senza né principio né fine, e si presenta come causa di stabilità. Il quanto si divide nel pari e nel dispari. L’Unità, affermavano i Pitagorici, è parimpari (pari e dispari) e partecipa sia dei numeri pari sia di quelli dispari; aggiunta a qualsiasi numero lo trasforma: se è pari in dispari, e viceversa.
 
L’Uno irriducibile ha una doppia natura, che si manifesta rispettivamente passiva e attiva. Qui risiede il mistero dei numeri. Questa natura non è androgina; vale a dire che le due nature esistono solo potenzialmente e non ancora manifestamente. L’Uno, la Causa Unica Irriducibile è riconosciuto come Due per la sua doppia natura. In questo modo all’Unità causa noi aggiungiamo una nuova unità e questa nuova Unità è Due.
 
Ogni altra Unità non può essere che apparenza, e il suo apparire è un’alterazione dell’unicità proveniente da una distinzione che la Monade opera in se stessa. La Monade dimora nella Solitudine e nel Silenzio. Pitagora insegnava che l’Unità, essendo indivisibile, non è un numero.
 
I Pitagorici chiamavano l’1 anche “materia” e “colui che ospita ogni cosa”, perché è capace sia di produrre il 2, che è propriamente materia, che di fare posto dentro di sé a tutti i principi razionali. Anatolio dice che l’1 è chiamato “nascita” e “materia”, in quanto senza di esso non c’è alcun numero, che stanno a significare il TUTTO UNO e l’Uno “Tutto in Tutto”.
 
Figura 2. Il Punto nello Zero l’Uno la Monade
La Monade è il Punto che appare nel Cerchio dello Spazio Astratto, l’Uovo Cosmico fecondato ¤, il Germe. Nei Rig Veda Indù, la Cosmogonia inizia con l’Uovo d’Oro dei Brahmani, dal cui interno emerge Brahma, la Divinità Creatrice, è il Cerchio con il Punto centrale” di Pitagora. Questo Punto nel Cerchio dello Zero, è la Monade, l’Uno, anche indicato come il Germe nell’Uovo.
 
Anche la matematica pura e semplice procede dall’universale al particolare, dal Punto matematico indivisibile alle figure solide. Questo insegnamento ebbe origine in India, e fu portato in Europa da Pitagora, che, gettando un velo sul Cerchio, lo Zero, e sul Punto, che nessun uomo di questa terra può definire se non come astrazioni incomprensibili.
 
Secondo i Pitagorici, la Monade è identica al Bene (T’Agathon). Il Bene, il Buono è l’obiettivo di ogni sforzo, perché il bene salva tutte le cose, preserva la loro unità, e l’Unità è di per sé buona. Il Bene tende verso l’Unità, e la natura tende verso il bene di conseguenza, il Primo Dio, dai Pitagorici e da Platone fu identificato con il Bene con la Provvidenza (Pronoia). Per Platone i numeri e le figure geometriche non hanno nulla di materiale e sono distinti dagli oggetti fisici; i concetti della matematica sono indipendenti dall’esperienza sensibile e hanno una realtà loro propria. Platone fu definito un Pitagorico e da Diogene Laerzio ci viene riferita la leggenda secondo cui Platone avrebbe trovato il modo di acquistare a carissimo prezzo dei libri contenenti le dottrine segrete dei pitagorici, da cui trasse il Timeo. Platone è un pitagorico, afferma Giovanni Filopono nel Commentario a De anima e il suo insegnamento non è di tipo allegorico, ma è più precisamente di tipo enigmatico simbolico.
Quando il Celato dei Celati, desiderò rivelare se stesso Egli fece da principio un Punto plasmato in una Forma Sacra e lo ricoprì in un ricco e splendido Vestimento, ecco il Mondo.[7]
Il Punto Indivisibile che non ha limiti e non può essere compreso a causa della sua purezza e del suo splendore che gli servì come un velo (che) non poteva essere guardato a causa della Luce Infinita. Esso ugualmente si dilatò dall’esterno e questa espansione fu il suo vestimento.[8]
 
LA DIADE
 
Per i Pitagorici una stessa parola, Monade, indicava l’Unità dell’aritmetica e la Monade Universale intesa nel senso astratto e misterico che oggi diremmo metafisico. Partendo dal presupposto della’intrinseca ed essenziale unicità dell’Unità, bisogna ammettere che un’altra unità non può essere che un’apparenza; e che il suo apparire è un’alterazione dell’unicità proveniente da una distinzione che la Monade opera in se stessa. La Monade Pitagorica dimora nella solitudine e nelle tenebre come il “Germe”, il Punto nell’Uovo Cosmico. Questo Punto è la Causa Prima. I Punto si scinde, in quanto Maschio e femmina Positivo e negativo allo stato potenziale. Il Numero Due non nasce per somma di due unità, ma per scissione dell’Uno. L’Uno irriducibile ha una doppia natura, che si manifesta rispettivamente passiva e attiva. Qui risiede il mistero dei numeri. Questa natura non è androgina; vale a dire che le due nature esistono solo potenzialmente e non ancora manifestamente. Il punto, l’Uno irriducibile, ha generato la linea per scissione.
 
Per Pitagorici la Diade era lo stato imperfetto nel quale cadde il Primo Essere manifestato quando si distaccò dalla Monade. La linea retta passante per il centro del Cerchio, in geometria, ha una lunghezza, ma non ha larghezza né spessore; è un simbolo astratto femminile, che attraversa l’Eternità; e giace sul piano d’esistenza del mondo fenomenico. Il Diametro primordiale è La Diade di Pitagora, raffigurata dai Due Punti estremi di un segmento di retta. Il Diametro è la linea di separazione fra due diversi stati di materia:
 
1.  Uno più denso visualizzato dal semicerchio inferiore cui sia dà il nome di Materia, le Acque dell’Abisso Celeste.
2.  Uno più sottile cui si da il nome di Spirito, visualizzato dal semicerchio superiore.                                     
Figura 3. Il Diametro orizzontale, La Prima linea

I Pitagorici dicevano che la Diade era generata dall’Unità che si allontanava o separava da se stessa, che si scindeva in due: e indicavano questa differenziazione o polarizzazione con varie parole: dieresi, tolma. Dall’Uno viene la determinatezza. Se l’Unità fosse rimasta pura e non mescolata, la Materia non avrebbe assolutamente subito alcuna divisione: ma una volta combinata con la forza di separazione della Diade, provocò nella natura divisioni e scissioni. La Diade è l’elemento costitutivo di qualsiasi sconvolgimento e disordine.
 
La Diade, è raffigurata dai Due Punti estremi di un segmento di retta.
 
Nel Due è la prima manifestazione della lunghezza, come derivata dall’Uno come punto, ma la lunghezza può essere divisa o moltiplicata all’infinito: è la Diade indeterminata. L’indeterminatezza e la mancanza di figura geometrica esistono solo nel Due.
 
Il numero Due per i Pitagorici era il Principio dei Numeri Pari. Il Due non è un numero pari, ogni numero pari può essere diviso sia in parti uguali che disuguali, il Due solo in parti uguali. Il Quattro è il primo numero pari.
 
Porfirio dimostra che la Monade e la Diade di Pitagora sono identiche al Finito e all’Infinito di Platone in Filebo, chiamati ˝πέρας e απειρον” (péras limite e ápeiron illimitato). È solo la Diade, la Madre, che è sostanziale, essendo la Monade la “Causa di tutta l’Unità e la misura di tutte le cose”.
 
La Diade è sia il numero Due, sia il Principio Femminile, la forma trascendente di Due chiamato Diade Indefinita, dove “l’Indeterminato” deve essere inteso nel senso di illimitato, sconfinato e infinito. La proprietà di essere Illimitata e indeterminata, la rende contraria alla Monade, il principio del Limite. Così la Monade e la Diade indefinita sono i principi del Limite (Péras) e dell’Illimitato (Ápeiron), che operano a tutti i livelli dell’essere, ma in modo diverso a ogni livello.
 
Al livello superiore, la Monade è lo Spirito Primordiale e la Diade Indefinita è la Materia Primordiale, perché Materia Prima è l’Indeterminato, Senza Forma. Come la Materia Primordiale è ineffabile, oscura, buia, lo Spirito che dimora delle profondità dell’Abisso è chiamato Bythos. La Madre Materia è chiamata Silenzio e Sige, perché il silenzio deve precedere la Parola, il Logos in-formazione, che incarna le idee della Demiurgo. Uno dei nomi più comuni del principio femminile è Dynamis, che significa Forza e potenzialità. Questo è l’aspetto della Diade Indefinita, Illimitata, Infinita. La Diade è Potenzialità a tutti i livelli dell’essere, perché è il potere illimitato di essere qualsiasi cosa, è tutte le possibilità, quindi è anche la prolifica, fonte generativa di tutta la creazione. Lei moltiplica, perché conduce la Monade verso la pluralità feconda e la manifestazione sostanziale.
 
La Diade, portando molteplicità all’Uno, crea la pluralità di Unità, che sono gli Dei. Aristotele nel trattato su Archita da Taranto racconta che anche Pitagora chiamava la Materia “Altra Cosa”, perché scorrevole e sempre diveniente altro. Così Rhea diventa la Madre degli Dei da elementi di più immagini del Padre, Kronos. I Pitagorici chiamavano Rhea “il Flusso Perenne” (Rheo flusso), Questo perché la Materia Prima è fluida, perché non ha confini determinati, all’interno o all’esterno; la materia è in continua trasformazione, sempre in movimento. Kronos e Rea danno vita agli altri Dei tramite una moltiplicazione di Unità. La Madre, la Diade Indefinita, perché il principio della molteplicità, crea una pluralità d’immagini della Monade, il Padre. La Madre provoca la separazione e la proliferazione illimitata, ma il Padre sostiene la loro identità, limitandoli. Il risultato è una pluralità di Unità che corrispondono agli Dei. Nella mente di Kronos sono separati ma compenetrati, come lo spettro dei colori nella luce bianca. Come Proclo dice: “Tutte le Unità sono in tutti, ma ciascuno separatamente.”
 
La Diade, Rhea, è collegata a Rhythmos, il che significa non solo ritmo, ma anche il movimento ricorrente, movimento misurato, e tempo. Questo perché la Diade Indefinita crea alterità, e quindi tutte le opposizioni regolate dalla Kronos e Rhea: Unità - Molteplicità, Chiaro - Scuro, Maschio - Femmina, e molti altri. Ogni volta che c’è una tensione tra opposti, sorgerà un’oscillazione tra di loro, un approccio ciclico. Pertanto, Rhea trasforma Aion o Eternità smisurata nel Tempo determinato (Kronos), simboleggiato dal ciclico alternarsi di luce e buio. Con la creazione di tempo, lei crea anche lo spazio. Inoltre, Rhea governa tutti i processi ciclici, sulla Terra e in Cielo. Tuttavia, Rhea stessa esiste al di fuori del tempo, e quindi Lei governa movimento Immobile. Questo perché è interessata solo al cambiamento ciclico, e quindi ai rapporti numerici tra i ritmi di questi cambiamenti; La Diade governa le loro relazioni armoniche. Nella moderna terminologia scientifica, potremmo dire che Lei supervisiona il dominio della frequenza, piuttosto che il dominio del tempo, che è il campo di Hera, sua figlia.
 
  • Madre Rhea:       Rhythmos, movimento
  • Padre Kronos:     Arithmos assenza di movimento, stabilità, Numero.
 
Padre e Madre, divenuti Due, danzano ritmicamente e i mondi e i numeri appaiono. Secondo la dottrina pitagorica, l’Essenza di Kronos è di rimanere immobile ma Rhea ha il potere di indurlo a procedere oltre se stesso. Tuttavia, Egli deve poi tornare alla sua essenza di preservare la sua identità. Infatti, se questa processione dovesse continuare senza limiti, tutte le forme sarebbero perse nell’abisso oscuro dell’indefinita materia caotica. L’Essenza di Kronos è di rimanere se stesso, ma Rhea ha il potere di creare un terzo, un altro. Ciò significa che la Monade contiene la Triade del Padre, Madre e Figlio. Leggiamo negli Oracoli Caldei (fr. 26): “II numero Tre regna ovunque nell'universo e la Monade è il suo principio.
 
Per Filolao[9] di Crotone, discepolo di Pitagora, l’Armonia cosmica, non può che nascere necessariamente dall’equilibrio tra i contrari, non dall’impossibile espulsione di uno dei due[10].
 
La natura cosmica risulta dall'accordo di Limite e Illimite … poiché i principi erano essenzialmente dissimili e disomogenei, sarebbe stato impossibile creare con essi un cosmo, se non fosse intervenuta armonia (Filolao, Frammenti 1, 6).
 
Secondo Pitagora la creazione è Ordine e Bellezza, un’Armonia scaturente dall’integrazione degli opposti: limite e illimitato, dispari e pari, destro e sinistro, maschio e femmina, in quiete e in movimento, diritto e ricurvo, luce e tenebra, bene e male, quadrato e rettangolo. Chiaro e Oscuro sono le raffigurazioni delle Due Forze Primordiali, Cielo e Terra, Spirito e Materia. I Cinesi espressero questo concetto con lo Yang e lo Yin. Per gli Gnostici, la Diade, la prima coppia o sizigia si chiama Bythos, Profondità (principio maschile), ed Ennoia, Pensiero (principio femminile). Il simbolo è quello della polarità, di Due Sfere gemelle.
 
Proclo osservò che il 2 ha un carattere in certo modo intermedio tra l’unità e il 3. Non soltanto perché ne è la media aritmetica, ma anche perché è il solo numero per il quale accade che sommandolo con se stesso o moltiplicandolo per se stesso, si ottiene il medesimo risultato, mentre per l’unità il prodotto dà di meno della somma e per tutti gli altri numeri il prodotto è maggiore della somma[11]. È il primo numero che sopporta la separazione e per la sua dicotomia merita il nome di Giustizia, nel senso diviso per due, e anche Iside, non solo perché il prodotto è uguale alla somma[12], ma perché è l’unico numero che non consente la divisione in parti disuguali.
 
Tra le virtù i Pitagorici assimilavano il 2 al coraggio, all’audacia e all’impulso, perché è Rhythmos, movimento, mutamento e separazione. Lo chiamavano anche opinione, perché nell’opinione ci può essere il vero e il falso. È il principio che produce negli enti mutamento e trasformazione, mentre l’1 è il principio che produce identità e immutabile permanenza.
 
I Pitagorici chiavavano il 2 Erato, la musa del canto amoroso, perché attirando verso di sé l’1, genera come risultati i rimanenti numeri, a partire dal 3 e dal 4.
 
IL TRE LA TRIADE
 
Quando l’Uno diventa Due, il Triplice appare, e cioè quando l’Uno Eterno lascia cadere il suo riflesso nella regione della Manifestazione, quel riflesso, il Raggio Monadico, differenzia le Acque dello Spazio.
 
La natura dell’Unità condiziona e circoscrive la vuota, irrazionale, indeterminata infinità, rivestendola di una nuova forma e rendendola passibile di definizione. Nell’unione dell’Uno con la Diade, si genera il Tre, numero ideale, essendo ogni numero nient’altro che un rapporto determinato tra due grandezze.
 
Secondo Pitagora, la Monade ritorna nel Silenzio e nelle Tenebre non appena ha evoluto la Triade, dalla quale emanano i rimanenti 7 numeri dei 10 numeri che si trovano alla base dell’Universo Manifestato.
 
Il Punto manifestato, dopo la sua apparizione pre-genetica, è scomparso nell’inconoscibile del Cerchio, la Monade Cosmica ritorna nel Silenzio solo dopo aver evoluto la Triade. Ciò significa che la Monade solo dopo aver proiettato per questo particolare universo una sua immagine l’Unità e poi la Diade che insieme forma la triade o Trinità, scompare da questo universo.
 
Il Numero Uno è considerato il Principio, l’Arché di tutti i Numeri, il Numero Due il Principio dei Numeri Pari, il Numero Tre il Primo Numero successivo ai due primi principi e anche uguale alla loro somma. Il Tre, la Triade, è la sintesi dell’unità e della Diade (1 + 2 = 3). Il Tre è il primo numero Dispari.
 
L’Uno rappresenta il Padre, il Due la Madre cosmica, il Tre il Figlio. Tre sono i principi, Spirito, Anima e Corpo. Nel Timeo, Platone precisa che “due cose non possono essere unite giustamente senza un terzo”; ci deve essere un certo legame che attesti l’unione fra loro.
 
Di tutte e due formò una terza specie di essenza intermedia che partecipa della natura del Medesimo e di quella dell’Altro … e prese le tutte e tre, le mescolò in una sola specie, congiungendo a forza col Medesimo la natura dell’Altro.[13]
 
Ciò che unisce, il terzo elemento, è propriamente l’amore. Tanto il Due separa quanto il Tre riunisce. È il simbolo della conciliazione per il suo valore unificante. Il Tre apre la strada della mediazione e permette di uscire dall’antagonismo. Il Tre era chiamato dai Pitagorici amicizia e pace, armonia e concordia, perché tutte queste cose collegano e uniscono i contrari. Il numero 3 emana una profonda energia che si esplica in modo vivace, prolifico. Questo deriva dall’unione della forza innovatrice del numero 1 con quella della capacità di sviluppo del numero 2.
 
Per i Pitagorici, il numero era il generatore della geometria, e il vero significato dei numeri interi può essere studiata attraverso la rappresentazione geometrica. Il Triangolo non è generato da nessun movimento, esso risulta solo da un’addizione, di elementi manifestati per scissione dall’Unità. Il Tre è il primo numero che ammette una raffigurazione di superficie piana, mediante i Tre Vertici di un Triangolo Equilatero.
 
Figura 4. La rappresentazione del Tre nello spazio a Triangolo

Proclo osservò che il Due ha un carattere in certo modo intermedio tra l’Unità e il Tre. Non soltanto perché ne è la media aritmetica, ma anche perché è il solo numero per il quale accade che sommandolo con se stesso o moltiplicandolo per se stesso, si ottiene il medesimo risultato, mentre per l’unità il prodotto dà di meno della somma e per il tre il prodotto dà di più:
 
1+1=2>1x1;        2+2=4=2x2;        3+3=6<3x3
 
Ci sono tre tipi di triangoli: equilatero, isoscele e scaleno. Collegati alla figura geometrica, ci sono tre tipi di angoli: rettilineo (180°), acuto (<180°) e ottuso (>180°). Nel mondo fenomenico la Monade diventa il vertice del triangolo equilatero manifestato, o il “Padre”.
 
La linea a sinistra del triangolo diventa la Diade o la “Madre”. Questo rappresenta l’origine di tutti i contrasti della natura, il punto in cui la strada si biforca nel bene e nel male. Per questo si dice che i Pitagorici detestavano il Binario. La linea di destra del triangolo rappresenta il “Figlio”, descritto in ogni antica cosmogonia come uno con il Padre o vertice[14]. La linea alla base del triangolo sta per il piano universale della natura produttiva, in cui sono unificati sul piano fenomenico “Padre – Madre – Figlio”, come sono stati uniti in tutto il mondo soprasensibile dal vertice, dalla Monade. Il triangolo è il più profondo di tutti i simboli geometrici. Come simbolo cosmico che rappresenta la Trinità Superiore dell’universo divenne la radice della parola Divinità. I Greci antichi chiamavano la lettera D (il delta triangolare) “il veicolo della Divinità Sconosciuta”. Il triangolo è una forma fondamentale della natura. Quando le molecole di sale si depositano sotto forma di solido, la prima forma è di un solido con facce triangolari. Una fiamma è di forma triangolare, di conseguenza, la forma della piramide richiama la parola greca pyr, o fuoco.
 
I Pitagorici assegnano al sommo Dio il perfetto numero ternario in cui è inizio, mezzo, fine[15].
 
Riguardo al numero Tre si ha la testimonianza del Neopitagorico, Theone da Smirne (130 circa d.C.) il quale afferma: “Il Tre si dice perfetto perché è il primo (Numero) che ha principio, mezzo, fine”. Per questo motivo, il 3 significa tutte le cose. Il 3 è perfetto perché è immediatamente ai numeri alla cui somma è uguale, ma è anche medio tre volte tra l’1 e il 2, con media aritmetica, geometrica e armonica.
 
L’1 ha in sé come il germe il principio non ancora formato ben distinto da ogni altro numero; il 2 è un piccolo passo avanti verso il numero, ma non è completamente numero, perché ha la natura del principio; il 3 invece consente all’1 di passare e distendersi dalla potenza in atto. All’1 appartiene il “questo qui”, al 2 “l’uno e l’altro”, al 3 il “ciascuno e ogni”: perciò noi ci serviamo del 3 anche per indicare “moltitudine”[16].
 
I Pitagorici facevano corrispondere il 3 alla virtù della “temperanza”, poiché questa è giusta misura tra eccesso e difetto. Sommando se stesso a 1 e 2 produce il 6 che è il primo numero perfetto.  Con Il 3 è chiamato dai Pitagorici indomabile perché non può essere diviso in due parti uguali.
 
LA TETRADE

La Tetrade per i Pitagorici come nella Cabala ebraica, è considerata il numero più perfetto, o piuttosto il più sacro, perché è emanata dall’Uno, la prima Unità manifestata, o meglio, i Tre in Uno.      
 
La Tetrade è la Diade raddoppiata, il prodotto del primo numero moltiplicabile che è Due: 2 x 2 = 4. Il Punto Primordiale è un Circolo, realizzando la sua Quadratura, secondo i Quattro punti cardinali diventa un Quadrato Perfetto.
Figura 5. Il Quadrato perfetto

  • Il Quadrato è una figura ancorata sui quattro lati, rappresenta l’arresto. Il quadrato implica un’idea di solidificazione, di stabilizzazione.
  • Il Quadrato rappresenta la sintesi degli Elementi.
 
Il numero 4 veniva anche chiamato “Quaternario”, ed era il simbolo usato da Pitagora per comunicare ai Discepoli l'impronunciabile nome di Dio che, per il Maestro, significava l'origine di tutto ciò che esiste. Plutarco spiega che i greci più antichi consideravano la Tetrade come radice e principio di tutte le cose, essendo il numero degli Elementi che davano origine a tutte le cose create, visibili e invisibili. Così la prima coppia, Kronos e Rea, genera la seconda coppia, Zeus e Hera. Secondo Plutarco, i Pitagorici affermavano che il Quadrato riuniva la potenza di Rhea, di Afrodite, di Demetra, di Hestia[17] e di Hera. Rhea, la Madre degli dei, la fonte della durata, si manifestava attraverso le modificazioni dei Quattro Elementi simbolizzati da Afrodite, che era l’Acqua generatrice, da Hestia, che era il Fuoco, da Demetra che era la Terra e da Hera che era l’Aria.
 
Come, per i primi Pitagorici, anche per Valentino lo Gnostico alessandrino, la prima coppia, la Diade era lo stato imperfetto nel quale cadde il primo essere manifestato quando si distaccò dalla Monade. Si crea una seconda coppia maschile-femminile, che con la prima coppia forma un quadrato. I primi Gnostici dichiaravano che la loro scienza, la Gnosi, si basava su un Quadrato. Ippolito scrive che, Valentino e altri Gnostici erano discepoli di Pitagora e di Platone.
 
Il Quadrato è una forma generata, la forma universale. Il Quattro, il Quadrato Perfetto, nessuna delle linee che lo limitano sorpassa di un sol punto la lunghezza delle altre. La Tetrade rappresenta la Giustizia perché divisibile equamente da entrambe le parti. È l’emblema della Giustizia Morale e dell’equità divina geometricamente espresse nella Divina Misura. Perché 4 rappresenta la Misura? Questo numero e i suoi multipli sono generati sia dalla somma dei due dispari successivi:
 
  • 1+3=1x4
  • 3+5=2x4
  • 7+9=3x4 etc.
 
Sia per addizione di un pari con se stesso:
  • 2+2=4=1x4
  • 4+4=8=2x4
  • 6+6=12=3x4 etc.
 
Nei due casi abbiamo una mescolanza di dinamismo e di stabilità: il dispari, la stabilità in successione produce un pari il dinamismo.
 
Il Nome di Colui che non avrebbe Nome Pronunciabile era sostituito dal sacro numero Quattro. Secondo Anatolio[18] il Quattro è chiamato Giustizia perché è il solo numero per il quale l’area del quadrato è uguale a quella del perimetro. I numeri prima del quattro hanno perimetro maggiore dell’area; i numeri dopo il quattro hanno perimetro minore dell’area.
 
I Pitagorici chiamavano questo numero “Custode delle Chiavi della Natura”, perché senza il numero 4 non ci sarebbe l’ordinamento dell’universo. Quattro sono le stagioni, quattro sono i punti del circolo zodiacale che giace nel piano dell’ellittica, nei quali s’incontrano con quest’ultima il circolo equinoziale e quello solstiziale perpendicolari tra loro. È il simbolo dell’Universo allo stato potenziale, o materia non ancora formata, caotica. L’uomo si divide in quattro parti, testa, tronco, braccia e gambe. Anche se la quantità numerica ha la sua prima manifestazione nel 3, nondimeno, l’accumulazione numerica non può essere concepita senza il numero 4, in virtù del quale si ha il primo solido a forma di piramide. La base è il tre la quantità numerica, il vertice è il distendersi della quantità numerica.
 
Il Quattro, ammette una raffigurazione volumetrica, perché le quattro unità si possono disporre ai vertici di un tetraedro formato da tre perfetti triangoli equilateri, la figura geometrica dell’Elemento Fuoco.
 
La prima unità, l’1, produttrice di tutte le cose, e sul proprio inizio, disse: una volta Uno, Due volte Due, immediatamente nasce una Tetrade con la più alta unità al suo vertice, e diventa una Piramide. Il quattro costituisce il limite della corporeità e della tridimensionalità. Infatti nel più piccolo solido, il tetraedro a base triangolare, si hanno quattro angoli solidi e quattro facce. Filolao afferma che la grandezza matematica tridimensionale risiede nel quattro.
 
Figura 6. I Quattro vertici del tetraedro
 
La Diade raddoppiata fa una Tetrade, il numero 4, che è la media aritmetica tra la monade l’1 e l’eptade, il 7, e comprende tutti i poteri tanto dei numeri produttivi che di quelli prodotti. Due moltiplicato per se stesso fa 4, e, ripiegato su se stesso fa 8, il primo cubo. Questo primo cubo è un numero fertile, la base della moltitudine e della varietà, costituita di 2 e 4 (dipendente dalla monade, il settimo). Così i due princìpi delle cose temporali, la piramide la forma, e il cubo, la materia, provengono da una sola sorgente, il tetragono.

[1] Nicòmaco di Gerasa ha una posizione di rilievo nella storia dell’antica matematica pitagorica dovuta in gran parte al suo scritto: “Introduzione all’Aritmetica”. Questo libro è una delle poche documentazioni superstiti della teoria pitagorica dei numeri. Si conosce poco della vita di Nicòmaco, e il periodo della sua vita è stimato tra la metà del primo secolo e la metà del II secolo d.C., rendendolo contemporaneo con Theone di Smirne e Tolomeo.
[2] Aristotele, Metafisica 986 A15.
[3] Nel 1816, John Taylor tradusse dal sanscrito in inglese la “Aritmetica indiana o Lilawati” del matematico indiano Bhaskara Acharya (nato nel 1114). L’estrazione della radice quadrata è insegnata con il metodo attribuito a Theone da Smirne.
[4] Lo Zero, in matematica è il risultato della somma di tutti i numeri positivi e negativi, reali e immaginari, cioè il Tutto.
[5] Cosmogenesi, Stanza, IV, I.
[6] Lo Zero, in matematica è il risultato della somma di tutti i numeri positivi e negativi, reali e immaginari, cioè il Tutto.
[7] Zohar, parte I, 2°.
[8] Zohar, parte I.
[9] Dell’opera di Filolao si possiedono soltanto pochi frammenti, i quali insieme con alcune notizie più tarde consentono di riconoscere a questo filosofo il merito di avere divulgato parte degli scritti dei Pitagorici, sino ad allora tenuti segreti in quanto argomenti dell’Iniziazione Misterica.
[10] La salute del corpo, così come quella dell’anima, risiede nell’equilibrio tra gli opposti. La medicina e la filosofia servono a ristabilire gli equilibri turbati.
[11] Il numero 2 secondo Anatolio, citato da Giamblico in Teologia Aritmetica.
[12] Plutarco assegna a Iside il Numero 4, a Osiride il numero 3 e a Horus il numero 5, nel Triangolo rettangolo Sacro.
[13] Platone, Timeo VIII – 34c – 35a, b.
[14] Si comprende l’usanza degli antichi di entrare in un tempio dal lato destro e mettendo avanti la scarpa destra.
[15] Servio, Comm. a Virgilio – Egloga VIII, 75.
[16] Giamblico, Teologia aritmetica
[17] Su precisa indicazione di Pitagora, i magistrati di Crotone avevano fatto costruire accanto alla sua dimora, il Giardino delle Muse e secondo le sue istruzioni. Gli allievi del secondo livello vi entravano soli con il maestro. All’interno del tempio circolare si vedevano le nove Muse di marmo. In piedi al centro vegliava Hestia, avvolta da un velo, solenne e misteriosa. Con la mano sinistra proteggeva la fiamma di un focolare e con la destra indicava il cielo. Presso i Greci, come presso i Romani, Hestia o Vesta era la custode del principio divino presente in tutte le cose.
[18] Anatolio fu allievo di Porfirio.
 
LA TETRACTIS
 
I Pitagorici pensavano che la Tetrade (tetrade), per il mutamento di l in r, viene chiamata tetlade, cioè “che resiste”, a indicare che il suo lato resiste al primo distacco dall’1: infatti il 4 fa sussistere tutte le tre dimensioni. I Pitagorici onoravano il 4 perché fa nascere il 10, come somma 1+2+3+4 dei primi quattro numeri.
No per colui che ha tramandato la nostra generazione la Tetrade, sorgente che contiene le ragici dell’inesauribile natura.
I Pitagorici con l’espressione inesauribile natura alludevano alla Decade, quale natura eterna e perpetua di tutte le cose e di tutte delle loro specie, in virtù della quale tutto ciò che è nel mondo si compie e ha il suo limite appropriato e più bello. Le radici della Decade sono i numeri 1, 2, 3, 4.
 
La Tetrade di Pitagora, secondo la Raffigurazione  fatta da Theone di Smirne e da Nicòmaco di Gerasa, consiste in Dieci Punti (1 + 2+ 3 + 4 = 10) inscritti in un Triangolo Equilatero di lato Quattro, Nove Punti lungo i Tre lati, ma in ogni lato si contano Quattro Punti (la Divina Misura), infine Un Punto, il Decimo, nel Baricentro della figura del Triangolo Equilatero che coincide con il centro del Cerchio che lo circoscrive. Nove unità raggruppate attorno all’Unità divina e incomprensibile. Nel Mistero egizio di Eliopoli, è narrata la creazione della grande Enneade (i Nove Principi[1]), emessa dal Num, le Acque Primordiali.
Guarda, quelli che tu credi quattro sono Dieci, ed il Triangolo perfetto ed il nostro giuramento.[2]
Figura 1. La Tetractis                                                                                           
     
1 = PUNTO
     
2 = LINEA
     
3 = SUPERFICIE
     
4 = VOLUME   
     
10 = TUTTO   
 
Pitagora, pose l’origine della Materia cosmica differenziata nella base del Triangolo. Così questo divenne la principale delle figure geometriche.
  1. Il Punto in alto al vertice rappresenta il Punto Unità, la Monade: l’Unico non procrea, Egli è il Padre-Madre indiviso. L’Unità, essendo indivisibile, non è un Numero.
  2. Due punti, una linea: la Dualità, l’Uno che guarda Se Stesso. Il Due, la Polarità, l’Androgino. Il Principio dei numeri Pari.
  3. Il Tre il numero Bisessuato, nato dalla somma dell’Uno con la Diade. Il primo dei numeri Dispari. I Tre punti individuano la più piccola superficie, un atomo, idealizzata in un Triangolo equilatero. Col Triangolo si crea la prima superficie astratta, il Primo Spazio chiuso cioè il mondo delle idee.
  4. I Quattro punti della base un solido, il Tetraedro, la piramide a base triangolare, che combina in sé i principi di lunghezza, larghezza e spessore.
 
La Monade (l’Uno) è il principio di tutte le cose. Dalla Monade e dalla Diade indeterminata (il Caos), i Numeri; dai Numeri i Punti, le Linee; dalle Linee, la Superficie; dalle Superficie, i Solidi; i Corpi solidi, i cui elementi sono Quattro; il Fuoco, l’Acqua, l’Aria, la Terra; dei quali tutti, trasmutati (combinati) e totalmente cambiati, è costituito il Mondo.[3]
 
La mistica Decade di Pitagora 1+2+3+4 = 10 è un modo di esprimere la seguente  idea. L’Uno è Dio; il Due, la Materia; il Tre, combinando la Monade e la Diade, e partecipando della natura di entrambe, è il Mondo fenomenico; la Tetrade, o forma di perfezione, esprime la vacuità del Tutto; e la Decade, la somma di tutto, comprende tutto il cosmo.
 
La raffigurazione geometrica dei numeri nello spazio tridimensionali ha termine ed è perfetta col numero 4, e siccome la somma 1 + 2 + 3 + 4 = 10 è anche la nuova unità del sistema di numerazione decimale, ne segue la perfezione del 4 e della Decade e il simbolo della Tetractis. Da quanto detto si comprende perché i Pitagorici non si occuparono in modo speciale dei numeri maggiori del dieci che si esprimevano nel linguaggio e nella scrittura mediante il dieci ed i numeri precedenti, Nicòmaco di Gerasa che secondo Giamblico presenta l’aritmetica pitagorica nella sua antica purezza, in Teologia Aritmetica tratta solo i primi 10 numeri.
 
Per questa ragione i Pitagorici, ridussero ai primi nove numeri i numeri maggiori del dieci mediante la considerazione del loro pitmene[4] o fondo, ossia sostituendo ad essi il resto della loro divisione per nove o il nove stesso quando il numero era un multiplo del nove: resto che essi ottenevano facilmente mediante la regola del resto della divisione per nove.
 
La Tetractis era sacra per Pitagora e rappresenta la Sintesi del TUTTO che si manifesta nel Verbo, o Potere Generatore della Creazione. Da un lato rappresenta l’Unità, dall’altro la molteplicità, cioè la materia che si differenzia. Per i Pitagorici, Dieci è il simbolo dell’Universo.
 
E questi Tre Δ racchiusi entro il  sono i sacri Quattroo , i Dieci dell’Universo Arupa (senza Forma)[5]

 
PENTADE
 
La Monade dopo aver essersi unita con la Diade per formare la Triade, il numero Tre si ritira nel silenzio, la manifestazione procede attraverso la Diade, la Madre Materia, con la generazione non per polarizzazione ma per unione con la Triade, il Primo Numero Dispari o Maschile. La Pentade, il Numero Cinque nasce dall’unione del Primo Numero Femminile (Due) col Primo Numero Maschile (Tre). I Pitagorici, scrive Plutarco, hanno riservato a questo numero, un grande onore e l’hanno chiamato Matrimonio a causa dell’affinità del pari col genere femminile e del dispari col genere maschile. I Pitagorici lo chiamavano assenza di contesa, perché le due specie di numero assolutamente primarie il 2 e il 3, differenti e dissimili tra loro, cioè il pari e il dispari, sono conciliate e legate assieme dal numero 5. È il numero di mezzo della Decade, rappresenta il numero del Figlio, dell’Uomo sia Divino che umano. Platone nel Timeo[6] dice che cinque sono le figure solide che rappresentano i cinque elementi, che hanno lati e angoli uguali per ciascuna faccia: tetraedro, icosaedro, cubo, dodecaedro. Filolao afferma che la qualità e il colore della natura fenomenica risiedono nel 5.
      
Se i Cinque Punti anziché disporli sui due livelli del Triangolo della Tetractis, sono disposti su una Circonferenza individuano i vertici di un Pentagono regolare e di una stella a Cinque punte, il Pentalfa anch’essa simbolo dell’Uomo.   
Figura  2.  Il Numero 5

 
Il Numero Cinque moltiplicato per se stesso si riproduce, infatti, 5x5=25 e poi 25x5=125, inoltre ha la caratteristica, quando si addiziona a se stesso, o quando si moltiplica per un numero dispari e un numero pari, di dare un numero che termina sempre per cinque o per dieci, poiché questo numero riproduce il Principio Organizzatore dell’universo. Scrive Plutarco. “La somma del numero cinque per se stesso non è destinata a produrre alcunché d’imperfetto o di estraneo, ma possiede dei mutamenti prestabiliti, perché genera o se stesso o il dieci, cioè un numero della propria natura”[7].
 
Il numero Cinque è simbolizzato dai Cinesi, con una croce a bracci eguali ed era chiamato numero del Mutamento. In Occidente, il Mutamento coincideva con la settimana di Cinque giorni[8], durante i quali il “vecchio anno moriva” e il nuovo nasceva e bel Cerchio celeste di 360° si ricostituiva il principio di divinità nel mondo: 360 + 5 = 365.
 
Il numero 5 era anche chiamato dai Pitagorici gemello, perché è in grado di dividere il due parti uguali il 10 che non è divisibile altrimenti. Il numero 5 è legato al concetto di giustizia tramite la bilancia pitagorica. Era anche chiamato nemesi, in effetti questa distribuisce equamente servendosi del numero 5.
 
 
ESADE
 
Il Triangolo Primordiale sotto l’azione della Diade si polarizza e manifesta il Numero Sei, che risulta formato da Due Triangoli addizionati. Il numero Sei è composto di contrari in armonia fra loro, per tale ragione era chiamato Pace. Il Sei è il primo numero perfetto, chiamato dai Pitagorici connubio, perché nasce per moltiplicazione della prima congiunzione di maschio-femmina 3x2, è chiamato anche ermafrodito. È anche chiamato matrimonio in senso proprio perché non nasce per giustapposizione (somma) come il 5 per moltiplicazione. È chiamato matrimonio perché è uguale alle sue parti, ed è opera del matrimonio produrre figli simili ai genitori. Il numero Sei per natura dà forma alla materia priva di forma, di dare forma stabile all’anima e generare in essa la sua natura, donde il suo nome Esade, di principio di vita[9].
 
L’Esade era chiamato amicizia in virtù del fatto che in esso ci sarebbe congiunzione e amorevolezza tra cose differenti. Era chiamato anche unione amorosa e per lo stesso motivo dai Pitagorici era chiamato pace e cosmo perché formato da elementi contrari in armonia tra loro. La somma dei numeri corrispondenti alla parola greca cosmos è 600. Cosmos, 20+70+200+40+70+200=600. Era chiamato salute e bellezza per l’integrità delle sue parti costituenti.
 
Il numero Sei, come il numero Cinque, sono gli unici numeri che si conservano riproducendosi ogni volta che vengono elevati a potenza o moltiplicati per se stessi. Il numero Sei è il primo[10] numero perfetto perché la somma dei suoi divisori non è né in difetto né in eccesso, ma è esattamente eguale al numero stesso 1 + 2 + 3 = 6. Questo numero era chiamato dai Pitagorici “integrità delle membra” perché è l’unico di numeri nella Decade in cui l’intero è uguale alle sue parti o membra.
 
Prendendo in considerazione i primi tre numeri di là dalla Triade Spirituale, 4 + 5 + 6 = 15, la somma si riduce nella Decade nuovamente al Sei, infatti, 1 + 5 = 6, si dice che è un Sei con un’unità di secondo livello; il successivo gruppo 7 + 8 + 9 = 24, si riduce nella Decade nuovamente al Sei, infatti, 2 + 4 = 6, si dice che è un Sei con un’unità di terzo livello e così via. Il numero Sei forma la sua progressione all’infinito, secondo somme perfette, perché nella sua forma primaria, ha principio mezzo e fine; mentre nella sua forma secondaria è uguale alle sue parti senza eccedenza né deficienza in rapporto ad esse. Il numero Sei nella sua forma primaria ha la sua radice nel numero Tre.
 
                                                                                                                                                                               L’Esade è geometricamente visualizzato con Due Triangoli contenuti nel Triangolo Primordiale. Questo numero rappresenta i Tre Figli Maschi e le Tre Figlie femmine, i Trigrammi della filosofia cinese. Il simbolo è la Stella a Sei Punte è composta di due Triangoli Equilateri opposti e sovrapposti, una rappresentazione polarizzata spaziale, dell’evoluzione e dell’involuzione, dell’eterna unione di Spirito e Materia il cui risultato è il ritmo: la Materia seduce la forza dello Spirito e la involve, la forza dello Spirito ispira la materia e la evolve. In Occidente è considerato simbolo ebraico noto come il Sigillo di Salomone e Stella di David, in Oriente è lo Shri-Antara dei Brahmani il simbolo di Vishnu.
 
Figura 3. Il Sei - Esagono e Doppio Triangolo

Il triangolo col vertice verso il basso, femminile, è il simbolo del Principio Umido, l’Acqua, viceversa il triangolo col vertice rivolto in alto, maschile, è il simbolo del Principio Caldo, il Fuoco. Il numero sei in latino è sex l’unione fra il maschile il Triangolo con il vertice in alto e il femminile il Triangolo con il vertice in basso. La Stella a Sei Punte rappresenta il Macrocosmo, mentre invece quella a Cinque Punte è il Microcosmo o l’uomo mortale.
 
Il Doppio Triangolo esprime il Sei, il numero della creazione: il mondo fu creato in Sei giorni; secondo San Clemente d’Alessandria fu creato nelle Sei direzioni dello spazio, i Quattro punti cardinali, più lo Zenit e il Nadir. L’essenza del Sei è l’Armonia, il mondo del creato, la natura, le Sei direzioni dello spazio (i Tre assi spaziali sono polarizzati, positivi e negativi).
 
Con un punto nel centro    è un segno settuplo, o un Settenario; i suoi triangoli denotano il numero 3, la Triade; i due triangoli indicano la presenza del Binario, il 2; i triangoli con il punto centrale, comune a entrambi, rappresentano il Quaternario, il 4; le sei punte sono il Senario; e il punto centrale, l’Unità; il Quinario si ritrova dalla combinazione, essendo composto di due triangoli, in numero pari, e di tre lati di ogni triangolo, il primo numero dispari. Questa è la ragione per cui Pitagora e gli antichi consacrarono il numero sei a Venere, poiché: l’unione dei due sessi e la separazione della materia in triadi sono necessarie per sviluppare la forza generativa, quella virtù prolifica e quella tendenza alla riproduzione, inerente a tutti i corpi.  
 
EPTADE

l numero Sette, chiamato dai Pitagorici settade, è il “veicolo di vita”, perché contenitore della Vita stessa essendo un Quaternario, la base, il contenitore, il corpo, più una Triade, lo Spirito, la Vita che anima la Materia. Il cuore dell’uomo che è considerato la dimora dello Spirito è segnato da una Croce. Nel cuore, vi sono Quattro cavità inferiori e Tre divisioni superiori, per un totale di Sette.
 
Il numero Sette era per i Pitagorici sacro a Minerva (Atena) perché come la Dea era considerato Vergine, non generato, senza Madre e senza Padre, perché procedeva direttamente dall’Uno manifestato nei Sacri Tre.
 
Figura 4. Il Sette Triangolo e Quadrato

I Pitagorici chiamavano il 7 Atena e giusto momento, Atena perché questo numero è vergine senza vincoli matrimoniali, né è stato generato da madre, che è come dire da numero pari, né da padre come dire da numero dispari, bensì dalla parte sommitale cioè dalla testa, del Padre di tutti, cioè dall’Uno. Come Atena è privo di femminilità, la femmina è un numero divisibile. Era chiamato dai Pitagorici colui che conduce a termine, perché conduce a termine il parto di 7 mesi. Nelle malattie 7 è il momento critico. È momento giusto perché il 7 contiene azioni di breve durata nei momenti critici di passaggio alla salute o alla malattia, alla generazione o alla corruzione.
 
La somma cumulativa dei numeri da 1 a 7 (numero triangolare) è 28 che è un numero perfetto. I 28 giorni della Luna si compiono in ragione del 7. Platone costruì l’Anima del mondo con 7 numeri. Sette sono le note musicali. Sette sono i movimenti, in alto in basso, avanti indietro, destra e sinistra, e rotazione.
 
Prajapati, l’Uomo Celeste della mitologia Indù, fu diviso in Sette pezzi, al pari di Dionisio Zagreo. L’Agnello, simbolo di Dio manifestato e sacrificato per il mondo, nel libro dell’Apocalisse di Giovanni è descritto con Sette occhi.
 
Come Minerva-Atena la Dea della Sapienza, le profetesse nell’antichità erano delle vergini, perché la vergine ha il dono della veggenza e della chiaroveggenza, la lingua greca come quella italiana designa con la stessa parola κόρη, sia la vergine sia la pupilla dell’occhio. Il numero Sette per i Pitagorici era la Monade sul piano della manifestazione.
 
Il numero Sette era considerato dai Pitagorici come un numero religioso e perfetto, ed era chiamato Telosforo perché in Lui tutto l’universo e tutta l’umanità è portata al punto culminante, che è quello di riunire nell’Unità, tornare alla sua condizione originale, unicità.
 
Apollo, il Dio della Luce, era nato il settimo giorno del settimo mese e i cigni del lago di Miorica nuotarono sette volte intorno all’isola di Delo. Apollo ha una Lira con Sette corde, Sette sono i Raggi del Sole. Il numero Sette è il giorno festivo di tutta la Terra, il giorno della nascita del mondo.

OGDOADE

“II mondo di Pitagora” ci dice Plutarco, consisteva di un doppio quaternario. La Tetrade o Quaternario, riflettendosi su se stessa, produce le quattro coppie, l’Ogdoade, il numero Otto. La Tetrade secondo i Pitagorici era duplice: una Tetrade superiore, quaternario del mondo intellettuale (T’Agathon, Nous, Psiche, Ilo); una Tetrade inferiore, quaternario del mondo sensibile, il mondo della materia (Fuoco, Aria, Acqua, Terra). La Tetrade riflessa nel mondo della materia è la radice dell'illusione, il mondo dei sensi. Essa è ciò che i Pitagorici intendevano per Cosmo, e i suoi quattro elementi erano chiamati “rizomata”, radici, o principi di tutti i corpi composti. Pitagora era stato per ben ventidue anni in Egitto. A Ermopoli, in Egitto, Thoth aveva creato con la parola un gruppo di Otto Dei, quattro coppie, l’Ogdoade. La prima gerarchia di Eoni del Pleroma di Valentino lo Gnostico Pitagorico, fu detta essere un’Ogdoade, un gruppo di Otto, Quattro Coppie. La polarizzazione della Tetrade genera una seconda Tetrade, insieme formano l’Ogdoade. Gli Otto grandi Dèi erano chiamati “la sacra Ogdoade”, la Madre dell’Ogdoade è Sofia, la Saggezza. Nella religione indù troviamo un parallelo con Aditi e i suoi Otto figli. Gli Gnostici, avevano un’ottava creazione e sostenevano che l’uomo fu creato l’ottavo giorno. L’antica filosofia cinese afferma lo stesso concetto, le Due Forze, la Diade di Pitagora, genera Quattro Immagini, la Tetrade, che a loro volta generano gli Otto Segni, l’Ogdoade.
 
Per questo vi è nei mutamenti il Grande Inizio Primordiale. Questo genera Due Forze Fondamentali. Le Due Forze Fondamentali generano Quattro Immagini, le Quattro immagini generano gli Otto Segni.[11]
 
Gli Otto Segni sono generati dalle Quattro Immagini, come combinazioni matematiche di tre linee intere e spezzate 23=8. Padre e Madre, Tre Figli Maschi e tre Figlie Femmine, in totale Otto. L’Otto è il primo numero cubico che nasce dalla Diade e la sua rappresentazione spaziale è il Cubo, il volume. L’Otto è il solo numero oltre allo zero che può essere tracciato un infinito numero di volte senza staccare la penna dal foglio. Tracciato orizzontalmente “”, è il simbolo matematico dell’infinito.
Figura 5. Il Doppio Quadrato, l’Otto

L’Otto simbolizza il moto eterno e la spirale dei cicli, rappresenta la respirazione regolare del cosmo rappresentata dagli Otto Grandi Dèi. Il numero Otto rappresenta il doppio quadrato, i quadrati dello Spirito e della Materia, il processo mediante il quale lo Spirito discende nella Materia, e questa risale verso lo Spirito. Gli spigoli dell’Ottagono indicano le otto direzioni cardinali e intermedie della manifestazione in tutta la sua pienezza, le Otto direzioni dei Venti. Nella Bibbia[12], il Signore fa dei Venti i suoi Messaggeri, gli Otto Angeli.
 
Il numero Otto è il primo cubo dispari del primo numero pari, il Due: 23=8. Questo primo cubo è un numero fertile, cioè materia, la base della moltitudine e della varietà. Filolao afferma che gli enti acquistino le proprietà dell’amore e dell’amicizia della prudenza e dell’inventiva in virtù del numero 8. Il numero Otto secondo Anatolio è chiamato sicurezza e stabilità. Questo numero è anche chiamato il mese sbagliato per il parto perché le doglie del parto non portano la nascita a buon fine.
 
IL NOVE - IL PIÙ PERFETTO DEI NUMERI

 
Secondo Plutarco, il numero Nove è il più perfetto fra i numeri, perché è primo quadrato costruito sul Tre, il numero perfetto, il principio del numero dispari, il più spirituale fra i numeri, si divide in tre ternari ciascuno composto da tre unità. Nove è l’ultimo numero monadico, a una sola cifra, con esso si termina l’enneade dei numeri, essendo Dieci, una nuova unità. La progressione naturale dei numeri arriva fino a 9, dopo il 9 si torna indietro, perché il 10 diventa 1. I Pitagorici lo chiamavano Prometeo perché al di là di se steso non lascia più posto ad alcun numero. Il 9 non permette che i numeri procedendo al di là di esso, disperdano la loro compattezza, ma li raccoglie nello stesso punto e li fa convivere, allora è chiamato concordia, limitazione. Nove sono i numeri naturali di base. Enumerare, contare, anticamente si diceva annoverare. Il 9, quindi, è l’ultimo dei numeri. È chiamato telosforo, perché porta a compimento i parti di nove mesi.
 
Nel Mistero egizio di Eliopoli, è narrata la creazione della grande Enneade (i Grandi Dèi, i Nove Principi[13]), emessa dal Num, le Acque Primordiali. L’Ignoto degli Ignoti ha una forma e tuttavia non ha forma. Ha una forma da cui l’universo è mantenuto nell’esistenza, e tuttavia non ha forma perché non può essere compreso. Lo Zohar dice che quando l’Antico degli Antichi assunse la Prima forma (Sephira, la sua Prima Emanazione), fece emanare da essa Nove splendide Luci.
 
Nove è l’ultimo numero emanato dall’Uno, il limite delle cifre, il compimento del ciclo, che sommato all’Unità, dà Dieci, la perfezione relativa. La Grande Enneade, Nove Unità raggruppate intorno all’Unità Divina e Incomprensibile.
 
Togliendo alla Tetractis, il Punto Centrale. Rimangono Nove Unità disposte sui tre lati del Triangolo. Nove triangoli elementari sono individuabili entro il Triangolo che li contiene tutti. Il numero Nove è in relazione al cerchio celeste di 360° divisibile per nove, in quattro quadranti di 90°, il suo valore in gradi è 3+6+0 = 9.  Nove è il Serpente che si morde la cosa, il cerchio in rotazione, diverso dallo zero.
 
Figura 6. Il Numero Nove nella Tetractis e nel cerchio

 
La battaglia fra gli Dei si conclude con i Nove giorni di caduta dei Titani nelle profondità del Tartaro, nove giorni dura il periodo d’ira di Apollo contro il figlio di Niobe. Per nove giorni e nove notti dura il Diluvio di Deucalione. La guerra di Troia secondo Omero, dura nove anni e si conclude all’inizio del decimo anno. Questi tempi sono scanditi dal numero Nove che è il numero del cerchio o del giro, il ciclo. Il ciclo è chiuso dal numero Dieci (9 + 1 = 10) che rappresenta il ritorno al centro (l’Uno) e l’inizio di un nuovo ciclo Questa guerra secondo Omero, dura nove anni e si conclude all’inizio del decimo anno. La battaglia fra gli Dei si finisce con i Nove giorni di caduta dei Titani nelle profondità del Tartaro, nove giorni dura il periodo d’ira di Apollo contro i Niobidi. Per nove giorni e nove notti dura il Diluvio di Deucalione. Questi tempi sono scanditi dal numero Nove che è il numero del cerchio o del giro, il ciclo. Il ciclo è chiuso dal numero Dieci (9 + 1 = 10) che rappresenta il ritorno al centro (l’Uno) e l’inizio di un nuovo ciclo o Era.
 
Il nove, il triplo Ternario, è il numero che riproduce incessantemente se stesso sotto tutte le forme e figura in ogni moltiplicazione. Nove è il numero sacro dell’Essere e del Divenire. In certe condizioni è un numero cattivo, molto sfortunato. Se il numero 6 era il simbolo del nostro Globo, pronto ad essere animato da uno Spirito divino, il 9 simbolizza la nostra Terra guidata da uno Spirito cattivo, o maligno.
 
Dante Alighieri nella Divina commedia pone nell’inferno 9 cerchi per i dannati e nel Paradiso 9 cieli per i beati.
 
Nell’antica Grecia, il numero 9 era tenuto in speciale considerazione. Definito Ennea, era identificato con la stella a nove punte, creata da tre triangoli equilateri legati tra loro 3x3. La stessa mitologia greca porta il Nove in collegamento alle Nove Muse delle quali, Tersicore, musa della danza sacra, è la nona e la più potente.

[1] La Cabala ebraica descrive Nove legioni di Angeli che circondano il trono del Dio il cui nome è ignoto.
[2] Luciano, Vita auct., 4.
[3] Diogene Laerzio, Vita di Pitagora.
[4] Il pitmene si può facilmente calcolare tramite la somma teosofica cioè dei singoli numeri, esempio: 18=1+8=9.
[5] Stanze di Dzyan, IV, 5.
[6] Timeo era un Pitagorico.
[7] Plutarco, la E di Delfi.
[8] I Cinque giorni intercalari degli Egizi.
[9] Giamblico, Teologia Aritmetica.
[10] Il Numero Tre, il primo numero dispari, appartiene alla Trinità Astratta e non rientra in queste considerazioni.
[11] Ta Chiuann XI, 5.
[12] Salmo CIV, 4.
[13] La Cabala ebraica descrive Nove legioni di Angeli che circondano il trono del Dio il cui nome è ignoto.
IL NOVE LA CHIAVE SEGRETA DEI CICLI
 
Ordinando in modo inverso i numeri della Tetractis, escludendo la Monade, l’Uno, 4 + 3+ 2 = 9, si ottiene il numero sacro per il calcolo dei cicli 432. Infatti, 432 moltiplicato per 60 l’unità del tempo[1] fornisce 25.920 il numero di anni del Grande Anno Precessionale. Pitagora apprese le conoscenze matematiche dell’India: non stupisce perciò che il 432 della Tetractis è il periodo base di 432.000 anni dello Yuga Indù.
Figura 1. Il Numero Nove espresso come 432 nella Tetractis Inversa
 
Gli Arithmoi 432 hanno come antenati il Punto, la Monade, e il Cerchio Celeste, lo Zero. Ciascun Yuga o Ciclo secondo la sapienza indù è preceduto da un periodo di transizione chiamato, nei Purana, Sandhya o crepuscolo, ed è seguito da un altro periodo di eguale durata chiamato Sandhyansa o porzione del crepuscolo. Ciascun periodo di transizione equivale a un decimo dello Yuga. Il cerchio celeste, simbolo della vita ciclica, è formato da 360°, aggiungendo i due periodi di transizione: 360 + 36 + 36 = 432.
 
Inoltre, se moltiplichiamo 432 per 60 l’unità di misura del tempo, l’Anu, il Cielo dei caldei, troviamo il Grande   Anno com’è stato indicato da Platone: 432 x 60 = 25.920 (Anno precessionale).
 
Per il Taoismo, il numero del Creativo è 216, la metà del numero 432, la chiave dei cicli. 2.160 sono gli anni che impiega il Sole a percorrere un segno zodiacale, 1/12 del cerchio celeste.
 
I NOVE NUMERI E LA BILANCIA PITAGORICA
 
Theone di Smirne suggerisce di disporre linearmente i primi Nove numeri monadici in modo da poter facilmente verificare che rispetto al numero Cinque, il numero centrale della simmetria, le 4 coppie dei restanti 8 numeri danno ciascuno come somma Dieci (1+9; 2+8; 3+7; 4+6).
Figura 2. La Bilancia Pitagorica dei 9 numeri
 
Il numero Cinque occupa la posizione mediana nell’Enneade, il Numero Nove. Giamblico, nel commento all’Aritmetica di Nicòmaco scrive che il numero Cinque rappresenta l’uguaglianza, l’equilibrio dell’Anima, la parte razionale o divina. La Giustizia o equità, è dare a ciascun quello che gli spetta, prendendolo a chi ha di più. Il Numero 5, occupando la posizione mediana, non offende nessuno e non è offeso. Il Numero Cinque era chiamato dai Pitagorici, assenza di contesa, esso esprime la medietà tra le coppie di numeri a esso simmetriche. Il Cinque era considerato come l’espressione più alta di Giustizia. La serie dei nove numeri è simile a una Bilancia con il numero Cinque come fulcro. Diogene Laerzio scrive che Pitagora impartì ai suoi discepoli in forma simbolica il precetto: “Non fare traboccare la Bilancia“, vuol dire che non bisogna trasgredire l’equità e la Giustizia.  
 
Se immaginiamo che il Cinque sia il perno della bilancia, le parti da 6 a 9 della bilancia, faranno pendere per la maggiore quantità il braccio e le parti da 1 a 4 lo faranno salire per la minor quantità. Inoltre la somma dei numeri che superano è il triplo dei numeri che sono superati (6+7+8+9 = 30)>(4+3+2+1=10). L’anima irrazionale o disuguaglianza, scrive Giamblico, è di varie specie o numeri, quella di maggiore disuguaglianza, numeri 6, 7, 8, 9 è irascibile perché è un ribollimento, un desiderio di lasciare da parte il sovrappiù. La disuguaglianza minore è l’anima concupiscibile, perché carente, desiderosa di ciò che le manca. Le parti irrazionali se sottoposte all’equilibrio dell’Anima razionale acquistano virtù: l’irascibile il coraggio, la concupiscente la temperanza.
 
Consideriamo l’angolo formato dai bracci della Bilancia e dall’asse verticale passante per il perno, per il numero 5. Quanto la Bilancia è in perfetto equilibrio i bracci sono orizzontali e formano un angolo do 90° con l’asse centrale del perno. L’angolo Retto (come rettitudine) di 90° corrisponde al rapporto di assoluta eguaglianza tra le due parti della bilancia. Ritroviamo in questo angolo il numero 9 amplificato di 10 volte.
 
Se sommiamo i numeri del braccio sinistro (1+2+3+4=10) e di quello destro (6+7+8+9=30), costatiamo che il loro peso, cioè la loro somma è diversa, la bilancia è squilibrata: la somma dei numeri oltre il 5 supera di tre volte la somma dei numeri che lo precedono.
 
Figura 3. La Bilancia Pitagorica squilibrata
 
        
La parte che contiene la somma maggiore forma un angolo ottuso, maggiore di 90° rispetto alla verticale o perno della bilancia, mentre la parte carente che subisce l’ingiustizia, forma un angolo acuto, minore di 90°, di quello retto. I più ingiusti coloro che prendono troppo, meritano la pena, mentre i minori meritano l’aiuto, il riequilibrio. Per ottenere l’equilibrio l’1 ha bisogno dell’altro estremo 9, cui va tolta l’eccedenza rispetto al medio 9 – 5 = 4. Il 2 ha bisogno del suo estremo 8 – 5 = 3 cui va tolto 3 e così via. Questa nozione anticipa il diritto proporzionale.
 
Per gli antichi greci c’erano almeno tre modi di indicare il tempo: Aion, Kronos e Kairos. Aion rappresenta l’eternità, Kronos indica il tempo nelle sue dimensioni di passato presente e futuro; Kairos indica il tempo opportuno, il momento propizio, quello che noi oggi definiremmo il tempo debito. La capacità di adattarsi alle diverse circostanze e al tempo è appunto il Kairos. L’aspetto del Kairos è quello legato all’idea di fugacità, al tempo che corre e alla nostra capacità di cogliere le opportunità che ci offre. Kairos è raffigurato come un giovane con le ali sulla schiena e ai piedi[2], che regge una bilancia che lui stesso con un dito disequilibra; non ha capelli dietro la testa ma solo un lungo ciuffo che gli pende di lato.  Nell’immagine l’idea di cogliere al volo le opportunità è rappresentata dal ciuffo di capelli che pende dal fianco della testa del giovane alato per essere afferrato. In questo modo diventiamo gli artefici del nostro destino.
 
La Giustizia per i Pitagorici, non significa dare a tutti il medesimo ma a ciascuno secondo i meriti e le qualità. Questo è il significato della bilancia “sbilanciata” che si vede nell’antica raffigurazione del Kairos: la giustizia è tale se è capace di adattarsi all’occasione, sbilanciando eventualmente il rigore del principio per venire incontro alla molteplicità dei casi possibili.  Kairos può derivare dalla radice indoeuropea “ker” da cui il verbo kerannymi, “mescolare”, “temperare”, i contrari. Il pensiero pitagorico è quello della conciliazione dei contrari perché solo nell’equilibrio è la vera armonia. A Pitagora è attribuito il detto: “la miglior cosa in qualsiasi azione è il Kairos”. In questo senso Kairos è l’occasione che dobbiamo essere capaci di cogliere esercitando la nostra attenzione e la nostra sensibilità alle circostanze; se la lasciamo sfuggire quella configurazione, non si ripresenterà più. Vivere nel presente con consapevolezza è dunque un altro ammaestramento che possiamo ritenere dall’analisi del Kairos.
 
Dicevano essere vario e multiforme l’uso del Kairos. Poiché anche l’ira e lo sdegno negli uni è opportuno, negli altri inopportuno. E similmente, fra chi desidera o brama o ambisce alcunché, gli uni adoperano l’opportunità, gli altri l’inopportunità. Il medesimo ragionamento vale per le altre passioni e azioni e disposizioni e conversazioni e rapporti[3].
 
 
L’ENNEADE E LA TAVOLA TRIPARTITA DI THEONE DI SMIRNE
 
I primi Nove numeri si possono disporre in modo da formare un Quadrato, ma quale deve essere il loro ordine? L’ordine deve attuare la Misura, l’Equilibrio del Quadrato, e applicare la Giustizia il cui simbolo la Bilancia è nel numero Cinque. Nel testo di Theone sono rappresentati dalle prime nove lettere dell’alfabeto greco, le quali al suo tempo servivano come segni numerali. Theone di Smirne fornisce la seguente disposizione dei primi nove numeri. Nell’alfabeto greco il Nove è la lettera teta, “θ” mentre il Cinque la lettera epsilon, “ε” che è graficamente vista come la metà della lettera teta.
Figura 4. Il Numero Nove nella disposizione a tre terne di Theone di Smirne
 
 
In questa enneade o terna di terne, i singoli numeri della prima colonna divisi per tre danno come resto l’unità, quelli della seconda colonna danno come resto due, quelli della terza colonna non danno resto.
 
Nella tavola tripartita di Theone di Smirne, il Cinque, il numero della stella pitagorica, eccelle per la posizione centrale. Il numero Cinque, che occupa la casella centrale, ha in più la proprietà di essere media aritmetica dei numeri estremi di ogni riga, colonna, o diagonale che passa per la casella centrale.
 
Cinque, il numero mediano della serie, ed è la nona parte della somma totale dei nove numeri cioè di 45 (1+2+3+4+5+6+7+8+9)=45. Si dispongano in un quadrato di Tre le coppie di numeri simmetriche rispetto al Numero Cinque, si ottiene un quadrato di tre numeri per lato, attribuito ad Apollonio di Tiana la cui somma per ogni direzione è sempre 15. Il numero quindici è il Quinto numero Triangolare 1+2+2+4+5=15, la Pentactide.    
Figura 5. Il quadrato di Quindici  

Questo quadrato di numeri è generalmente conosciuto sotto il nome di quadrato magico.
Lo gnomone formato dai cinque numeri del quadrato fornisce il numero perfetto 28, cioè 6 + 7 + 2 + 9 + 4 = 28. Il quadrato dei rimanenti numeri fornisce il numero 17, cioè 1 + 3 + 5 + 8 = 17. Plutarco, ci dice che i Pitagorici hanno in odio il diciassette più di ogni altro numero, e lo chiamano “ostacolo”. Esso, infatti, cade fra il sedici, che è un quadrato, e il diciotto, che è un rettangolo, i soli fra i numeri a formare figure piane che abbiano il perimetro uguale all’area; il diciassette si pone come un ostacolo fra loro.  Se si moltiplica il numero centrale 5, per 3, il numero d’ordine del quadrato, si ottiene il valore della somma costante, delle diagonali, cioè quindici[4]. Inoltre, il numero centrale moltiplicato per l’ordine, elevato al quadrato, è uguale alla somma totale dei numeri che compongono il quadrato magico:
 
  • 5 x 3 = 15  
  • 5 x 32 = 45    (28 + 17 = 45)
 
Il significato di questo quadrato lo fornisce indirettamente l’antica Cina, perché lo stesso quadrato, lo ritroviamo, ai tempi della dinastia Shang (duemila a.C.), quando, secondo la leggenda, un pescatore trovò lungo le rive del fiume Lo, un affluente del fiume Giallo, una tartaruga che portava incisi sul suo guscio degli strani segni geometrici. Il pescatore portò la tartaruga all’imperatore e i matematici al suo servizio studiando quei segni, scoprirono un’imprevedibile struttura: un quadrato di numeri con somma costante 15 su ogni riga, colonna o diagonale. Lo Shu[5], così fu battezzato questo quadrato numerico, diventò uno dei simboli sacri della Cina, rappresentazione dei più arcani misteri della Matematica e dell’Universo. I segni sul guscio della tartaruga e la loro traduzione in numeri portano alla formazione del quadrato magico[6].
 
Figura 6. I Nove Numeri nel  quadrato cinese dello Shu
 
 
I numeri del Lo Shu rappresentano le Otto direzioni dello Spazio, Nove con il Punto Ventrale della Decade, il numero Cinque. Per gli antichi Cinesi il Lo Shu era un simbolo potentissimo di cui si diceva: “È questo ciò che compie le alterazioni e le trasformazioni e mette in moto demoni e dèi”.  
 
Le proprietà più interessanti del Lo Shu sono collegate all’azione dello Yin - Yang, secondo il quale ogni cosa deriva dall’armoniosa opposizione di due primordiali forze cosmiche. Nel Lo Shu, come nell’Insegnamento Pitagorico, i numeri dispari rappresentano l’elemento maschile Yang, mentre i numeri pari rappresentano l’elemento femminile Yin. Infatti, i numeri dispari sono rappresentati da pallini bianchi simboli Yang, emblema del Cielo, maschile, e i numeri pari da pallini neri Yin, il femminile. Il numero 5 rappresenta la Terra e gli altri numeri rappresentano i punti cardinali e le stagioni. Ad esempio, 1 è il Nord e l’inverno, il 9 è il Sud e l’estate, il 3 Est e primavera, il 7 Ovest e l’autunno.

 
LA DECADE – IL NUMERO DIECI
 
 
I Pitagorici, ci informa Giamblico, chiamano il 10 unità di seconda serie, il 100 unità di terza serie, il 1000 unità di quarta serie. Dieci, la Decade, riduce tutte queste cifre all’unità, e pone fine alla Tavola Pitagorica. Quindi, questa cifra: — l’unità dentro lo zero — era il simbolo della Divinità, dell’Universo e dell’Uomo.
 
Il 10 è responsabile di tutte le cose, fondamento e guida sia della vita divina e celeste, sia di quella umana ... L’essenza e le opere del numero devono essere giudicate in rapporto alla potenza insita nella decade; grande, infatti, è la potenza del numero, e tutto opera e compie, principio e guida della vita divina e celeste e di quella umana. Senza di essa (la decade) tutto sarebbe interminato, incerto, oscuro[8].

La Decade, il Dieci, si rappresenta con il Cerchio tagliato in Due da un Diametro verticale º» = 10. Il cerchio è lo Zero, la Divinità Celata, mentre il diametro è il Dio manifestato. La Cabala mistica ebraica si poggia sui dieci Sephiroth[9], Luci o Emanazioni divine. Dalla stessa Cabala apprendiamo che questi 10 Sephiroth (Sefirot) erano i numeri o emanazioni della Luce celeste. Le Sefirot possono venire capite come le qualità possedute dai primi dieci numeri interi.
Figura 7. Il Numero Dieci
 
Il Cerchio è lo Zero; il suo diametro verticale è l’UNO primordiale (il Logos), dal quale derivano il 2, il 3, e così via fino al 9, il limite delle cifre.
 
La forza materializzante creatrice nel mondo della forma, agisce incontrastata nei regni minerale, vegetale e animale. Nel regno umano, coesistono l’animale e il divino e le due correnti entrano in contrasto fra loro e nasce la cosiddetta lotta fra le forze del Male inerenti alla Materia, e quelle del Bene del Divino. Platone a riguardo del male diceva che: “Nella materia esiste una forza cieca e inerte che si oppone alla Volontà del grande Artefice”. La dogmatizzazione a uso del popolino, di questo duplice aspetto della realtà, ha portato alla visione manichea degli opposti inconciliabili, descritti brevemente come male e bene. Questo sistema duale fu portato da Pitagora, insieme con la Decade, dall’India. Che fosse quello dei Brahmani e degli Iraniani, come li chiamavano i filosofi greci, c’è garantito da tutta la gamma della letteratura sanscrita, come i Purana e le Leggi di Manu. In queste Leggi o Ordinanze di Manu, si dice che Brahma dapprima creò “i Dieci Signori dell’Essere”, i Dieci Prajapati o Forze Creative. Vi è una Decade superiore (Cosmo) e una Decade inferiore (Uomo). Per quanto riguarda l’uomo terrestre, sono dieci gli orifizi umani, questi sono ovviamente dieci nella femmina, e solo nove nel maschio; ma questa è soltanto una differenza esterna. L’evoluzione dell’embrione umano lo mostra. Per esempio la sola apertura formata dapprima é la cavità boccale, “una cloaca comunicante con l’estremità anteriore dell’intestino”. Questa diviene successivamente la bocca e l’orifizio posteriore.
 
Il Dieci è Due volte Cinque, nasce per il raddoppio di Cinque. Secondo gli Gnostici Perati, Nettuno è Chozzar che ha Cinque ministri androgini, cioè 2x5 = 10. I Cinesi affermavano che vi erano Cinque numeri sia del Cielo sia della Terra, in totale Dieci. I numeri del Cielo erano dispari, quelli della Terra pari.
Di numeri del Cielo ve ne sono Cinque; di numeri della Terra ve ne sono Cinque. Distribuendoli ai Cinque posti, ciascuno ha il suo completamento[10].
 
Dieci numeri Cinque maschili per il Cielo, Cinque femminili per la Terra, in totale Dieci, la totalità della manifestazione, il numero dell’Uomo Celeste. Per i Cinesi, come per i Pitagorici, i numeri dispari sono maschili, mentre i numeri dispari sono femminili; Dieci numeri, come per la Decade pitagorica da Uno fino a Dieci. L’uomo è un essere duale, maschio e femmina. La dualità del numero Cinque si riflette nelle 10 dita delle mani e dei piedi. Il numero 10 è anche considerato simbolo di unione e di fratellanza, infatti, scambiandosi una stretta di mano, due persone uniscono fra loro le dieci dita. Plutarco ci informa che la parola pente (cinque) deriva da panta che significa tutto.
 
I Pitagorici consideravano sacra la stella a cinque punte perché, con la sua punta che svetta verso l’alto, indica come ogni opposizione o divisione (le due punte volte al basso) debba, nel tempo, essere condotta a una superiore unità; un simbolo pertanto in grado di esprimere la piena armonia fisica e spirituale. Quando la stella a cinque punte è disegnata nera e col vertice verso il basso, è diabolica, perché è il simbolo della magia nera. Le due stelle riunite formano una figura a 10 punti.

[1] Fra i Caldei fra cui Pitagora soggiornò e apprese la scienza astronomica, il numero 60 era il numero di Anu, il Cielo.
[2] Le ali indicano che Kairos è sempre in movimento aereo e deve pertanto essere afferrato al volo.
[3] Giamblico, Rostagni 1955, p. 21.
[4] Queste formule valgono per qualsiasi quadrato magico di ordine dispari. E quindi anche per quadrati 5 x 5, 7 x 7 e così via.
[5] Lo Shu significa “scritto del fiume Lo”.
[6] Federico Peiretti, “La grande avventura matematica dei quadrati e dei cubi magici”.
[7] I Cinque Elementi derivano dall’interazione di Yin con Yang, non indicano tanto delle sostanze primordiali o materiali, quanto dei modi di trasformazione della natura, sarebbe pertanto corretto definirli le “Cinque Attività” o i “Cinque Poteri”. Tali elementi sono simboleggiati da legno, fuoco, terra, metallo e acqua.
[8] Filolao
[9] I Dieci splendori, sono anche le Dieci membra dell’Uomo Celeste.
[10] Ta Ciuann IX, 2.
LA PROGRESSIONE DEI NUMERI
 
I Numeri forniscono una doppia indicazione una che riguarda il mondo dell’Esseità, l’altra che riguarda il mondo della forma differenziata. I Pitagorici sono ricordati per gli studi sulla Matematica quantitativa, che è poi l’unica conosciuta nell’Occidente tecnologico e applicata nelle varie scienze. Per questo motivo, i Pitagorici vengono spesso erroneamente elogiati quali precursori di G. Galilei e della scienza moderna, perché questa privilegia il linguaggio matematico-quantitativo.
 
In aritmetica vi sono tre operazioni dirette: l’addizione “a+b”, la moltiplicazione “a*b” e l’innalzamento a potenza “ab”, accompagnate dalle tre operazioni inverse sottrazione “a-b”, divisione “a/b”, radice “a1/b”. Ora il prodotto dell’unità per se stessa è ancora l’unità, e una potenza dell’unità è ancora l’unità.
 
ADDIZIONE
 
Per l’Aritmetica pitagorica, l’Uno si scinde in due creando la Diade, il Due.  soltanto l’addizione permette il passaggio dall’unità alla dualità. Si può seguitare ad aggiungere delle unità, ed ottenere di seguito tutti i numeri rappresentati da due, tre, quattro ... visualizzati come punti allineati. Si ha in tal modo lo sviluppo lineare dei numeri. Tutti i numeri interi possono essere considerati sia come somma di altri numeri; per esempio il cinque è 5=1+1+1+1+1; ma è anche 5=1+4 e 5=2+3. L’1 ed il 2 non godono di questa proprietà generale dei numeri: e perciò come l’Unità anche il Due non era un numero per gli antichi pitagorici ma il principio dei numeri pari[1].
 
Il Tre a sua volta può essere considerato solo come somma dell’Uno e del Due: mentre tutti gli altri numeri, oltre ad essere somma di più unità, sono anche somma di parti ambedue diverse dall’unità. La Triade si può ottenere solo mediante l’addizione della Monade e della Diade.
 
  • Il 2 si può ottenere soltanto mediante l’addizione, e soltanto mediante l'addizione di due unità.
  • Il 3 si può ottenere soltanto mediante l’addizione, in cui almeno uno dei termini è l’unità.
  • Dunque la Triade 1, 2, 3 ha proprietà di cui non godono i numeri maggiori del 3.
 
La generazione dei Numeri corrisponde ai processi della Creazione Cosmica, che poggia sui primi numeri dispari e pari. I Numeri al di fuori della Triade o Trinità superiore si dividono in pari e in dispari partecipando alla natura della Diade e del Primo Numero Dispari, ma in realtà partecipano alla natura di entrambi perché un numero può essere scomposto in numeri che sono la combinazione di pari e dispari.
 
La generazione comporta un graduale allontanamento dall’Uno principiale verso la molteplicità e la dispersione. Nello sviluppo nello spazio dei numeri partendo dall’Uno, il Punto, e passando per la Diade, il Due, il segmento di retta, poi per Tre, il triangolo, infine per il Quattro, il tetraedro, dobbiamo fermarci al numero 4 perché l’aggiunta di un nuovo punto fuori dello spazio tridimensionale non è possibile per l’intuizione umana. Possiamo seguitare ad aggiungere delle unità consecutivamente, ma possiamo farlo solo restando nel campo tridimensionale dei numeri lineari, piani e solidi.
 
Dal 4 in poi tutti i numeri si possono ottenere mediante addizione di termini tutti distinti, dall’unità. Poiché lo sviluppo dei numeri per addizione ha termine col Quattro, occorre considerare ora lo sviluppo o generazione dei numeri mediante la moltiplicazione.

 
MOLTIPLICAZIONE
 
I numeri prodotti per moltiplicazione si distinguono in numeri che non sono prodotti di altri numeri ossia in numeri primi protoi o asintetici, e in numeri che sono prodotti o numeri composti o sintetici.
 
Tenendo conto dei soli numeri entro la Decade, i numeri si suddividono in quattro classi:
 
1.   La prima classe dei numeri primi entro la decade che sono fattori di numeri della decade: e sono il 2 che compare come fattore del 4, del 6, dell’8 e del 10, il 3 che è fattore del 6 e del 9; ed il 5 che è fattore del 10.
2.   La seconda classe è costituita dai numeri primi minori del 10 che non sono fattori di numeri minori del 10, ed è costituita dal solo numero sette.
 
Che i Pitagorici siano effettivamente ricorsi a questo criterio è certo, perché il numero 7 era consacrato ed assimilato a Minerva (Atena) perché come la Dea, il 7 era vergine e non generato, ossia non era fattore di alcun numero (entro la Decade) e non era prodotto di fattori. La consacrazione a Minerva del numero 7 conferma che la generazione dei numeri avveniva pitagoricamente mediante la moltiplicazione, cioè per la via per i numeri composti.
 
3.   La terza classe è costituita dai numeri composti, inferiori al dieci, e che sono fattori di numeri minori del dieci, ed è costituita dal solo numero quattro, che è allo stesso tempo quadrato del due e fattore dell’8;
 
4.  La quarta classe è costituita dai numeri composti minori del dieci che sono prodotti di altri numeri senza essere fattori di numeri entro la decade, essa è costituita dal sei, dall’8 e dal 9, poiché 2x3=6, 2x2x2=2x4=8 e 3x3=9. Non tenendo conto del 10 e tenendo conto del 2 si hanno quattro numeri primi: 2, 3, 5, 7 di cui uno solo non produce altri numeri, e quattro numeri composti: 4, 6, 8, 9 di cui uno solo è anche fattore[2].
 
I numeri della Decade con la sola eccezione dei numeri primi producono a loro volta numeri maggiori di 10. Tra tutti questi numeri alcuni rivestono un’importanza fondamentale per l’insegnamento misterico, in particolare sono prodotti dal 2 e dal 3, poiché l’1 moltiplicato per qualsiasi numero non lo altera, per questo il numero 1 era dai Pitagorici chiamato stabilità.
 
Il 2 fornisce al numero la sua ombra, nel mondo della forma tutto è Duale: chiaro e oscuro, Bene e Male. Di particolare interesse sono la coppia del 6, il numero perfetto, cioè il numero Dodici 2x6; e la coppia del 7 il numero del mistero, cioè il numero Quattordici 2X7.
 
Il numero Tre, il primo numero dispari con i numeri primi 5 e 7 all’interno della Decade produce due numeri spirituali. Il Quindici 3x5 chiamato Pentade, e il numero Ventuno 3x7.
 
 
LO ZERO NEI NUMERI COMPOSTI
 
Si è scritto molto sulla non conoscenza dello zero da parte degli antichi: è convinzione che l’uso dello zero come numero in sé è un’introduzione relativamente recente della matematica, che si deve ai matematici indiani. Un primo studio dello zero, dovuto a Brahmagupta, risale al 628. Si scrive che fu in particolare Leonardo Fibonacci a far conoscere la numerazione posizionale in Europa: nel suo Liber abbaci, pubblicato nel 1202, egli tradusse sifr in zephirum; da questo si ebbero il veneziano zevero e quindi l’italiano zero.
 
Viene scritto che: “Nel trattato Teologia Aritmetica Giamblico definisce i primi dieci numeri naturali che sono visti matematicamente secondo le loro proprietà e i loro legami con altri numeri naturali cadendo alcune volte, però, in errori. È noto che la serie dei primi dieci numeri naturali è la seguente: 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9; ma al tempo del filosofo matematico lo zero era ancora sconosciuto per cui la serie era definita nel seguente modo: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10”. Vero perché in teologia lo Zero ha un significato diverso che dai calcoli, ma se si legge Introduzione all’Aritmetica di Nicòmaco, si è subito smentito.
 
Giamblico[3] che visse a cavallo del III e IV secolo (250 circa – 330 circa) commentando l’aritmetica dei Pitagorici e in particolare quella di Nicòmaco[4], in “Introduzione all’Aritmetica” nel commento ai nove numeri della Bilancia Pitagorica scrive:
 
Infine sottraiamo da 5 in numero 0 (infatti, in quinto numero prima di 5 è 0), e lo attribuiremo a 5, e così questo sarà sempre uguale a se stesso. In tal modo ciò che si può concepire minore di 1, essendo questo indivisibile, cioè lo 0, conserva sempre la sua posizione con l’1, più di ciò che pensavano i Pitagorici, cioè 1/2, e l’1 diviene anch’esso la metà della somma dei due numeri che danno da una parte e dall’altra, cioè 2 e 0; infatti (2+0)/2=1”.
 
Quanto scritto dimostra che i Pitagorici conoscevano bene lo 0 e sapevano fare le somme con lo 0.
 
Giamblico scrive: “Lo stesso nome zero (nulla) tuttavia significa per noi in maniera assolutamente chiara che la cosa più piccola e indivisibile per natura è l’1. Lo 0, infatti, quando divide un numero lo priva di realtà”. Giamblico spiega che “Un numero naturale sia che assuma come moltiplicatore se stesso o un altro numero, in nessun caso resta quello che è, ma genera un terzo numero. Lo 0 invece sia che appaia moltiplicare se stesso o un altro numero, non uscirà fuori da se stesso. Infatti, 0x0 o 0x9, è sempre uguale a 0, mai a 9”.
 
Giamblico dice chiaramente che qualsiasi numero moltiplicato per 0 da sempre risultato 0, e che qualsiasi numero diviso per 0 è privo di realtà, indeterminato.
 
NUMERI PARI E DISPARI
 
I numeri esprimono la sostanza delle cose e ad ogni cosa corrisponde un numero. Per i Pitagorici i numeri  dispari erano maschili, quelli pari erano femminili, al pari il destro era dispari, il sinistro era pari. Nicòmaco di Gerasa riporta anche una definizione più antica: escluso il 2, la Diade, il numero pari si può dividere in parti uguali o diseguali, che sono entrambe pari o dispari, cioè che hanno la stessa parità; il numero dispari si può dividere solo in due parti disuguali di cui una pari e l’altra dispari, cioè in parti che hanno parità diversa. Dalla terna fondamentale della Monade, della Diade e della Triade, cioè dai due “Principi” 1 e 2 dei numeri e dal primo numero dispari Tre, i Pitagorici facevano derivare tutti i numeri. Questa derivazione avveniva senza dubbio mediante l’operazione della moltiplicazione e non mediante quella dell’addizione. Infatti, con l’addizione non si ha alcun criterio per stabilire delle differenze tra i vari numeri perché tutti i numeri si possono ottenere dalla prima terna mediante addizioni, mentre ciò non accade se si operi con la moltiplicazione.
 
La nomenclatura di cui si servivano i Pitagorici, e che è ancora la nostra, mostra che la generazione dei numeri avviene pitagoricamente per moltiplicazione; e ancora oggi le parole moltiplicazione, fattore, prodotto conservano il duplice significato; ogni prodotto consta di una coppia (copula) di fattori. I Pitagorici, limitandosi a quanto avviene per i numeri contenuti nella Decade, li distinguevano a seconda che comparivano come fattori e come generati. I numeri si distinguono subito in numeri che non sono composti di fattori, che sono primi o asintetici, e in numeri sintetici o composti o secondi[5].
 
I Numeri della Decade appartengono alla Sfera Divina, al Mondo dell’Ideazione. L’Unità, detta pari impari perché contiene in sé ogni cosa, o Numero, non è computata perché non partecipa alla manifestazione. Il Primo numero Pari è la Diade, il primo numero dispari è il Tre. I numeri 3, 5, 7, 9, sono generatori nella fase d’ideazione, sono generati solo per addizione[6] e danno la perfetta transizione dall’astratto al concreto, attraverso la fase dell’ideazione. I numeri pari sono sempre composti; e nella Decade il 4, il 6, l’8 e il 10 sono tutti numeri generati. Il solo numero tra questi che è anche generante è il 4, perché 4x2=8. Nella Decade, escluso il Dieci, il 4 è il solo numero che è tanto generato che generante; il 6, 8 e 9 sono soltanto generati; il 5 è soltanto generante e il 7 è il solo che non è né generato né generante. Il 5 somiglia al 3 perché come il Tre compare come fattore, perché 2x5=10 e 2x3=6. Il 3, il 5, il 7 non sono prodotti, non sono composti o sintetici come dicevano i Pitagorici, ma sono dei numeri primi. Il cinque che compare come fattore della Decade non si può ottenere dai numeri che lo precedono con una semplice moltiplicazione. Il valore del numero Cinque si ritrova nel Pentalfa simbolo di riconoscimento dei Pitagorici.
 
La vera trattazione sui numeri inizia con la distinzione fra pari e dispari: quest’opposizione fondamentale si riflette in tutte le cose, quindi anche nel mondo nella sua totalità si divide in due parti, l’una corrispondente al dispari, l’altra al pari. Il dispari è nella sua essenza, un’entità limitata, in altre parole terminata e compiuta, mentre il pari è un’entità illimitata, ossia non compiuta e non terminata. I numeri pari sono indefiniti, sono imperfetti, al contrario dei numeri dispari. L’ordine e la perfezione stanno dalla parte dei numeri dispari, mentre, al contrario, il disordine e il male stanno sempre dalla parte del pari.
 
Nella serie naturale dei numeri, i numeri pari e dispari si succedono alternativamente; i numeri pari sono sempre divisibili per 2 e si possono quindi sempre rappresentare sotto forma di un rettangolo (epipedo) in cui un lato contiene due punti, mentre i numeri dispari come l’Unità non si possono dividere e, quando si possono rappresentare sotto forma rettangolare, la base e l’altezza contengono rispettivamente un numero di punti che è a sua volta un numero dispari.
 
Nicòmaco di Cerasa riporta nei suoi scritti la definizione più antica del numero Pari: “Esclusa la Diade fondamentale, pari è un numero che si può dividere in due parti eguali o disuguali, parti che sono parimente pari (entrambe) pari o dispari”, ossia, come noi diremmo, che hanno la stessa parità; “mentre il numero dispari si può dividere solo in due parti diseguali, di cui una pari e l’altra dispari”, ossia in parti che hanno diversa parità. Giambico nel commento all’Aritmetica di Nicòmaco, scrive. “Ebbene dalla suddivisione del pari si ottengono il parimenti-pari e come suo opposto il pari-dispari; in mezzo a questo, come comune, si trova il dispari-pari”. Nicòmaco ci informa che per i Pitagorici esistevano tre tipi di pari. Il Ternario domina la creazione!
 
Tutta la creazione è basata sui Tre Attributi della Materia, che la filosofia Indù denomina Tamas (Stabilità, Inerzia), Rajas (Attività), Sattva (Equilibrio, Armonia), in termini cinesi Yin, Yang ed Equilibrio. Nella filosofia pitagorica sono associati ai concetti di dispari, pari e alla loro interazione. “Tutto era Tamas (prima che avesse origine la manifestazione), Egli ordinò un mutamento e Tamas prese il colore di Rajas, e Rajas ricevuto un nuovo ordine, rivestì la natura di Sattva”. Tamas è l’immobilità, la stabilità della Materia, la contrazione. Rajas, il movimento, l’espansione: è l’attività della Materia, la forza centrifuga, l’opposto dell’inerzia che rappresenta la forza centripeta. Sattva è l’equilibrio fra le Due Polarità, la causa del movimento rotatorio, la forza che rende possibile la formazione di nuclei di materia. Questi tre attributi trovano la corrispondenza nella natura intrinseca dei numeri secondo i Pitagorici.
 
A.     Pari,                   Rajas,      Yin,           Femminile
B.     Dispari,              Tamas,     Yang,        Maschile
C.     Pari - dispari,     Sattva,     Equilibrio   Femm. - Masch.
 
I Tre si combinano fra loro generando due gruppi di tre, sei combinazioni[7], dove in uno predomina l’aspetto femminile o del Numero Pari e nell’altro predomina l’aspetto maschile o del Numero Dispari. Indicando in ordine di prevalenza con A, B, C, i Tre Principi si hanno Sei combinazioni:
 
1.  ABC       2.  ACB          3.  BCA          4.  BAC        5.  CAB         6. CBA
 
L’aspetto ternario governa i Numeri Assoluti: i numeri Pari e i Dispari si dividono in Tre specie, Sei in tutto. Il Pari si distingue in tre specie:
 
  1. È parimente-pari quel numero che può dividersi sempre in due parti fino all’unità[8]. In termini moderni cioè sono parimente-pari il 2 e tutte le potenze di 2 cioè: 4, 8, 16, 32, 64 ... nella forma 2n.
  2. L’opposto del parimente-pari è il pari-dispari, il quale può essere diviso soltanto in due parti, rimanendo subito diviso in due parti dispari. Il pari - dispari si ottiene ancora per raddoppiamento, ma non più da 2 bensì dal raddoppiamento dei numeri dispari, ossia i numeri della forma 2(2m+1), ossia i numeri della forma 2n(2m+1) con n≥2, cioè: 6 (2x3), 10 (2x5), 14(2x7), 18 (2x9), 22 (2x11)…
  3. Mediano fra queste due specie opposte è il dispari-pari, la terza specie del pari, che può essere diviso più volte in due parti, ma non fino all’unità come il parimente-pari. La sua operazione costitutiva è la moltiplicazione: in particolare il dispari - pari deriva dal prodotto di un numero dispari per un numero parimente-pari cioè: 12 (3x4), 20 (5x4), 24 (3x8), 28 (7x4).
 
Il Dispari si distingue anch’esso, in tre specie[9].
  1. Quei numeri che non sono divisi da alcun altro numero oltre all’Unità, e pertanto si dicono numeri primi e non composti. È chiamato numero primo perché è misurato solo dall’unità. È anche chiamato numero lineare, rettilineo e privo di larghezza: 3, 5, 7, 11, 13, 17, 19, 23 …;
  2. La seconda specie è opposta alla prima, oltre all’Unità contengono una o più parti numeriche. La seconda classe contiene tutti i numeri che non appartengono alla prima. Sono tutti i numeri che derivano dalla moltiplicazione di due numeri dispari e pertanto si dicono secondi e composti. Tale numero è chiamato secondo perché si serve di una seconda misura, oltre all’unità. Tale numero è misurabile in linea retta, ma è anche riducibile a superficie, quadrato o parallelogramma: 9, 15, 21, 25, 27, 33, 39, 45 …. Giamblico spiega che da un alto punto di partenza, si divide nel dispari che è secondo, è composto per sé e per l’altro, come 9 rispetto a 15 e 21, e nel dispari che è secondo per sé ma primo per l’altro come 9 rispetto a 25 o 35. La spiegazione è che il 3 come parte che è nell’1 è anche negli altri: 9=3x3; 15=3x5; 21=3x7. Inoltre il 3 che è parte del 9 non si trova nel 25 e nel 35, il 5 che è parte del 25 non si trova nel 9 e nel 35; il 7 che è parte del 35 non si trova nel 9 e nel 25.
  3. La terza specie è mediana fra le precedenti: sono per se stessi secondi e composti, relativamente ad altri invece primi e non composti, come 9 e 25, e quanti derivano dalla moltiplicazione di un dispari per se stesso.
 
Nell’esempio stesso riportato da Nicòmaco tanto il 25 che il 9 appartengono simultaneamente alla seconda e terza classe. L’erudito matematico Arturo Reghini per meglio chiarire la divisione ternaria dei numeri dispari scrive: “Osservando che, nella classificazione terna-ria pitagorica, tra l'unità ed il numero vi è solo il due; che analogamente nella classificazione dei numeri rettangolari tra il quadrato ed il promeco vi è solo l’eteromeco (che ha un solo punto in più in uno dei suoi lati): e che analogamente nel caso della classificazione ternaria dei numeri pari tra il numero parimente pari 2n ed il numero imparimente pari 2n (2m+1) in cui con n≥2 vi è soltanto il parimente dispari 2(2m+1) in cui il fattore due è unico, la classificazione ternaria dei numeri dispari doveva probabilmente essere la seguente:
1° numeri primi dispari;
2° potenze di fattori primi di cui almeno due distinti;
3° potenze di un unico primo dispari con esponente almeno eguale a due. Ossia: numeri primi dispari a; potenze di un solo primo an con n almeno eguale a due; gli altri casi di numeri dispari in cui vi sono almeno due fattori primi distinti … ”.

[1] Arturo Reghini, I Numeri sacri nella tradizione pitagorica massonica.
[2] Arturo Reghini “I numeri sacri della tradizione.”
[3] Gli allievi di Giamblico furono i maestri dei fondatori della Accademia neoplatonica di Atene (Plutarco di Atene e Siriano), e le sue dottrine influenzarono per questa via Proclo, attraverso le opere del quale il neoplatonismo giunse fino al Medioevo.
[4] Il pensiero di Nicòmaco di Gerasa i colloca in una tradizione che affonda le sue radici nel pitagorismo di Filolao di Crotone e di Archita di Taranto.
[5] Arturo Reghini. “Dei Numeri Pitagorici, Prologo.”
[6] La moltiplicazione di una qualsiasi quantità per se stessa (procreazione) è il risultato dell’addizione di una natura positiva, maschile, dispari con una natura negativa, femminile, pari.
[7] In realtà ne esiste una settima non visibile, in cui i Tre sono in perfetto equilibrio.
[8] Scrive A. Reghini in Numeri Sacri cap. V. “Notiamo che Euclide nel Libro VII chiama parimente pari il prodotto di due fattori pari: ma questo non è conforme alla tradizione pitagorica e Giamblico biasima Euclide per questa definizione: e secondo quanto riferisce il Taylor Asclepio nel suo commento manoscritto al primo Libro di Nicòmaco dice scorretta questa definizione di Euclide perché con essa si ottengono numeri pari e non numeri parimente pari.”
[9] Giamblico in Introduzione all’Aritmetica, scrive: “L’errore di Euclide, e cioè il fatto che egli non distingua il pari-dispari dal dispari-pari, né opponga il primo di questo, cioè il pari-dispari, al parimenti pari, e ritenga il secondo, cioè il dispari-pari, una mescolanza degli altri due”.
 
NUMERI PRIMI

I numeri primi detti anche protoi o asintetici sono quelli che non si possono ottenere mediante la moltiplicazione, al contrario dei numeri sintetici, o secondari e composti, che sono il prodotto di altri numeri detti i loro fattori. Il numero primo è misurato solo pienamente dall’unità, e non pure da qualche altra parte, e come tale procederà in una sola dimensione. Era chiamato anche lineare e rettilineo, cioè privo di larghezza, perché si estende in una sola dimensione. È chiamato primo perché esso genera da sé altri numeri che sono suoi multipli. Giamblico non considerava il numero 2, un numero primo, scrive: “Euclide commette l’errore evidentissimo quando ritiene che il numero 2 è uno dei numeri primi e non composti, dimenticando che il 2 è di specie pari”. Il numero 2 non è considerato numero, perché è il Principio dei Numeri pari. Noi consideriamo il 2 il primo dei numeri primi.
 
Si hanno Numeri Primi Additivi, ossia numeri tali che la somma delle loro cifre è ancora un numero primo, come 47 (4+7=11). La successione dei primi additivi inizia con: 11, 23, 29, 41, 43, 47, 61, 67, 83, 89 …
 
Si hanno Numeri Primi Dispari-Dispari, ossia numeri formati soltanto da cifre dispari. I primi dieci disparissimi sono i seguenti: 11, 13, 17, 19, 31, 37, 53, 59, 71, 73.
 
I numeri primi sono oggetto di studio fin dall’antichità, e in particolare agli Elementi di Euclide (scritti attorno al 300 a.C.). La loro importanza per la matematica deriva dal fatto che hanno il potere di costruire tutti gli altri numeri. Ogni numero intero che non sia primo può essere costruito moltiplicando questi elementi di base primari, sono gli atomi dell’aritmetica, gli elementi di base con cui si costruiscono tutti gli altri numeri naturali. Ogni molecola esistente nel mondo fisico può essere costruita utilizzando gli atomi della tavola periodica degli elementi chimici. I numeri primi restano gli oggetti più misteriosi studiati dai matematici[1]. I numeri primi della forma “< 6n + 1” oppure  “– 1>” ( per n maggiore di 3), sono pitagorici ne portano sicuramente il marchio. Se si esamina un elenco dì numeri primi, si scopre che è impossibile prevedere quando apparirà il successivo. L’elenco sembra caotico, casuale, e non fornisce alcun indizio riguardo al modo di determinare il suo prossimo elemento.
 
Ai Pitagorici interessava anche il segreto dei numeri primi essi riportavano i numeri primi sul piano geometrico, tra i numeri figurati. Ne osservavano la posizione. Il metodo per determinare i numeri primi noto come “crivello” di Eratostene, è di origine pitagorica. Prima si cominciano a eliminarne i multipli di 2 (ovviamente i numeri pari non possono essere primi). Poi i multipli di 3, di 5 e così via. Alla fine i numeri rimasti saranno i numeri primi in un determinato intervallo.
 
I numeri primi sono divisibili solo per se stessi e per il primo numero, cioè l’Unità; sono giudicati incorruttibili o incomposti, perché sono generati solo per addizione e danno la perfetta transizione dall’astratto al concreto, attraverso la fase dell’ideazione.  I numeri primi sono gli “atomi dell’aritmetica”, gli elementi di base con cui si costruiscono tutti gli altri numeri naturali: non derivano da altri, ma li producono tutti. L’Uno è il seme di tutti i numeri. Fatta eccezione del numero 2, la Diade, Madre, che è il principio dei numeri pari, tutti i numeri primi sono dispari o spirituali. A tutt’oggi non esiste alcuna formula che dimostri una qualsiasi connessione tra i numeri primi, cioè una regola che possa essere utilizzata per la loro individuazione. Sono unici e sino ad ora sembrano frutto di un ordine per ora sconosciuto, anche con l’uso degli attuali supercomputer!
 
La sequenza numeri primi (2, 3, 5, 7, 11, 13, 17, 19, 23, 29 ...) crea una gerarchia numerica: 3 è il secondo numero primo, 5 è il terzo numero primo, 7 è il quarto numero, 11 è il quinto numero, 13 è il sesto numero, 17 è il settimo numero primo, 19 è l’ottavo numero primo, 23 è il nono numero primo, 29 è il decimo numero primo.
 
I numeri primi sono simili tra loro, come noi umani, ma non uguali; come tra noi, esistono numeri che possiedono qualcosa di particolare, di unico: sono i numeri primi. La loro unicità e la loro regola, è che sono divisibili solo per se stessi e, per Uno, da cui tutto ha origine, e cui tutto ritorna, ma mai sono il risultato di un prodotto (generazione) tra numeri comuni, mortali; il che li rende misterici, finché il loro segreto non sia individuato come quell’unico punto dove la foglia, sospinta dal vento impedì al sangue del drago di bagnare la schiena di Sigfrido per renderlo invulnerabile. Quell’unico punto della schiena dove l’eroe fu trafitto ed ucciso nella foresta dei Nibelunghi.

 
I RAPPORTI TRA NUMERI

Trattando dei numeri relativi, Filipono[2] seguendo la trattazione di Nicòmaco, distingue due generi, l’uguale e il disuguale, e le specie, che sono cinque per ciascun genere di disuguaglianza, Dieci in tutto (2x5), distinzione secondo il più o secondo il meno.
  • Da una parte abbiamo il multiplo, l’epimorio, l’epimere, il multiplo-epimorio e il multiplo-epimere.
  • Dall’altra invece il sottomultiplo, il sotto-epimorio, il sotto-epimere, il sottomultiplo-epimorio e il sottomultiplo-epimere.
 
Epimorio, ossia epí (sopra) e meros (parte), ossia un rapporto numerico in cui il numeratore sovrasta, sta sopra letteralmente, una propria parte di un’unità, cioè è un numero che contiene un altro numero più una frazione di esso.
Epimere invece un numero che contiene un altro numero più una frazione di esso il cui numeratore è un numero diverso dall’unità.
Multiplo-epimorio è un numero che contiene un multiplo di un altro numero più una frazione di esso.
Multiplo-epimere è invece un numero che contiene un multiplo di un altro numero più una sua frazione il cui numeratore è un numero più elevato dell’unità. Ciascuna di queste specie è soggetta poi a successive specificazioni.
 
A seconda del numero posto al denominatore della frazione infatti l’epimorio può essere:
 
  • emiolio (1+1/2=3/2), epitrito (1+1/3=4/3), epiquarto (1+1/4=5/4), epiquinto (1+1/5 =6/5) eccetera. I greci, come gli egiziani, usavano frazioni con numeratore unitario.
 
Emiolio, da hemí (metà) e holos (pieno). Epitrito da epí (sopra) e tritos (terzo), quindi “sopra il terzo” ma anche “somma con il terzo”.
 
Pitagora affermò che non solo il numero è l’essenza del mondo, ma che anche i suoni sono il risultato di rapporti numerici ben determinati. Questi numeri dunque, riguardano il dominio dell’Armonica.
 
Infatti, partendo dall’intervallo omofono, quello d’ottava, e dal rapporto doppio (2/1), nel quale la differenza dei termini risulta uguale al sottraendo (2-1=1), per la diminuzione del valore dell'unità si considerava il rapporto emiolio della consonanza di quinta (3/2), nel quale la differenza tra i termini è uguale alla metà del sottraendo (3-2=1) e il rapporto epitrito della consonanza di quarta (4/3), nel quale la differenza dei termini è uguale a un terzo del sottraendo (4-3=1).
 
Il primo epimorio sarà invece:
 
  • L’epidimere o meglio l’epiditrito (1+2/3), poi l’epitriquarto (1+3/4), poi l’epitetraquinto (1+4/5), l’epipentasesto (1+5/6), eccetera.
 
Lo stesso dicasi del multiplo-epimorio e del multiplo-epimere, con la sola differenza che al posto dell’intero si considera un suo multiplo.
 
Chiaramente queste cinque specie hanno relazione di prologhi rispetto alle altre cinque specie reciproche, che costituiscono gli ipologhi. Dati due numeri in una qualsiasi di queste relazioni infatti il maggiore è il prologo del minore e il minore è l’ipologo del maggiore (Filop., I 134 e 136). Ad esempio se 4 è doppio di 2, 4 è il prologo e 2 l’ipologo, 4 è il multiplo e 2 il sottomultiplo. Se 6 è emiolio di 4, poiché 6=4+1/2(4), 6 è il prologo e 4 l’ipologo, 6 è emiolio e 4 sotto-emiolio[3].
 
LA DOTTRINA DEGLI OPPOSTI

I Pitagorici detestavano il Binario, che per loro era l’origine della differenziazione, quindi di contrasti, della discordia, della materia; e l’origine del male. Nella Teogonia di Valentino, Bythos e Sige (l’Abisso, il Caos, la Materia nata nel Silenzio) costituisce il Binario primordiale. Però, per i primi Pitagorici la Diade era lo stato imperfetto nel quale cadde il primo essere manifestato quando si distaccò dalla Monade. Era il punto dal quale le due strade — il Bene e il Male— si biforcavano. Tutto ciò che aveva due facce, e che perciò era falso, da loro era chiamato “binario”. Solo l’Uno era buono e armonioso, perché nessuna disarmonia può procedere da Uno solo. Di qui la parola latina Solus riferita al Solo e Unico Dio, lo Sconosciuto di Paolo.[4]
 
I numeri dispari sono maschili, i numeri pari sono femminili. Quando si dice maschile e femminile, non si parla di un genere specifico s’intendono i “tratti di energia maschile e femminile” che ogni essere umano porta dentro di sé. La superficialità nell’interpretare la Dottrina Pitagorica e l’interpretazione di Aristotele ha portato ad affermare che i Pitagorici non consideravano le donne, esse non avevano voce in capitolo, anzi erano viste come il Male, dimenticando che Pitagora accettava come allievi sia maschi sia femmine e dei suoi ventotto allievi tre erano femmine. Clemente Alessandrino nelle sue Stromata attesta l’eccellenza delle donne pitagoriche. Tra queste donne c’era Teano, che da discepola divenne insegnante ed in seguito anche moglie di Pitagora. Pare abbia scritto trattati di matematica, cosmologia, fisica, medicina e sul “precetto pitagorico del giusto mezzo”, ma ci rimangono soltanto alcune sue lettere. Anche le figlie di Teano e Pitagora furono iniziate a questi studi, di esse, Damo e Arignote, si sa che diffusero l’insegnamento della dottrina pitagorica ad altre donne. Fra i Neopitagorici del V secolo, la più famosa fu Ipazia figlia di Theone di Alessandria[5]. Ipazia[6] libera pensatrice, teneva lezioni di astronomia e filosofia in mezzo alle strade; discuteva per le vie, spiegando a tutti, le idee di Platone imparate ad Atene da Plutarco. La uccisero durante una dimostrazione popolare, con la scusa di essere avversaria del cristianesimo. Ipazia scrisse delle opere di commento ad Apollonio, Diofanto e Tolomeo, che sono andate perdute; dedicò la vita allo studio e all'interpretazione del pensiero di Platone ed Aristotele. La scuola Neoplatonica morì con lei.
 
Figura 1. Ipazia
 
Aristotele in Metafisica citando Alcmeone di Crotone, discepolo diretto di Pitagora, afferma che per i Pitagorici ci sono Dieci Coppie fondamentali:
 
1.      Limite          e        llimitato;
2.      Dispari         e       Pari;
3.      Unità            e        Molteplicità;
4.      Destra          e       Sinistra;
5.      Maschio       e       Femmina;
6.      Quiete          e        Movimento;
7.      Retta            e       Curva;
8.      Luce             e        Tenebra;
9.      Bene             e       Male;
10.   Quadrato      e       Rettangolo
 
Dalla parte del Limite troviamo anche la Luce che “dà colore alle cose”, determinandone i limiti; viceversa l’Oscurità nega i limiti delle cose e perciò è in corrispondenza con l’Indeterminato. Questa Dottrina degli Opposti è fondamentale per i Pitagorici. Essi ne individuarono dieci coppie, videro che i due membri costituenti non erano perfettamente uguali e stabilirono che l’ordine dell’universo veniva assicurato dall’Armonia che, sotto l’aspetto cosmogonico era l’Armonia delle Sfere celesti ruotanti attorno al Fuoco Centrale, mentre sotto l’aspetto etico era l’Anima, forza unificatrice e ordinatrice delle discordanze della materia corporea. L’Anima, perché Numero che muove se stesso, è forza autonoma e assume, in una scala di valori metafisici, ordinati sul grado di armonicità, una posizione intermedia e mediatrice fra il numero inferiore della realtà corporea e il numero superiore dell’Armonia Superiore della Monade divina. È quindi con la combinazione della dottrina degli opposti con quelle dell’Armonia e del Numero che si compone l’unità della filosofia pitagorica, perché l’Armonia in cui i contrasti si annullano, elimina l’urto dei pluralismi rappresentato dagli stessi opposti.
 
Gli specialisti contemporanei, sulla base di un’errata percezione della dottrina degli opposti, sono giunti alla conclusione che la filosofia pitagorica è dualista, in realtà tale dualismo riguarda il Macrocosmo. L’Insegnamento pitagorico per il microcosmo, l’uomo, è direzionato verso il superamento della dualità, cioè verso una Metafisica della non-dualità. Un amico, diceva Pitagora, è un alter-ego, e l’amicizia è eguaglianza e ancor oggi si fa uso di concetto e terminologia pitagorica quando si parla di due amici che vanno d’accordo, di affiatamento e d’intonazione. I Pitagorici si prefiggevano tra le altre cose di accordare gli individui tra loro, di armonizzare la società e di accordare l’individuo singolo col tutto, senza per altro sacrificare gli individui alla massa.
 
Secondo Pitagora è nell’Armonia che si conciliano tutti gli opposti, che incontriamo ovunque e che si configurano proprio come opposizioni numerali. Per esempio, i concetti di illimitato e di limitato sono, da un punto di vista numerico, una semplice opposizione di pari e dispari, opposizione questa che, esaurirebbe la serie dei numeri, senza l’eccezione dell’Unità, detta “parimpari”, perché unita a un pari dà un dispari e viceversa. Le tendenze maschili e femminili sono visibili in entrambi i sessi.
 
Nella parte finale del Protagora, Platone pone il problema di quale sia la vera scienza, cioè la «Scienza salvifica», e in definitiva la risposta e questa: la salvezza dipende dalla «scienza del pari e del dispari», che è anche «arte del Numero», cioè «arte della Misura», poiché essa ci guida verso la realizzazione della Misura armonizzatrice nella nostra interiorità[7].
 
Ad esempio, il numero Cinque partecipa sia alla natura del Pari sia quella del Dispari. Plutarco scrive: “Il primo fra i numeri pari è il due, e il tre è il primo fra i dispari: dalla loro somma deriva il numero cinque, che partecipa di entrambi ...”[8]. Giamblico scrive: “I Pitagorici chiamavano il cinque anche assenza di contesa ... anche perché le due specie di numero assolutamente primarie e differenti ... cioè il pari e il dispari, sono come conciliate e legate insieme dal numero cinque, perché questo è composto dalla loro unione ...[9]
 
Il compito del medico pitagorico sarà quello di individuare gli squilibri sopra esemplificati, e di favorire il ritorno all'equilibrio salutare, togliendo le energie in eccesso e potenziando quelle in difetto:
 
Ciò che mantiene la salute è l’equilibrio delle potenze: umido-secco, freddo-caldo, amaro-dolce e così via; invece il predominio di una di esse genera malattia, perché micidiale è il predominio di un opposto sull’altro [...]. Invece la salute è la mescolanza proporzionata delle qualità[10]
  
Nelle opere di Platone ritroviamo lo stesso pensiero pitagorico, non a caso nel Simposio il medico Eurissimaco afferma: “Bisogna proprio saper conciliare nel corpo le qualità contrarie ... freddo-caldo, amaro-dolce, secco-umido, e così via analogamente. Appunto per aver saputo suscitare fra esse amore e concordia, il nostro predecessore Asclepio, come dicono questi poeti, ed io concordo, è il fondatore della nostra arte”. Si noti l’analogia con la medicina tradizionale cinese:
 
Il principio di Yin e Yang è il principio fondamentale dell'intero universo ... è la radice e la sorgente della vita e della morte ... Per trattare e curare le malattie si deve esplorare la loro origine ... Yin e Yang, principi negativo e positivo della natura, sono responsabili delle malattie che capitano a coloro che si ribellano alle leggi della natura ed anche a coloro che a esse si conformano ... Se l’elemento maschile e vittorioso ci sarà il caldo, se e vittorioso l'elemento femminile ci sarà il freddo”[11]
 
[1] Recentemente hanno assunto una grande importanza anche nella matematica applicata, e in particolare nella crittografia.
[2] I due libri del commentario di Giovanni Filopono all’Introduzione Aritmetica di Nicòmaco di Gerasa costituiscono una testimonianza importante delle influenze pitagoriche, o meglio neopitagoriche. Il commentario di Giovanni Filopono si inquadra all’interno dell’attività di studio della Scuola Neoplatonica di Alessandria fra il V e il VI secolo. Tale commentario deriva da un corso tenuto dal maestro della scuola Ammonio Sacca. Questa famosa Scuola sorse ad Alessandria (Egitto) fondata nel 193 d.C. da Ammonio Sacca, di cui furono discepoli Origene, Plotino, Filone Giudeo, Giamblico, Porfirio, Clemente Alessandrino, Eratostene l’astronomo, Ipazia la vergine filosofa ecc. fecero di Alessandria una delle più giustamente onorate sedi di conoscenza che il mondo abbia mai prodotto.
[3] Giovanna R. Giardina L'aritmetica Pitagorica nel Commentario a Nicòmaco di Giovanni Filopono.
[4] H. P. Blavatsky, Antropogenesi, La Croce e la Decade Pitagorica.
[5] Theone di Alessandria, filosofo matematico e astronomo, insegnò ad Alessandria d'Egitto nel IV secolo.
[6] Nel celebre affresco di Raffaello custodito nei Palazzi Vaticani “La Scuola di Atene”, si scorge sulla sinistra, Ipazia vestita di bianco: è l’unico personaggio che guarda verso gli spettatori. Il pittore volle rendere omaggio alla grande filosofa dipingendola con un una veste bianca, simbolo di purezza e verginità. Raffaello fece indirettamente un affronto al potere temporale della Chiesa Romana, che mille anni prima tramite il Vescovo Cirillo condannò a morte l’eccezionale donna. Colpita alla nuca dalla mazza ferrata di Pietro il Lettore, la donna fu denudata e trascinata dai cavalli fino alla chiesa di San Cesario. Qui, sul corpo ancora esanime, i fanatici inferociti riversarono la loro bestialità, facendo il corpo a pezzi a colpi di cocci e conchiglie. Il corpo di Ipazia, ridotto all'osso, fu infine gettato tra i rifiuti, in senso di ultimo disprezzo, era l’otto marzo dell’anno 415.
[7] Platone, Protagora 356e-357d.
[8] Plutarco, Il tramonto degli oracoli, 35, 429b.ca, 34.
[10] Filolao Framm. 4.
[11] Canone di medicina interna dell'Imperatore giallo, Libro II, 5.
NUMERI - PERFETTI - ELLITTICI O DEFICENTI - IPERBOLICI O ABBONDANTI
 
La perfezione di un numero è una di quelle qualità che si comprende solo nella visione pitagorica dei principi viventi che regolano l’armonia universale. Il numero pitagorico contiene in sé famiglie di altri numeri. Il procedimento più semplice per generare una famiglia di numeri consiste nel dividere il numero poi per due, per tre, per quattro etc.
 
Si dicono numeri perfetti quelli che sono eguali alla somma dei loro divisori escluso il numero stesso. Se si confronta un numero con tutti i suoi divisori, si presentano naturalmente tre casi: tale somma può essere eguale, minore o maggiore del numero stesso.
 
  1. Quando tale somma non basta per ottenere il numero esso si dice ellittico o deficiente, perché gli manca qualcosa per eguagliare la somma delle famiglie al numero stesso. Per esempio, 10 è un numero difettivo perché è superiore alla somma dei suoi divisori: (1+2+5)=8. La stessa cosa vale per il 15 che è un numero ellittico perché la somma dei divisori è 1 + 3 + 5 è minore di 15. Tutti i numeri primi e le loro potenze sono numeri ellittici o difettivi. Tutti i divisori propri dei numeri difettivi e dei numeri perfetti sono a loro volta numeri difettivi.
  2. Quando tale somma eccede il numero esso, si chiama imperfetto, iperbolico o abbondante, o ridondante. Esempio è il numero 12, un numero abbondante poiché inferiore alla somma dei suoi divisori: 1 + 2 + 3 + 4 + 6 = 16, e tutti i suoi multipli.  La sequenza comincia così12, 18, 20, 24, 30, 36, 40, 42, 48, 54, 56, 60, 66, 70, 72, … Il primo numero abbondate dispari è 945.
  3. Quando tale somma non è né in difetto né in eccesso, ma è esattamente eguale al numero stesso, il numero si dice perfetto. Esempi di numeri perfetti sono 6, 28, 496, 8128, e simili, terminanti alternativamente per 6 e per 8.  
  • 28 = 1 + 2 + 4 + 7 + 14. Il numero 28 è divisibile per 1 , 2 , 4 , 7 , 14;
  • 6 = 1 + 2 + 3. Il numero 6  è divisibile per 1, 2 e 3.
 
Nicòmaco da Gerasa non si limita a dare una definizione di numero in base alla proprietà della somma dei suoi divisori, ma aggiunge un giudizio morale:
  • Un numero abbondante o ridondante, produce eccesso, esagerazione e abuso come se fosse uno sregolato, o come di un animale che abbia dieci bocche o tre linee di denti;
  • Un numero difettivo produce privazioni e insufficienza, è mancante che dovrebbe avere per essere completo, come uno che è stato defraudato subendo ingiustizia e non ricevendo quello che gli è proprio; come se fosse privo di lingua o avesse una sola mano o un solo occhio;
  • Un numero perfetto considerato intermedio tra i due produce uguaglianza, virtù, giusta misura, bellezza.
 
E’ difficile trovare dei numeri perfetti. I numeri perfetti sono rari e affascinanti, come osservava già Luca Pacioli nel XV secolo:
 
“Ancora si comme fra la gente più imperfecti e tristi che buoni e perfecti si trovano e li buoni sono pochi e rari: così fra li numeri pochi e rari sono li perfecti e molti e assai sonno li imperfecti: cioè superflui e diminuiti”.
 
Pitagora ai suoi discepoli mostrò la perfezione del numero Sei contenuto nella Tetractis, il Terzo numero Triangolare. Il numero 6 ammette come divisori 14, 7, 4, 2, 1.
              1+ 2+ 3 = 6 uguale a 6                                Numero Perfetto
Anche 28, il Settimo numero Triangolare è perfetto.  Il numero 28 ammette come divisori 3, 2, 1
              1+ 2+ 4 + 7 + 14 = 28 uguale a 28               Numero Perfetto
 
Sei è un numero perfetto in se stesso e non perché Dio creò tutte le cose in sei giorni. E' vero piuttosto il contrario: Dio creò tutte le cose in sei giorni perché questo numero è perfetto e lo sarebbe stato anche se l'opera dei sei giorni non fosse mai esistita. (S. Agostino, De Civitate Dei)
 
Il numero perfetto Sei è il terzo triangolare la somma dei primi tre numero “ 1+ 2+ 3 “ che gode anche della proprietà che la somma dei fattori è uguale al loro prodotto:
1+ 2+ 3 = 1x2x3 = 6
 
Per Theone da Smirne è il primo numero che “ha in sé il Principio (1), il Mezzo (2) e il Fine (3)”, dopo di esso si ricomincia da capo e si fa del numero 4 una nuova unità. La Tavola Tripartita derivò da questi concetti. Inoltre il numero Sei è il prodotto del Principio Femminile 2 e del Principio Maschile Tre: 2x3 = 6. Pertanto era chiamato gamos ed era sacro ad Afrodite.
 
Nel mondo della forma:
13+ 23+ 33 = 62 = 36
 
Se eseguiamo la stessa somma di cubi utilizzando i numeri del Triangolo Sacro 3, 4, 5:
33+ 43+ 53 = 63 = 216
 
I numeri “3, 4, 5”, 6, 36, 216, costituiscono un altro genere di famiglia dotata di una profonda armonia.
Anche il numero perfetto 28, scritto come settimo triangolare contiene in sé i numeri “3, 4, 5”, del triangolo sacro.
1+ 2+ 3+ 4 + 5 + 6 + 7 = 28
 
Si può dimostrare che ogni numero perfetto, tranne il 6, è uguale a somme di successioni dei numeri dispari al cubo. Ad esempio:
 
28 = 1³ + 3³                        496 = 13 + 33 + 53 + 73                           8.128 = 13 + 33 + 53 + 73 + 93 + 113 + 133 + 153
 
Ogni numero perfetto è triangolare. Si ha anche che la somma dei reciproci di tutti i divisori di un numero perfetto, incluso il numero stesso, è sempre uguale a 2. Ad esempio:
 
1/1 + 1/2 + 1/4 + 1/7 + 1/14 + 1/28 = 2.
 
NUMERI AMICABILI
 
Due numeri si dicono amici, o amicabili, quando, escludendo in entrambi i casi, il numero stesso, la somma dei divisori del primo è uguale alla somma dei divisori del secondo.
 
Consideriamo i divisori di 220, compreso 1 ed escluso il numero stesso e calcoliamo la loro somma. Si ha:
1 + 2 + 4 + 5 + 10 + 11 + 20 + 22 + 44 + 55 + 110 = 284
Consideriamo i divisori di 284, compreso 1 ed escluso il numero stesso e calcoliamo la loro somma. Si ha:
1 + 2 + 4 + 71 + 142 = 220
 
Nella Bibbia, (Genesi 32), Giacobbe regala a Esaù, in segno di amicizia, tra le altre cose, duecento capre e venti capri, duecento pecore e venti montoni; tra gli Arabi, gli innamorati, solevano incidere questi numeri sui frutti o sui dolci che poi mangiavano insieme, per garantirsi amore eterno. Pitagora, alla domanda su cosa fosse un amico, rispondeva: “Uno che sia l’altro io, come sono 220 e 284”. Nel Medioevo, un patto di amicizia fra due persone veniva siglato con i due numeri, 220 e 284: uno dei due amici portava inciso su un medaglione il numero 220 e l’altro portava inciso il 284.
 
220 + 284 = 505 = 7 × 8 × 9
 
I Babilonesi erano molto interessati al prodotto di tre numeri consecutivi, tanto da costruire delle Tavole al riguardo. Si può vedere che, in una coppia di numeri amici, ognuno ha il potere di generare l’altro, e dunque possono ben rappresentare l'armonia, l’amicizia e l’amore.
 
I numeri amicabili sono rari, la prima coppia di amici è costituita dai numeri 220 e 284, quelle successive sono: 1184–1210, 5020–5564 ...  Poiché ciascun numero è somma delle parti proprie dell’altro vuol dire che i due, sono parte uno dell’altro, sono quindi come amici fraterni. Ibn Khaldun, vissuto dal 1331 al 1406, scrisse: «Persone che si occupano di magia assicurano che questi numeri hanno una particolare influenza nello stabilire unione e amicizia fra due individui. [...] Essi stabiliscano un legame così forte fra due persone che esse non possono essere più separate. L’autore di Ghaïa e di altri capolavori in quest’arte dichiara che ciò è stato confermato dalla loro esperienza personale.»
 
 
NUMERI POLIGONALI
 
“Prima dei numeri matematici ci sono i numeri semoventi; prima delle cifre apparenti ci sono le cifre vitali; prima dei mondi materiali vi è il Potere Creatore che produsse i Cerchi invisibili[1].
 
Per i Pitagorici esistono innanzi tutto esistono i numeri lineari, formati da una sequenza di punti allineati. Tipicamente erano così rappresentati i numeri primi, che non sono formati dal prodotto di altri numeri, come ad esempio il numero 5.
Figura 1. numeri lineari    

Altri numeri ottenibili come prodotti di numeri più piccoli, potevano essere rappresentati da figure piane o solide, e allora si chiamavano numeri piani e numeri solidi.
 
Esistono invece infiniti sviluppi superficiali di numeri e infiniti sviluppi solidi.
 
I numeri piani potevano risultare, oltre che da prodotto anche dalla somma di numeri più piccoli, in modo da rappresentare spazialmente delle progressioni aritmetiche. Questi numeri si chiamano anche numeri poligonali. I numeri poligonali si ottengono come somme di successioni o progressioni aritmetiche, partendo dall’Unità il generatore di tutti i numeri.
 
     
  1. Successione: 1, 1, 1, 1, 1 ...                 somma:   1, 2, 3, 4, 5,      ... serie dei numeri naturali
  2. Successione: 1, 2, 3, 4, 5 ...    (+1)      somma:   1, 3,  6, 10, 15, ... serie dei numeri triangolari
  3. Successione: 1, 3, 5, 7, 9 ..     (+2)      somma: 1, 4, 9, 16, 25,   .... serie dei numeri quadrati
  4. successione: 1, 4, 7, 10, 13 ..  (+3)      somma: 1, 5, 12, 22, 35, ... serie dei numeri pentagonali
  5. successione: 1, 5, 9, 13, 17 ..  (+4)      somma: 1, 6, 15, 28, 45, ... serie dei numeri esagonali
  6. ………………………                        (+n-1)               …….                            serie dei numeri n-gonali
 
I numeri poligonali, non solo corrispondono a forme geometriche molto regolari, ma hanno anche un importante ruolo nell’insieme dei numeri interi: i Pitagorici l’avevano scoperto, e ne erano rimasti affascinati.
Per esempio un numero pentagonale quinto rango di un generico ordine “n” risulta la somma di un numero Triangolare di ordine inferiore di un’unità e di un numero Quadrato dello stesso ordine “n”.
Diofanto di Alessandria (III-IV secolo d.C.), celebre soprattutto per le equazioni in cui si cerchino soltanto soluzioni intere, scrisse  un intero trattato sui numeri poligonali. Michele Psello (1018 e 1078) professore di filosofia a Costantinopoli e ardente pitagorico, in Theologica dichiara di custodire un segreto pitagorico e pare attribuire una scoperta aritmetica di Diofanto a Pitagora.

[1] Proclo,capo della Scuola di Atene del V secolo.
 
 
NUMERI TRIANGOLARI
 
Il numero Tre è l’armonia che comprende e sintetizza due opposti. L’Unità nella diversità simboleggiata dal numero Tre non si ottiene sbarazzarsi della Dualità, l’entità che ha causato la discordia, e ripristinando l’Unità simboleggiata dal numero Uno. Il Tre fonde i Due per creare una nuova entità, che include armoniosamente entrambi gli opposti. Il Triangolo è il principio della generazione, per i Pitagorici, il Triangolo rappresentava l’atomo. Nel Timeo, gli oggetti del sensibile sono formati da Triangoli che si compongono in figure geometriche.
 
La monade, l’Uno, che è potenzialmente Trino, è il Primo numero triangolare, che si riflette nel Due, la Materia, e insieme formano, il Triangolo visibile, il primo atomo, il Tre, il secondo numero triangolare. Il secondo numero triangolare, (1+2) il Tre, si riflette generando altri tre punti con cui si combina per formare il Terzo numero triangolare, un triangolo di valore Sei (3+3), un atomo con maggior massa (6+4) e così via. È evidente che l’n-esimo numero triangolare è la somma dei primi n numeri interi positivi.
 
Questo sviluppo geometrico del primo triangolo rispetto ad uno dei tre vertici preso come centro di omotetia[1], ci dà così in sequenza i numeri triangolari. Se il triangolare tre ha la forma di un triangolo equilatero, procedendo con lo sviluppo omotetico, anche gli altri numeri triangolari hanno forma regolare, e precisamente si conserva nello svi-luppo la similitudine della forma. Si chiama gnomone triangolare la base che si aggiunge per passare da un triangolare al triangolare consecutivo. La figura mostra la serie di gnomoni triangolari in colore rosso.
 
Figura 1. I Primi Sei numeri triangolari
 
1 + 2 + 3 + 4 + ××× + n = Dn
 
In altri termini: la somma dei primi n numeri naturali è uguale all’n-esimo numero triangolare.

         
Il matematico Paolo Zellini in un suo libro Gnomon, riporta tutto l’inizio della matematica allo gnomone, basandosi su un frammento di Filolao, discepolo diretto di Pitagora:
 
Ora però questo (numero), mettendo in armonia nell’anima tutte le cose, le rende conoscibili e le avvicina in un reciproco accordo secondo la natura dello gnomone, col dare corpo e col distinguere i rapporti delle cose, sia nell’infinito sia nel finito.
 
Filolao, attraverso i libri da lui scritti sulla dottrina pitagorica divenne indirettamente  Maestro di Platone, infatti quanto affermato da Filolao si riflette nel Timeo quando Platone descrive i due princìpi della costruzione del mondo, il Medesimo e l’Altro.
 
Il numero confrontato con la sensazione e con l’anima è il punto d’incontro tra il conosciuto e il conoscente, ed è anche il mezzo per rendere conoscibili le cose e avvicinarle l’una all’altra, stabilendo fra loro un’amicizia o un accordo reciproco. Il numero va pensato in conformità alla natura dello gnomone. Si può quindi far risalire a Pitagora per tramite di Filolao, l’associazione di un atto della matematica con la possibilità di comprendere il diverso e armonizzarci con esso. La scoperta dell’invarianza e del mutamento, e l’adesione dell’anima all’esperienza del simile dovevano costituire per la filosofia pitagorica, un principio di armonia di coesione contro lo smembramento e la dispersione nell’Altro, Pitagora e Filolao ritenevano appunto che l’anima è armonia, composizione e fusione di elementi contrapposti[2].
 
 
NUMERI QUADRATI
 
 
Tra i numeri piani poligonali sono di particolare interesse i numeri quadrati. Il Numero Quadrato modernamente è visto come un numero moltiplicato per se stesso cioè elevato alla seconda potenza.
         

       
Per i Pitagorici era diverso, i numeri quadratici si ottengono mediante l’aggiunta di gnomoni che sono i numeri dispari consecutivi, e siccome nel crescere conservano la similitudine della forma per i Pitagorici conservano in qualche modo il carattere superiore dei numeri dispari. La progressione aritmetica dei numeri dispari è quella di ragione di 2, cioè: 1, 1+2, 3+2, 5+2, … le cui somme parziali corrispondono a una successione di quadrati: 1+3=4, 1+3+5=9, 1+3+5+7=16 ...
       
 
Tutti i numeri quadrati derivano dal regolare aumento dei numeri dispari: 1 + 3 + 5 + 7 + ××× + (2n-1) = Qn. In altre parole: la somma dei primi n numeri dispari è uguale all’n-esimo numero quadrato.
 
È interessante notare che se disponiamo la successione di numeri dispari in modo triangolare, la somma per ottenere i numeri quadrati va fatta in verticale. Un numero quadrato di rango N è dato dalla somma di due numeri triangolari di rango inferiore più il rango stesso: Qn = 2Tn-1 + N.                            
Figura 2. Triangolo dei numeri dispari generatore numeri quadrati
 
 
Le linee orizzontali rappresentano i numeri dispari 1, 3, 5, 7, … Togliendo la linea mediana rossa si ottengono, sempre in senso orizzontale, i numeri pari 2, 4, 6, … Un numero dispari risulta dalla somma di due numeri pari uguali sommati all’unità.
 
Passando ai Numeri Quadrati, dalla figura risulta che lo gnomone dell’n-esimo quadrato contiene 2n-1 punti. è noto che 2n-1 è l’n-esimo numero dispari.
 
Figura 3. Scomposizione del numero quadrato in due numeri triangolari di rango diverso
 
Una figura quadrata si può scomporre in due triangoli. Un numero quadratico si suddivide sempre in due numeri triangolari consecutivi, ossia la somma di due triangolari consecutivi è uguale ad un quadrato. Il Quadrato è spirituale perché generato dal Numero Uno per crescita fino al numero stesso, per poi decrescere fino all’Uno, ad esempio per il Quadrato di Quattro si ha: 1 + 2 + 3 + 4 + 3 + 2 + 1 = 16. Il numero centrale 4 è la medietà fra progressione e regressione. Il Neopitagorico Theone di Smirne dimostra che i numeri Quadrati sono costruiti sui numeri Triangolari successivi.
 
              QN = DN-1 + DN       1D+2D = 2o   (1+3=4)        2D+3D = 3o  (3 + 6  = 9)      3D+4D = 4o  (6 + 10  = 16)       

 
Plutarco dimostra che ogni numero triangolare, moltiplicato per otto, con l’aggiunta di uno, è uguale a un numero quadrato: 8Dn + 1 = Q2n+1
 
Nicòmaco di Gerasa in Introduzione all’Aritmetica[3], dimostra che qualunque numero poligonale è la somma di del numero poligonale dello stesso rango ma di un ordine inferiore e di un numero triangolare di rango immediatamente inferiore.
 
Si definisce gnomone del quadrato la differenza fra un quadrato e quello che lo precede, in figura appare come una squadra.
 
Figura 4. Gnomone del quadrato
 
Fra Quattro e Uno, lo gnomone è Tre. Fra Nove e Quattro lo gnomone e Cinque, e cosi’ via ottenendo sempre numeri dispari.
 
Uno gnomone, aggiunto a qualsiasi entità, numero o figura, rende il tutto simile all’entità cui è stato aggiunto. Il conosciuto è compreso afferrato o abbracciato dal cosciente, allo stesso modo in cui un quadrato è abbracciato dal suo gnomone.
 
Lo gnomone appartenente al Triangolo ha un solo lato, lo gnomone appartenente al Quadrato si incrementa di una unità e ha due lati, lo gnomone appartenente al pentagono avrà trer lati e così via. Il numero cresce a cominciare dall’Uno, in forme geometriche attraverso costruzioni presuppongono l’uso dello gnomone.
 
Nella crescita la forma resta invariata, cambia solo la sua dimensione. Nel mondo quadratico della forma, la somma dei quadrati dei primi Cinque numeri, vale:
 
                                           12 + 22 + 32 + 42+ 52 = 55
 
Il Decimo numero triangolare che per il Tao Te King dell’antica Cina, è la somma dei numeri del Cielo e della Terra.
 
 
NUMERI RETTANGOLARI
 
Un numero quadrato è raffigurato con un rettangolo con lati o punti uguali. Un numero rettangolare promeco ha un lato con almeno due punti in più rispetto l’altro lato. Un numero rettangolare eteromeco ha un solo punto in più in uno dei suoi lati. Come nella classificazione ternaria pitagorica, tra l’Unità ed il numero vi è solo il Due, analogamente nella classificazione dei numeri rettangolari tra il quadrato ed il promeco vi è solo l’eteromeco.
 
Monade e Diade sono i principi fondamentali del Medesimo e dell’Altro. La Monade è per causa dell’Identico, poiché moltiplicata per se stessa, rimane tale e quale, e anche moltiplicata per altri numeri, li conserva allo stato di partenza. Nella Diade al contrario si vede per la prima volta la diversità, poiché essa divisa, si scinde in due unità e moltiplicata per se stessa o per altri numeri, dà luogo ad altri numeri ancora.
 
Tale scarto fra la Monade e la Diade è lo scarto che esiste fra numeri quadrati e numeri eteromechi, poiché nei primi abbiamo la moltiplicazione di due numeri uguali, mentre nei secondi abbiamo la moltiplicazione di numeri che si differenziano fra loro di uno scarto minimo, ossia di un’unità. Si espongano, infatti, i numeri dispari da 1 e in un’altra fila i pari da 2: se si sommano i dispari fra loro, si otterranno tutti i quadrati di seguito, mentre se si sommano tutti i pari fra loro, si otterranno tutti gli eteromechi in sequenza. L’unità, infatti, è non a caso terminale di tutti i numeri dispari, mentre la diade è terminale di tutti i numeri pari[4].
 
Per ottenere un numero quadrato basta sommare i numeri dispari consecutivi partendo dalla Monade, dall’Uno: 1 + 3 = 4; 1 + 3 + 5 = 9 … Per ottenere un numero rettangolare basta sommare i numeri pari consecutivi partendo dalla Diade dal Due: 2+4; 2+4+6 …
 
Mentre i numeri quadrati sono simili, il rapporto fra i due lati è sempre uguale all’unità, e pertanto riportano all’identità e alla permanenza nel divenire, i numeri rettangolari producono tipicamente qualcosa d’altro, i rapporti tra il lato minore e il lato maggiore sono diversi fra loro.
 
Quindi nel Quadrato identità costante, nel Rettangolo varietà senza fine.
     
  • Per i Pitagorici il Quadrato è in relazione con l’Uno, la Monade, mentre il Rettangolo è in relazione con la Diade.
  • Il Rettangolo rappresenta il Mutamento, la  Dynamis, la legge del divenire.
  • I Pitagorici distinguevano due categorie di numeri rettangolari:
1.  Numeri eteromechi, quando un lato conteneva una sola unità in più del successivo.
2.  Numeri promechi, quando la differenza dei lati era maggiore di uno.
 
[1] Omotetia (composto dai termini greci omos, simile e tìthemi, metto) è una particolare trasformazione geometrica del piano o dello spazio, che dilata o contrae gli oggetti, mantenendo invariati gli angoli, cioè la forma.
[2] Paolo Zellini, Gnomon
[3] Tra gli scrittori romani che trattarono di Aritmetica ricordiamo: Terenzio Varrone, contemporaneo di Archimede, Vitruvio, Plinio e Seneca. Dopo gli ultimi due, che vissero nel I secolo d.C., occorre arrivare al V secolo per incontrare una figura degna di rilievo come, appunto, Severino Boezio. Questo letterato latino, che pare avesse compiuto i suoi studi in Atene, visse in Italia ai tempi di Teodorico, re degli Ostrogoti. Gli va riconosciuto il merito di aver raccolto l’eredità di Pitagora  e di Euclide nei suoi saggi.
[4] Giovanni Filopono Introduzione Aritmetica di Nicòmaco di Gerasa, II 56. Il Commentario di Giovanni Filopono si inquadra all’interno dell’attività di studio del centro Neoplatonico di Alessandria fra il V e il VI secolo, in seguito ad un corso tenuto dal maestro della scuola il grande Ammonio Sacca.
NUMERI ETEROMECHI
 
Si disegnano le somme dei successivi pari: 2+4; 2+4+6; 2+4+6+8, si ottengono così numeri rettangolari 2x1, 3x2, 4x3, 5x4 ….
 
Figura 1. Numeri pari eteromechi
 
 
Si tratta di rettangoli in cui il rapporto dei lati n/(n+1) non è costante al variare di n, tale rapporto tende però a 1 al tendere all’infinito del numero n di iterazioni. I numeri eteromechi risultano anche essere il prodotto di due numeri interi consecutivi. Questi numeri hanno sempre forma differente, perché due numeri eteromechi come n(n+1) ed m(m+1) non possono avere i lati dell’uno proporzionali a quelli dell’altro.
 
  • Lo Gnomone che determina l’accrescimento non è più una squadra con un numero dispari di punti, bensì una squadra con un numero pari, la legge è quella della materia della differenziazione del divenire.
 
  • Infine, il numero rettangolare eteromeco risulta scomposto in due triangoli uguali: la Polarità.
 
Figura 2. Gnomone Numeri eteromechi
 
NUMERI RETTANGOLARI PROMECHI
 
Un numero rettangolare era chiamato promeco o oblungo se la differenza tra i punti di un lato e quello consecutivo era maggiore di uno. Il numero rettangolare 15 è promeco perché 3x5 e 5 supera 3 di due unità. Il terzo numero della decade che si ottiene mediante la moltiplicazione è il numero otto. Esso è un numero promeco perché 8=2x4, ma nello spazio è il primo numero cubico, come il 4 era nel piano il primo quadrato.
 
NUMERI RETTANGOLARI NUZIALI
 
Platone nella Repubblica parla di numero nuziale che nasce dal prodotto di due numeri, dice che due genitori buoni (numeri dispari) generano figli assolutamente buoni. Se poi si fa una moltiplicazione o, come si potrebbe dire un matrimonio fra un numero pari e un numero dispari, nascono dissimili e della natura del diverso sia che i generanti differiscono di un’unità (eteromechi), o di un numero maggiore (promechi). Due genitori misti (numeri dispari e pari) non generano mai figli buoni. I genitori dispari generano i quadrati con angoli e lati simili, i genitori diversi generano gli eteromechi, i dissimili. Se moltiplichiamo fra loro dei quadrati, nascono ancora dei quadrati, se moltiplichiamo degli eteromechi, il risultato sono numeri eteromechi o promechi. Se moltiplichiamo fra loro dei misti, non nascono quadrati ma numeri eterogenei. Platone afferma che occorre imparare quale sia l’accoppiamento armonico e più connaturale dell’una e dell’altra specie di numeri, cioè dei quadrati e degli eteromechi che sono di natura opposta. Se si mescoleranno matrimoni alla rinfusa, poi nasceranno cattivi figli che saranno principio di discordia e di divisione nell’intera Repubblica.
 
Giamblico[1] suggerisce che per imparare quale sia l’accoppiamento armonico e più connaturale dell’una e dell’altra specie di numeri, cioè di quadrati e di eteromechi che sono di natura opposta, bisogna esporre in due file parallele ciascuno di essi.
         

 
  • Si osservi come il primo numero della seconda fila, quella degli eteromechi sia rispetto alla prima 2=2x1, il doppio, un’ottava in termini armonici.
  • Il raffronto fra i secondi numeri mostra il rapporto derivante dalla base del primo epimorio, o emiolio: 6=(1+1/2)x4.
 
Ricordiamo che seconda del numero posto al denominatore della frazione l’epimorio può essere:
emiolio (1+1/2=3/2), epitrito (1+1/3=4/3), epiquarto (1+1/ =5/4), epiquinto (1+1/5=6/5)
 
  • Il raffronto fra i terzi numeri mostra il rapporto derivante dalla base del secondo epimorio o epitrito: 12=(1+1/3)x9.
  • Il raffronto fra i quarti numeri mostra il rapporto derivante dalla base del terzo epimorio o epiquarto: 20=(1+1/4)x16.
  • La differenza fra le due serie rappresenta una serie lineare da 1, infatti: 2-1=1; 6-4=2; 9-12=3; 16-20= 4 ….
  • Viceversa se le differenze si eseguono all’interno delle serie, si ottengono:
1  La serie dei numeri dispari da tre: 4-1=3; 9-4=5; 16-9=7
2. La serie dei numeri pari da quattro: 6-2=4; 12-6=6; 20-12=8
  • Ciascuna differenza tra numeri dissimili presi a coppie rispetto alle coppie dei numeri simili, conterrà un rapporto epimorio dispari, epitriti, epiquinti, episettimi:
                   
  • Se sommiamo il primo simile a due volte il dissimile sotto di esso e il secondo simile, il risultato è simile.
1 + 2x2 + 4 = 9
 o  È simile anche quello che risulta dalla somma del terzo simile, di due volte il dissimile sotto di esso e del quarto simile.
9 + 2x12 + 16 = 49
o  E facendo sempre così, in modo che la somma successiva cominci con la fine del precedente, avremo risultati tutti simili.
  • Se viceversa iniziamo dai dissimili, ponendo come estremi essi stessi e come medi i simili di ciascuna coppia, i risultati saranno tutti della natura del diverso.
2 + 2x1 + 6 = 10
o Se invece non intercaliamo i simili dello stesso ordine dei dissimili, ma sempre i successivi, facendo così che gli estremi siano gli stessi dissimili, allora avremo risultati tutti simili, tutti pari, perché ogni dispari moltiplicato per due diventa un pari.
 
               2 + 2x4 + 6 = 16     6 + 2x9 + 12 = 36     12 + 2x16 + 20 = 64
La combinazione di questi numeri considerati in sé come gnomoni, mostra alcuni rapporti bene ordinati.
Ancora ciascun simile sommato a un dissimile che occupa lo stesso posto farà un numero triangolare: 3, 10, 21, 36, 55 … lasciando però fuori della proporzione i numeri triangolari 6, 15, 28, 45, …
Se facciamo le somme intrecciando il primo dissimile con il secondo simile, il secondo dissimile, con il terzo simile ecc. si ottengono i numeri triangolari mancanti: (1+2)=3; (4+6)=10; (9+12)=21 …
Confrontiamo i tre numeri 2, 4, 6 essi differiscono tra loro per la stessa quantità cioè due. Differiscono nella qualità dei rapporti, 4 è il doppio di 2, invece 6 è emiolio di 4, infatti, 6=(1+1/2)x4.
Confrontiamo i tre numeri 6, 9, 12. Il 6 confrontato col simile successivo 9, non differirà per qualità perché manterrà lo steso rapporto di emiolio, infatti 9=(1+1/2)x6. Mentre differirà per quantità cioè 3. Il 9 a sua volta confrontato col 6, ma anche col 12, differirà per qualità di rapporti, se è vero che emiolio del primo e sotto-epitrite del secondo, ma non per quantità di differenza cioè 3.
In generale i tre termini precedenti se differiscono per quantità, saranno uguali per qualità di rapporti e viceversa. Giamblico suggerisce:
 
E potrà scoprire altre cose eleganti chi concentrerà la sua attenzione sul diagramma e cercherà di esaminare sempre la relazione armonica fra due potenze (rapporti) contrarie, cioè tra l’identità e l’alterità, che si rivelano nell’esposizione dei quadrati e degli eteromechi.[2]
 
 
IL DOPPIO LAMBA - LA TABELLA MISTERICA PITAGORICA
 
Severino Boezio in Ars Geometrica composto nel sesto secolo basato sugli scritti di Nicòmaco di Gerasa, scrive che i discepoli di Pitagora, per non fare errori di calcolo nella moltiplicazione e nella divisione si servivano di una figura particolare alla quale diedero il nome di tavola o mensa pitagorica in onore di Pitagora, il loro Maestro. Questa tabella quadrata era orientata in modo da formare un rombo, i cui assi sono una L da cui il nome lambda (λ, L). Secondo Nicòmaco da Gerasa, il Lambda, chiamato in seguito Lambdoma da Albert von Thimus, era utilizzato dai Pitagorici.
 
Giamblico in Introduzione all’Aritmetica di Nicòmaco 13, 14, scrive: “L’1 per natura indivisibile, apparirà limite e determinazione in ambedue le forme della quantità; nel quanto grande[3], perché dall’1 come intero abbia inizio la divisione all’infinito, nel quanto[4]Dall’1 come intero nascono la metà, poi, il terzo, il quarto, il quinto … ma in progressione inversa all’aumento dei loro nomi [5] …. Per prima cosa, prendiamo l’unità e tracciamo da un suo angolo una figura in forma di lambda e riempiamone un lato con i numeri adiacenti all’unità, proseguendo poi per quanto si desidera, per esempio 2, 3, 4, 5, 6, 7 ecc. Riempiamo poi l’altro lato, cominciando dalla maggiore delle parti più prossime, cioè 1/2 che segue in grandezza l’intero, e le parti seguenti, cioè 1/3, 1/4, 1/5, 1/6, 1/7, ecc. E allora vedremo la suddetta correlazione e una tale naturale articolazione e relazione ben ordinata”. Dal vertice di tale diagramma, i Neopitagorici avevano tracciato su una sua coordinata la successione dei numeri interi (1, 2, 3, 4, 5, … n/1) e sull’altra coordinata la successione dei corrispondenti numeri reciproci (1/1, 1/2, 1/3, 1/4, 1/5, … 1/n).
 1/1
 
                                      1/2  2/2  2/1
 
                                1/3        3/3         3/1
 
                          1/4               4/4                   4/1
 
                    1/5                      5/5                         5/1
 
             1/n                            n/n                                  n/1
 
Figura 3. Il Lambda secondo Giamblico
Il quanto discreto, il numero naturale, dà origine a due scienze: l’aritmetica che si occupa del numero privo di relazione e la musica che si occupa invece di quello in relazione. Con altri numeri. Il quanto che è in rapporto ad altro dà origine alla musica: la musica, infatti, è lo studio teorico dei rapporti multipli ed epimori (3/2, 4/3, 5/4 …), ad esempio quello epitrite, quello emiolio, quello doppio, avendo queste corde estreme una certa relazione fra loro.
 
Se non esistesse il numero, come potrebbero esserci i rapporti musicali, cioè il rapporto di quarta, di quinta, di ottava o di doppia ottava? Infatti, l’accordo di quinta 3/2 ha un rapporto emiolio (1+1/2), quello di quarta 4/3 un rapporto epitrite (1+1/4), quello di ottava un rapporto doppio, quello di ottava e insieme di quinta un rapporto triplo, quello di doppia ottava, che è il più perfetto, un rapporto quadruplo; tutte queste cose sono proprie dei numeri. Infatti, il 3 è emiolio di 2, perche il 3 contiene il 2 più 1/2 di 2; il 4 e epitrite di 3, perche il 4 contiene il 3 più 1/3 di 3; il 6 e triplo di 2; il 4 è doppio di 2 e l’8 ne è il quadruplo; infatti il 3 sta a 2 in rapporto emiolio, il 4 sta a 3 in rapporto epitrite, gli estremi in rapporto doppio, come 4 sta a 2, questa armonia la chiamano di ottava; e di certo se le corde stanno in tale rapporto, come 2 sta a 4 e 4 sta a 8, l’8 che dunque e quadruplo di 2, poiché composto da due doppi, si chiama invece doppia ottava: nella musica invero il rapporto più perfetto è quello di doppia ottava. I rapporti fra le corde, infatti, non aumentano all’infinito, cosi come i numeri, perché l’eccessiva tensione causa delle rotture e ancora non bisogna neanche diminuire la tensione di molto, perché l’eccessivo rilassamento non fa suonare le corde[6].
 
Giamblico spiega come occorre fare i calcoli: “Dopo che l’intero è diviso in due, prende il nome di ½, e così ½ è accoppiato a 2 …”. Il prodotto di ogni coppia di numeri ai lati del lambda λ, come per esempio la prima coppia 2x1/2=1, ricostituisce l’unità e così via per le altre coppie nx1/n, prodotto espresso nella generica forma n/n. La fila n/1 (destra) tende all’infinito ∞/1, va verso l’Illimitato. La fila 1/n (sinistra) volge al limite 1/∞=0 va verso l’infinitesimo. La fila n/n (centrale) resta fedele all’Uno. Infinito n/1, e infinitesimo 1/n, come inversi, trovano equilibrio nell’Unità n/n situata nella diagonale centrale, immagine dell’Asse del Mondo.
 
Albert von Thimus[7], al quale dobbiamo la ricostruzione della Tavola pitagorica o Lambdoma come lui la definisce seguendo Giamblico, ricostruisce la tabella interpretando in modo corretto i punti trascurati dalla ricerca pitagorica commentata da Giamblico. Von Thimus, comunque, era convinto che quanto scritto da Giamblico fosse soltanto uno schema indicativo, o exoterico, come era d’obbligo in tutti gli argomenti misterici. Per ricostruire il Lambdoma esoterico nella sua interezza, lo studioso tedesco divise prima in due metà l’angolo formato dai bracci, riportando poi sulla linea mediana divisoria le frazioni risultanti dalla moltiplicazione dei numeri corrispondenti dei bracci medesimi. Da un lato si ha a progressione aritmetica 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 …, in cui la differenza tra termini successivi è costante. In termini di armonica questa è la serie degli ipertoni. Dall’altro lato la serie inversa: 1/1, 1/2, 1/3, 1/4, 1/5, 1/6, 1/7, 1/8 … In termini di armonica questa è la serie dei sottotoni.
 
Il Lambda o Lambdoma è in realtà metà di una doppia Tavola Pitagorica, di cui si conosce solo la Tabella di Moltiplicazione dei Pitagorici[8]. La doppia tavola è composta da una tabella con numeri interi, e una seconda tabella con frazioni. Una Doppia Tavola, una sorta di doppio libro dei numeri misterico, come il Petroma[9] degli Iniziati.
 
La prima tabella è quella dei prodotti di numeri interi, cioè quella dei numeri rettangolari. I prodotti delle coppie dei numeri uguali sono numeri quadrati che crescono all’infinito 1, 4, 9, 16 … visualizzati nella diagonale che taglia a metà la tabella. Le altre caselle della tavola sono riempite eseguendo il prodotto di tutti i numeri sui due assi; l’operazione inversa, la divisione si fa partendo dal numero interno, su un asse il divisore, sull’altro asse il risultato. I numeri rettangolari adiacenti alla diagonale centrale 2x3, 4x5, 5x6 … sono numeri eteromechi, tutti gli altri sono numeri promechi.
 
La seconda tabella, quella del Lambdoma, è quella dei prodotti di un numero intero per l’inverso di un numero intero, il cui risultato è un numero frazionario; il prodotto delle coppie degli stessi numeri interi e inversi (2x1/2, 3x1/3, 4x1/4 …) dà come risultati l’unità, visualizzati nella diagonale che taglia a metà la tabella.
 
L’1 si comporta come una specie di giuntura per il quanto e per il quanto grande. Si è inserito lo Zero che come conferma Giamblico era conosciuto e utilizzato nei calcoli dai Pitagorici. Nel Lambdoma l’Unità, il numero Uno, è espresso come 1/1; “al di là” dell’Uno, si ha lo Zero metafisico, lo 0/0.
         

 
Figura 4. Le Due Tavole dei prodotti
Von Thimus e poi Hans Kaiser hanno considerato solo il lambda, la tavola quadrata che esprime i rapporti tra numeri interi, visti come rapporti di corda, cioè la tavola dei numeri armonici. Sappiamo che i quadrati sono due, il primo è la tavola di moltiplicazione pitagorica, da tutti conosciuta come tabella pitagorica. Questa tabella esprime per successivi prodotti la crescita dei numeri, l’espansione della creazione. il secondo quadrato o chiamato da Von Thimus, Lamdoma, esprime i rapporti di corda, le frequenze dei suoni che accompagnano la creazione. Tra i numeri delle due tavole vi è una corrispondenza che Nicòmaco avrebbe chiamato teologica aritmetica, io preferisco dire di insegnamento misterico.
 
In questa trattazione non si considerano i valori della scala musicale naturale ma solo quelli della primitiva scala pitagorica. Considerando solo le sette note musicali ottenibili con il Tetracordo di Filolao tramite la legge di quinta, cioè il SOL, si ottengono le sette note della scala pitagorica diatonica[10], esprimibili con i seguenti rapporti di corda: DO(1/1) , RE(8/9), MI(64/81), FA(3/4), SOL(2/3), LA(16/27), SI(128/243), DO’(1/2). È importante far notare che le note della scala pitagorica contengono rapporti con sole potenze del 2 e del 3, cioè del principio dei numeri Pari e del primo numero Dispari.
 
  • I numeri 2, 3, 4 della Tetractis generano il SOL (2/3) e il FA (3/4);
  • I numeri 8, 9  (23 e 33) all’interno della Decade generano il RE o Tono (8/9);
  • I numeri (multipli di 2 e di 3) che al di fuori della Decade generano il LA (16/27), il MI (64/81) e il SI (128/243).
 
Il SOL rapporto 2/3 ha come suo corrispondente il prodotto            2x3=6
Il FA rapporto 3/4 ha come suo corrispondente il prodotto              3x4=12
Il RE rapporto 8/9 ha come suo corrispondente il prodotto              8x9=72
Il LA rapporto 16/27 ha come suo corrispondente il prodotto          16x27=432
Il MI rapporto 64/81 ha come suo corrispondente il prodotto          64x81=5184
Il SI rapporto 128/243 ha come suo corrispondente il prodotto       128x243=31104
 
Il rapporto 2/3 il SOL corrisponde al numero 6, il numero perfetto per eccellenza. Il numero Sei per natura dà forma alla materia priva di forma, di dare forma stabile all’anima e generare in essa la sua natura, donde il suo nome Esade, di principio di vita. Il numero 6 indica il macrocosmo, e i tre assi polarizzati dello spazio tridimensionale, è l’inizio della creazione del cosmo. La somma dei numeri corrispondenti alla parola greca cosmos è 600.
 
Il rapporto ¾ il FA della Natura corrisponde al numero 12, Dodici sono le facce pentagonali del Dodecaedro che simboleggia il Cosmo con i suoi Dodici segni Zodiacali. Il numero 6 polarizzandosi diviene 12: Il ciclo di 12 periodi o trasformazioni è diviso in due semiperiodi di Sei tempi 6x2 = 12. Vi sono 12 Ore durante il Giorno e nelle quali si compie la Creazione.[11] Dodici ore di attività per il Giorno, Dodici ore di riposo per la Notte, ognuna divisa in due gruppi di Sei. Alla divisione duodecimale dell’anno è connessa quella del giorno e quella dello zodiaco. Il Sole, dice Pitagora, esercita sul mondo la sua arte di calcolatore e geometra così: il mondo sensibile, quello di cui stiamo parlando, è uno. Ora il Sole, da quell’abile calcolatore e geometra che è, l’ha diviso in dodici parti.
 
Il RE, il Tono della creazione 8/9 corrisponde al numero 72, questo numero ha più significati, uno riguardante la misura del tempo, l’altro relativo ad un significato mistico, in relazione con la morte e il dolore: è il numero dei congiurati che uccisero pugnalando Osiride, rinchiudendolo nella Bara, precipitandolo nel mare della manifestazione, nel Mondo del creato. È anche il numero mistico delle spine di cui doveva comporsi la corona posta sul capo di Gesù[12].  Il Sole equinoziale impiega 72 anni[13] per spostarsi di un grado e che ogni costellazione zodiacale occupa 30° dell’orizzonte celeste su un totale di 360. La fine del mondo si compie dopo 72 milioni di Maha Yuga, o 100 Anni di Brahma.
 
Il LA rapporto 16/27 corrisponde al numero 432, il numero chiave del ciclo: 432x 60 = 25.920 (il Grande Anno platonico). Il 72 è ottenibile moltiplicando 12 per 6, e il 432 moltiplicando 72 per 6.
 
Il MI rapporto 64/81 ha come suo corrispondente il prodotto 5184 anch’esso in relazione con il tempo ciclico 72x72= 5184 . Ancora il numero del ciclo 432 moltiplicato per 72 dà 5184. Come il numero 72 è la quinta parte del cerchio di 360°, così 5184 è la quinta parte del Grande Anno citato da Platone nel Timeo, cioè 25920/5=5184 anni. La scala pitagorica è stata costruita con la legge di quinta. Scrive R. Skinner: “Jared, il padre di Enoch, è costruito per essere il monte della discesa, e si dice che è lo stesso che Ararat, su cui poggia la struttura cubica di Noè, o la misura fondamentale. Jared in ebraico è י־ךך. Le radici sono le stesse che quelle di Ararat, di acro, di terra. È degno di nota che il figlio di Jared, cioè Enoch, visse 365 anni; e di lui i commentatori rabbinici dicono che il periodo dell’anno di 365 giorni fu scoperto da lui, riportando insieme ancora una volta i valori di tempo e distanza, cioè che la durata dell’anno deriva, per coordinazione, attraverso lo yard, o Jared che era così suo padre,in Enoch, o attraverso di lui; e, infatti, 1296 = yard (o Jared) x 4 = 5184”.
 
Il SI rapporto 128/243 ha come suo corrispondente il prodotto 31104, numero che come i precedenti è un multiplo di 6, infatti: 5184x6=31104.
 
I Pitagorici riconoscevano anche il Lemma 243/256 (o semitono diatonico). Il suo corrispondente prodotto è 243x256=62208, che è dodici volte 5184. Come il cerchio celeste è diviso in 12 settori di 30°, così il ciclo di 62208 anni è suddiviso in 12 settori di 51840 anni. Questo numero è il doppio dell’anno platonico di 25920 anni, perché nel come è stato detto, si hanno Dodici ore di attività per il Giorno, Dodici ore di riposo per la Notte, ognuna divisa in due gruppi di Sei.

[1] Giamblico, Il Numero e il Divino, Introduzione all’Aritmetica, 83 e seguenti.
[2] Giamblico, Il Numero e il Divino, Introduzione all’Aritmetica, 88.
[3] Nel quanto il numero che aumenta è al numeratore, e il denominatore resta uguale a 1, mentre nel quanto grande ad aumentare è il denominatore e il numeratore resta uguale a 1. Quindi, mentre il quanto aumenta, il quanto grande diminuisce.
[4] È la serie che procede in ragione del quanto, cioè 1, 2, 3, 4 , 5 … ∞.
[5] È la serie che procede in ragione del quanto grande, cioè dell’inverso del quanto, cioè 1/1, 1/2, 1/3, 1/4 , 1/5 … 1/∞.
[6] R. Giardina Giovanni Filipono matematico tra Neopitagorismo e Neoplatonismo.
[7] Von Thimus alla fine del diciannovesimo secolo in seguito allo studio delle antiche concezioni pitagoriche, pubblicò nel 1868 un’opera monumentale: “Il simbolismo armonicale del Mondo Antico”.
[8] Leggiamo che l’attribuzione di questa tabella a Pitagora sia dovuta all’errore compiuto da un copista che trascrisse l’Ars Geometrica di Severino Boezio (filosofo vissuto nel 500 dopo Cristo). Egli disegnò una “tavola di moltiplicazione” anziché una “Mensa Pithagorica”, un abaco a scacchiere, lasciando la dicitura “Tabula Pithagorica”. La tavola riportata da Boezio si ferma alla colonna del 9. Che sia denominata Tavola o Tabella non cambia il fatto delle conoscenze matematiche dei Pitagorici.
[9] Durante la cerimonia i Misteri Eleusini, venivano mostrato ai candidati il petroma, una specie di libro formato da due tavolette di pietra (petrai), congiunte da un lato in modo da poterle aprire come un libro.
[10] Per Filolao il criterio di proporzionalità è rigidamente fissato alla teologia pitagorica dei divini rapporti fra i Quattro numeri della Tetractis. Archita di Taranto (428-350 a.C.), modifica la prima scala pitagorica con rapporti più semplici:
1/1 - 8/9 - 4/5 - 3/4 - 2/3 - 3/5 - 8/15 - 1/2. Tale scala è detta naturale.
[11] Talmud, Mishna.
[12] Come i pontefici di Iside, quelli di Mosè dovevano indossare sopra la veste bianca, un’altra (piviale) sopra cui erano attaccati 72 piccoli campanelli d’oro.
[13] In realtà il periodo è di 71,6 anni, ma non sappiamo se la percorrenza dell’orbita si mantiene costante nei millenni, pertanto 72 può essere assunto come valore medio.
NUMERI PENTAGONALI

I Pitagorici rappresentavano nel piano il numero Cinque “5”, mediante i cinque vertici di un pentagono, e tali punti erano chiamati pentagonali, e nello spazio tridimensionale mediante i cinque vertici di una piramide a base quadrata.
FIGURA 1. SUCCESSIONE DI NUMERI PENTAGONALI

Lo gnomone del pentagono (punti di colore rosso) si incrementa di un lato rispetto allo gnomone del quadrato e assume l’aspetto di un vaso che conteniene il numero pentagonale precedente.
 
P1 = 1        P2 = 5 = 4+1                  P3 = 12 = 9+3                   P4 = 22 = 16+6

Qualunque numero poligonale è la somma di del numero poligonale dello stesso rango ma di un ordine inferiore e di un numero triangolare di rango immediatamente inferiore.
 
P4 = Q4 + D3                                                      Pn = Qn + Dn-1
 
1, 4, 9, 16 … n. quadrati (Qn);                     1, 3, 6, 10 … n. triangolari (Dn–1)

FIGURA 2. SCOMPOSIZIONE DI UN NUMERO PENTAGONALE IN NUMERI TRIANGOLARI

  • Il numero pentagonale 4 è formato dal numero quadrato di pari ordine 4 e da un numero triangolare di ordine inferiore 3.
  • Il numero quadrato 4 è formato da un numero triangolare di pari ordine 4 e da uno di ordine inferiore 3.
  • In totale si ha un Triangolo aureo di ordine quattro e due Triangoli aurei di ordine tre, con angoli invertiti rispetto al primo.
La somma di un numero triangolare di pari ordine e di due numeri triangolari precedenti è un numero pentagonale.



NUMERI ESAGONALI

FIGURA 3. SUCCESSIONE DI NUMERI ESAGONALI

Lo gnomone dell’esagono (punti di colore rosso) si incrementa di un lato rispetto allo gnomone del pentagono, assume ancora l’aspetto di un vaso che conteniene il numero esagonale precedente.
 
E1=1              E2= 6  =  5+1                E3= 15 = 12+3                 E4= 28 = 22+6
 
1, 5, 12, 22,        … numeri pentagonali (Pn)      1, 3, 6, … numeri triangolari    (Dn)
 

FIGURA 4. SCOMPOSIZIONE DI UN NUMERO ESAGONALE IN NUMERI TRIANGOLARI
 
E4 = P4 + D3               En = Pn + Dn-1

  • Il quarto numero esagonale è formato dal numero pentagonale di pari ordine 4 e da un numero triangolare di ordine inferiore 3.
  • Il quarto numero pentagonale è formato da un numero triangolare di pari ordine 4 e da due di ordine inferiore 3.
  • In totale si hanno tre triangoli di ordine inferiore tre e uno dei ordine quattro.


Le colonne rappresentano altre progressioni aritmetiche in ragione del numero triangolare della colonna precedente. Esempio colonna 4 ha una progressione del terzo numero triangolare D3 = 6.  Le meraviglie di questa tabella non finiscono. Ad esempio ritroviamo due volte il numero 28 è il 7° numero triangolare e il 4° numero esagonale. Effettuando il prodotto dei ranghi: 7x4 = 28.

NUMERI POLIEDRICI

I Pitagorici, partendo dai numeri  piani e sempre per somme di serie,  costruirono un altro tipo di numeri detti poliedrici o piramidali. La loro costruzione la si ottiene facendo corrispondere ad ogni poligono un poliedro che non è altro che una piramide avente per base il poligono considerato. Le facce della piramide sono tanti triangoli pari al numero dei lati del poligono più uno. Così procedendo al triangolo corrisponderà un tetraedro; al quadrato un pentaedro (piramide a base quadrata); al pentagono, l’esaedro una piramide a base pentagonale e non, come normalmente si intende, il cubo.

NUMERI TETRAEDRICI

Il numero Quattro “4” è il primo numero che ammette anche una rappresentazione geometrica spaziale. Precisamente conducendo la perpendicolare al piano del triangolo equilatero per il suo centro, vi è su di essa un punto che ha dai tre verici del triangolo la distanza uguale al lato; i quattro punti sono i vertici di un tetraedro chiamato piramide dai Greci.
FIGURA 5. TETRAEDRO

… e se quattro triangoli equilateri si compongono insieme, formano per ogni tre angoli piani un angolo solido che viene subito dopo il più ottuso degli angoli piani. E di quattro angoli siffatti si compone la prima specie solida che può dividere l’intera sfera in parti uguali e simili”  .
Questa prima specie solida è il Tetraedro, piramide regolare che ha 4 triangoli equilateri come facce ed è assunto come forma del fuoco. Poiché ogni faccia o superficie è composta di 6 triangoli rettangoli, in totale si hanno 24 triangoli.
Lo gnomone del tetraedro è costituito dal numero triangolare N. Per ottenere il numero tetraedrico si aggiunge allo gnomone il tetraedro precedente: TEN = GN + TEN-1 = DN + TEN-1.
 
Il primo numero tetraedrico è l’Unità “1“, il secondo è Quattro “4” , perché 1 + 3 = 4 e così via.


FIGURA 6. PRIMI TRE NUMERI TETRAEDRICI

Dopo l’Unità, il primo numero che è simultaneamente lineare, triangolare e tetraedrico, e compare quindi nell’irradiazione dell’Unità e nella più semplice forma di manifestazione e concretizzazione dell’Unità, è il numero Dieci.

NUMERI PENTAEDRICI O PIRAMIDALI

Il numero Cinque “5” si può rappresentare in piano mediante i cinque vertici di un Pentagono e nello spazio mediante i cinque punti di una piramide a base quadrata. Lo gnomone del pentaedro è costituito dal numero quadratico QN. Per ottenere il numero pentaedrico PE, si aggiunge allo gnomone il pentaedro precedente PEN = GN + PEN-1= QN + PEN-1. Il primo numero pentaedrico è l’Unità “1“, il secondo è  PEN = QN + PEN-1 =1 + 4 = 5, il terzo è 5 + 9 = 14, e così via.

Ad esempio, il numero Piramidale a base quadrata o Pentaedrico 30, è la somma dei Quadrati 1, 4, 9 e 16.
FIGURA 7. GENESI DEL  QUARTO NUMERO PIRAMIDALE



NUMERI CUBICI

La potenzialità dell’unità si esprime anche nella raffigurazione geometrica dei numeri: l’Unità è in potenza un numero triangolare, quadrato, pentagonale eccetera, ma anche fra i numeri solidi l’Unità è in potenza un numero cubico.
Il numero cubico N3  rappresenta l’espansione volumetrica. L’Unità il primo numero cubico per dualità N = 2 nello spazio tridimensionale genera il numero Otto, 23=8, il Cubo che secondo Platone nel Timeo è il simbolo della materia solida, la Terra. La successione dei numeri cubici è la seguente:


FIGURA 8. NUMERI CUBICI

Ogni cubo può essere espresso come somma di 6 numeri tetraedrici (o piramidali) a base triangolare: n3=TEn+4TEn – 1+TEn – 2.
Ad esempio il quarto numero cubico è formato da 64 unità. Per determinare lo gnomone tridimensionale che permette di passare da un numero cubico al successivo, si utilizza la seguente relazione algebrica. Lo gnomone tridimensionale di N è 6 volte il Numero Triangolare precedente più l’Unità: GN = 6DN-1 + 1
 
N = 2     GN = 6DN-1 + 1 = 6x1 +1 = 7  CN = CN-1 + GN = 7 +1 = 8
 
N = 3     GN = 6DN-1 + 1 = 6x3 +1 = 19  CN = CN-1 + GN = 8 +19 = 27
La potenzialità dell’unità si esprime anche nella raffigurazione geometrica dei numeri: l’Unità è in potenza un numero triangolare, quadrato, pentagonale eccetera, ma anche fra i numeri solidi l’Unità è in potenza un numero cubico.
La somma della successione di n numeri cubici, vale il quadrato del numero n triangolare dello stesso rango:
 
  • 13+23=9=32                       n=2
  • 13+23+33=36=32               n=3
  • 13+23+33+43=100=102     n=4
Nicòmaco di Gerasa scrive che i numeri cubici n3 risultano formati anche per addizione di n numeri dispari in successione:



IL QUARTO NUMERO

 
  • Il Numero Quattro esprime la Divina Misura, la Giustizia Divina, il Quadrato perfetto nello Spazio Astratto.  
  • l Quarto Numero triangolare, rappresenta la Sacra Tetractis, il Primogenito Manifestato, il Dieci.
 
Nello spazio volumetrico a tre dimensioni:
 
  • Il Numero Quattro è il primo numero che ammette anche una rappresentazione geometrica spaziale, il Tetraedro, piramide regolare assunta come forma del fuoco.  
  • Il Quarto Numero Pentaedrico, la Piramide a base quadrata di lato quattro, secondo l’insegnamento dello Gnostico Pitagorico Marco rappresenta la Divinità Manifestata nello spazio formale, il numero 30.
 
  • Il Quarto Numero Cubico, espansione dell’Elemento Terra, rappresentato dal numero 64 che nel Tao Te King cinese rappresenta il numero degli esagrammi. Il numero 64 = 26 rappresenta tutte le combinazioni di linee intere maschili  e spezzate femminili di esagrammi, gruppi di sei linee. Nello spazio i riferimenti sono appunto sei nord-sud; est-ovest, zenit-nadir.  Sessantaquattro è il numero squadrato della Terra, in quanto serve a determinare il campo d’azione: la scacchiera è formata da 64 quadrati: 32 quadrati bianchi e 32 quadrati neri.

ALTRE FORME DI TETRACTIS

Oltre alla Tetractis fondamentale gli antichi consideravano anche altre Tetractis o quaterne o quaderne, e Plutarco ne distingue parecchie.
  • La Tetractis fondamentale o maggiore, è data dalla somma dei primi quattro numeri (sequenza triangolare) 1+2+3+4=10;
  • La Tetractis minore, la somma del secondo gruppo dei quattro numeri contenuti nella Decade cioè 5+6+7+8=26.
Plutarco chiama Mondo la Tetractis Pitagorica composta mediante i primi quattro numeri dispari ed i primi quattro numeri pari, ossia la somma della fondamentale con la minore.
  • (1 + 2) + (3 + 4) + (5 + 6) + (7 + 8) = 36
La somma dei Quattro numeri della “perfettissima” e armonica proporzione che Pitagora avrebbe portato in Grecia da Babilonia, secondo la quale era diviso il Tetracordo 6 + 8 + 9 + 12, sommati all’Unità “1” dà il numero trentasei . Dove il 36 è il quadrato del primo numero perfetto. Osserviamo che il 36 è il primo numero triangolare che sia anche quadrato: e che il 6 è l’unico triangolare il cui quadrato 62=36 sia ancora triangolare.
  • Quella formata dai primi 4 numeri dispari 1 + 3 + 5 + 7 = 16 che è il quadrato del 4;
  • Quella formata dai primi 4 numeri pari 2 + 4 + 6 + 8 = 20 che naturalmente è eguale al doppio della decade.
Plutarco chiama Tetractis Platonica quella composta con i numeri dell’Anima del Mondo di cui la creazione è esposta nel Timeo; la quaterna platonica è formata dalla somma di due quaterne che hanno entrambe per primo termine l’Unità e sono composte poi con le potenze del 2 e del 3, ossia sono:
1, 2, 4, 8 che ha per somma 15 (successione geometrica in ragione di 2);
1, 3, 9, 27. che ha per somma 40 (successione geometrica in ragione di 3)
 
  • Complessivamente per l’Anima del Mondo si ha 15+40=55 che è il decimo numero triangolare.
  • La Tetractis quadratica 12+22+32+42=30;
  • La Tetractis cubica 13+23+33+43=100;
  • La Tetractis fattoriale 1!+ 2!+ 3!+ 4! =1x1+1x2+1x2x3+1x2x3x4=1+2+6+24=33. Nell’insegnamento cristiano Gesù iniziò predicare a 30 anni e a 33 morì crocefisso.
  • La Tetractis somma dei primi quattro numeri primi: 1p+2p+3p+4p=2+3+5+7=17.

 
 
SAPIENZA PITAGORICA ARITHMÒS I  - Il Numero e il Divino pdf
 
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