Lez. 1 - Le Stanze di Dzyan
La Dottrina del Filo d'Oro I Cosmogenesi
La Dottrina del Filo inizia la sua trattazione dalla Cosmogenesi dall’Uno che si manifesta come Tre e poi come due volte Sette, per giungere all’evoluzione umana, per poi rivolgere la sua luce sul sentiero di ritorno verso la Monade. La vita delle Monadi è quella del Primo Logos, l’Eterno Padre. Queste unità sono le scintille, i divini frammenti del Fuoco supremo. La Monade forma l’Individualità, fatta a immagine del Primo Logos, per l’Insegnamento Cristiano, a immagine del Padre Celeste.
Tat Tvam asi, tu sei Quello ... Io e il Padre siamo uno[1].
Poiché i riferimenti alla sapienza Misterica esposta nelle Stanze di Dzyan, sono numerosi, specie per quanto riguarda la Cosmogenesi, è opportuno chiarire la natura di questo Libro emblematico. H.P. Blavatsky sostiene di averlo visto e studiato in una stanza segreta di un monastero a Lhasa, nel Tibet; nel I vol. de La Dottrina Segreta, afferma che le Stanze di Dzyan sarebbero state scritte da lei stessa, interpretando l’antichissimo linguaggio ideografico Senzar di un manoscritto tibetano altrettanto antico, il Libro di Dzyan. Per i detrattori del Libro di Dzyan non è stata fornita alcuna fonte originale né esiste alcuna citazione anteriore alla pubblicazione della Blavatsky. Di là dalle interpretazioni fornite da H.P. Blavatsky, la completa mancanza di riscontri di questo manoscritto originale così come della misteriosa lingua pre-sanscrita in cui sarebbe stato redatto, rende dubbia la sua reale esistenza.
Alla fine del secolo scorso, nel 1888, fu pubblicata in inglese “La Dottrina Segreta ”, per opera di Helena Petrovna Blavatsky. Quest’opera ebbe un’enorme diffusione in tutto il mondo[2]. L’autrice, quando prima scrisse il libro “Iside Svelata”, fece allusione a un libro scritto nell’antica lingua sacerdotale Senzar, un’unica copia esistente su cui furono compilati i più antichi documenti di scienza esoterica. La tradizione afferma che il libro fu trascritto in Senzar, un’antichissima lingua sacerdotale, un cifrario geroglifico, conosciuto e utilizzato ancora oggi da certe confraternite mistiche occulte. Il libro custodito segretamente in Himalaya, tanto antico che i moderni antiquari non riuscirebbero mai a mettersi d’accordo sulla natura del materiale su cui è scritto.
Un manoscritto arcaico - una raccolta di foglie di palma rese inalterabili all’acqua, al fuoco e all’aria mediante qualche processo specifico ignoto – si trova davanti agli occhi dell’autrice.[3]
Questo libro è l’originale da cui compilati i libri ebraici di Siphrah Dzeniutha, il Sepher Yetzirà, il Pentateuco e fra i Caldei Il Libro dei Numeri. Fra gli Egizi i libri di Thoth, in India i Purana, in Tibet i Kiu-ti ecc. Successivamente al Libro dei Numeri Caldeo si è ispirato lo Zohar di Simeon Ben-Jochai. Il Libro dei Numeri dei Caldei, è un’opera rarissima (essendocene forse solo due o tre copie esistenti, e queste sono in mano privata), che contiene tutti i principi insegnati nelle opere dei Cabalisti Ebrei, ma nessuno dei loro adattamenti.
Figura 1 Helena Petrovna Blavatsky
Il Libro di Dzyan – dalla parola sanscrita “Dhyan” (meditazione mistica - è il primo volume dei Commentari sui sette fogli segreti del Kiu-te, e un glossario delle opere pubbliche dello stesso nome. Trentacinque volumi del Kiu-te per scopi essoterici e a uso dei laici si possono trovare in possesso dei Lama tibetani Gelugpa, nella biblioteca di qualsiasi monastero; ed anche 14 volumi di Commentari e Annotazioni sugli stessi, di Istruttori Iniziati.
In senso stretto questi 35 volumi dovrebbero essere denominati “Versione Popolare” della Dottrina Segreta, piena di miti, veli ed errori; i 14 volumi dei Commentari, d‘altra parte – con le loro traduzioni, annotazioni e un ricco glossario di termini occulti ricavati da un piccolo foglio arcaico Il Libro della Sapienza Segreta del Mondo – contengono un sommario di tutte le scienze occulte. Sembra che siano tenuti segreti e a parte, affidati al Teshu Lama di Tji-gad-je [shigatze]. I libri del Kiu-te sono relativamente moderni, essendo stati editi durante l’ultimo millennio, mentre i primi volumi dei Commentari sono d’imprecisabile antichità, conservandosene frammenti dei rotoli originali. Salvo l’eccezione della spiegazione e della correzione di certi racconti troppo fantasiosi e palesemente grossolanamente esagerati, nei libri del Kiu-te – propriamente detti – i Commentari hanno con essi poco a che fare. Sono in rapporto con essi come la Cabala caldeo-giudaica lo è rispetto ai libri di Mosè[5].
Il Canone Sacro dei Tibetani, il Kah-gyur [Kanjur] e il Bstan-hgyur [Tanjur], comprende 1.707 opere distinte: 1.083 pubbliche, 624 gTer-chos, segrete oppure trasmesse solo oralmente, le prime in 350 e le seconde in 77 volumi in folio. I volumi segreti non potrebbero essere mai capiti neanche da un Tibetano nato, senza la chiave:
- Per i loro speciali caratteri
- Per il loro significato nascosto.
Helena Petrovna Blavatsky, riporta a questo proposito un commento scritto dal Gelung (sacerdote tibetano) Thanang-pa Chhe-go-mo:
Nel nostro sistema segreto ogni descrizione di località è figurativa, ogni nome e parola velati di proposito; e si deve prima studiare il modo di decifrare e poi imparare i termini segreti e i simboli per quasi ogni parola del linguaggio religioso. Il sistema egiziano demotico o ieratico è un gioco da bambini in confronto dei nostri enigmi sacerdotali.[6]
Padma-Sambhava[7] e i suoi discepoli, gli Otto Detentori di Saggezza, nascosero numerosi testi e oggetti di culto segreto, nei templi, nelle rocce, negli alberi e nelle grotte. Questa credenza fa parte dell’Insegnamento della Scuola degli Antichi, gli rNying-ma-pa. I Maestri Tibetani custodi degli Insegnamenti Segreti, tramandati oralmente, affermano che la loro Dottrina risale a un’epoca antichissima, anteriore agli albori della storia del Tibet. Tali maestri attribuiscono l’origine del loro insegnamento a Dordji Tchang, in sanscrito Vajra-Dhara, colui che detiene il Dorji, lo scettro del Fulmine. Vajra-Dhara è il Maestro della Dottrina Segreta, ed è in relazione con Adi-Buddha, la Mente Unica. La tradizione orientale parla di una misteriosa Isola Bianca, Shamballa, identica all’Agartha degli Indù. Quest’isola è considerata come il soggiorno dei Beati, la Terra dei Viventi. Omero la descrive un’isola situata al di la di Ogigia[8], l’ombelico del mondo, circondato secondo Plutarco dal mare di Kronos.
Nel presentare le sette Stanze della Cosmogenesi H.P. Blavatsky precisa: “È quasi superfluo dire che solo una parte delle sette Stanze è presentata in quest’opera; se fossero pubblicate per intero resterebbero incomprensibili a tutti, eccetto che ad alcuni profondi occultisti. E neppure l’autrice, o meglio, l’umile trascrittrice, capirebbe quei passaggi proibiti”.
La signora Blavatsky, la cui colpa è stata quella di attaccare il potere dogmatico del clero del Cattolicesimo. Si scontrò per questo con la critica dei dogmi ortodossi del XIX secolo (sociali, scientifici e religiosi) che dividevano più che unire l’umanità, e forse nessuna donna dell’epoca è stata più ostinatamente messa in cattiva luce, calunniata e diffamata come H.P. Blavatsky. Ancora oggi, persone che non hanno mai letto una riga da lei scritta rimangono fermamente convinti che quelle calunnie fossero appropriate. In ogni caso, bastano le sue idee e i suoi propositi per smentire i suoi detrattori. In vita ha subito un processo dalla Società di Ricerche Psichiche di Londra, in seguito alla vicenda dei coniugi Coulomb legati ai missionari Gesuiti di Madras, mentre in morte è stata descritta dai suoi detrattori come una ciarlatana, un’imbrogliona, e le Stanze di Dzyan come sue invenzioni per giustificare l’importanza del ceppo indoariano, addirittura qualcuno si è spinto a definirla la nera medium di Hitler.
Il dr. D.T. Suzuki dell’università di Oxford e Kioto, specializzato in Buddismo Mahayana affermò: “… indubbiamente M.me Blavatsky è stata iniziata nel lato più profondo del Mahayana e poi rivelò quanto credette opportuno al mondo occidentale come Teosofia”[9]. Lo scrittore e ricercatore russo A. Tomas, nel 1974 scrive nel libro “Mondi senza fine”:
Quando L. Austine Waddell visitò un monastero di Gyantse in Tibet, nel 1903, gli fu mostrata una colossale biblioteca di opere buddiste già note oppure sconosciute agli stessi monaci. Nel 1966 io stesso visitai il monastero di Ghum, presso Darjeeling nell’Himalaya; la cosa più notevole del monastero è un Buddha colossale che porta sulla fronte un enorme diamante delle dimensioni di un uovo. Meno appariscenti ma più interessanti sono forse le centinaia di pergamene e manoscritti antichissimi conservati negli scaffali: di alcuni rotoli Tibetani persino i Lama ignorano la storia e il contenuto. Seppi che alcuni libri di valore erano stati prelevati da lama anziano, verso il 1920, e portati in un rifugio isolato in Tibet “per conservare le gemme dell’antica saggezza”. Questa esperienza personale mi convinse dell’autenticità della scoperta del misterioso Libro di Dzyan per opera di Helena Blavatsky, in Tibet, circa un secolo fa.[10]
Una difesa delle affermazioni della signora Blavatsky si ritrova sull’edizione di Pechino del 1937 della Voce del Silenzio con dedica e prefazione in tibetano del 9° Panchen Lama, la più alta autorità spirituale esoterica del Tibet, che coraggiosamente afferma, contro le opinioni allora prevalenti, la presenza della Blavatsky in Tibet e la bontà dei suoi insegnamenti e delle sue fonti.
Lo scrittore Jacques Bergier nel suo provocatorio volume Les Livres Maudits (I libri maledetti) ed. Mediterranee, si dichiara convinto dell’esistenza di una potente setta di Uomini in Nero che avrebbero avuto attraverso i secoli il compito di rintracciare e distruggere le opere pericolose: i cosiddetti Libri Maledetti. Dunque, afferma lo scrittore, ammesso che il libro delle Stanze esista, non si tratterebbe di un libro normale, sarebbe invece il frutto di una tecnologia superiore il che potrebbe avvalorare l’ipotesi della provenienza extraterrestre. Ma sfortunatamente, esistono solo alcune trascrizioni della Blavatsky e di pochi altri fortunati che avrebbero avuto la possibilità di esaminarlo, ma nessuno è mai riuscito a fornire prove sicure dell’esistenza del volume.
Corrado Malanga del Gruppo StarGate e Alfredo Magenta del Comitato Scientifico del CIFAS in un articolo intitolato “Oltre la Fisica Di Star Trek” (L’Ipotesi di Super Spin) commentano Le Stanze di Dzyan.
“Esiste, infine, un libro, citato per la prima volta da Madame Blavatsky nella sua Dottrina Segreta, che s’intitola Le Stanze di Dzyan. Questo libro, misterioso in quanto non accessibile fisicamente, sempre che esista veramente, descrive in sette stanze la creazione dell’Universo. Il libro di cui si parla dovrebbe esistere in un vecchio monastero tibetano, forse a Lhasa, ma, oltre la Blavatsky , nessuno degli occidentali sembra averlo mai realmente visto. Questo testo non sarebbe un vero libro, costituito da pagine, ma sarebbe composto di due dischi lievemente differenti, i quali, se toccati, fornirebbero immagini cerebrali, che sono state riportate in forma scritta …
Riportiamo, dunque, questo documento, perché, vero o falso che sia, contiene un’accurata descrizione della SSH (L’Ipotesi di Super Spin). Possiamo quindi dire che, al di là dell’approccio matematico-geometrico della SSH, al di là dei supporti bibliografici che possono più o meno sostenere la nostra ipotesi, esisterebbero, dunque, nello spazio e nel tempo, molte persone che, sebbene dotate di culture palesemente diverse, avrebbero descritto l’Universo con gli stessi termini dell’SSH. Quest’aspetto della questione ci spinge a pensare che tutto ciò sia il risultato dell’esistenza di quella scienza intuitiva di cui abbiamo in questo contesto già parlato; uomini di diverse ere avrebbero in realtà visto dentro di sé l’Universo così com’è, e non come appare, in quanto capaci, forse per caso, forse per una frazione di secondo, di attivare una loro capacità di percezione solitamente sopita, che permetterebbe di scavalcare la Maya e prendere conoscenza di noi stessi. È possibile che un numero tanto grande di teosofi, fisici, esoteristi, chimici, gente comune, abbiano per un solo attimo, avuto la stessa percezione di un unico sogno? Se così fosse va ricordato che il sogno non è fantastica irrealtà, ma solo la descrizione di una realtà distorta da canali percettivi non bene sincronizzati con l’osservabile, né più né meno di quello che accade in quello stato di veglia in cui Heisenberg ci vieta di vedere le cose come stanno veramente.”
Valentino Compassi nel suo libro “La colonna di fuoco, Origine interplanetaria delle religioni”, scrive:
Come accennato, esiste un Libro Sacro, custodito nel Tibet più segreto, che si chiama Le Stanze di Dzyan: esso è un vorticare di altissima e remota tecnologia e il suo contenuto spazia dalla creazione dell'Universo visibile, alla meravigliosa comparsa di Esseri celesti sulla Terra e quindi alla formazione dell'essere umano con vari esperimenti di strabiliante ingegneria genetica, da parte di questi esseri. Il magnifico Libro ha ben poco di misticismo; inviolabile nella sua copia originale, è anteriore al nostro mondo ed è stato scritto con la «lingua degli Dei». I suoi grandissimi fogli sono di colore nero e densi di simbolismi a caratteri d'oro zecchino; è un libro colossale, pesantissimo, chiuso alla maniera tibetana tra due spesse tavole, ma sono tavole di oro purissimo e magistralmente cesellate. Le Stanze di Dzyan è un Libro Sacro magnetico nel senso che, appoggiando il palmo della mano sinistra sui suoi simboli profondi e avendo l'animo e la mente completamente scevri da qualsiasi impurità, si vedono passare avvenimenti, si odono voci, si percepiscono segreti svelati.
Secondo quanto afferma H.P. Blavatsky Il testo originale del “Libro di Dzyan”, è conservato in un luogo segreto del Tibet ed era già considerato antico quando era antico l’uomo. Rare copie scritte in sanscrito custodite dagli Smarta Brahmani, la setta advaita, cioè non-dualistica, fondata dal più grande Iniziato della storia: Shri Shankaracharya, ne ha potute reperire in alcuni luoghi sacri dell’India, alle quali la ricercatrice è riuscita ad accedere.
Nella Dottrina Segreta, H.P.B. dice che il Libro di Dzyan è il primo dei quattordici volumi di commentari segreti sui sette fogli, altrettanto segreti, del Kiu-te. Un corpo dottrinario appartenente alla setta buddhista Gelugpa (quella del Dalai Lama), esistente nel Tibet, regione dove lei aveva appreso gli insegnamenti esoterici. H.P. Blavatsky ha anche indicato, come una possibile fonte d’informazioni occulte, la sezione GYUT di quella parte del canone buddhista tibetano chiamata Kanjur.
Poco meno di un secolo dopo, l’orientalista David Reigle, mettendo in evidenza alcuni problemi di traslitterazione dal tibetano alle lingue occidentali, ha potuto scoprire che Kiu-Te era una versione fonetica (usata da Blavatsky) del tibetano rgyud sde. Egli è stato così in grado di determinare che un tale corpo dottrinario appartiene effettivamente alla letteratura tradizionale buddhista tibetana, anche se copie simili alla traduzione di Blavatsky devono ancora essere individuate. David Reigle collega Le Stanze di Dzyan al Kālachakra Tantra, famoso testo del buddismo Vajrayana: “Fin dalla positiva identificazione dei Libri di Kiu-te, come pure dei Tantra Buddhisti Tibetani (rGyud-sde) nel 1981, ho pensato più volte, per varie ragioni, che il “Libro di Dzyan” da cui furono tradotte le Stanze della Dottrina Segreta possa essere il perduto Mūla (Radice) Kālachakra Tantra”[11]. Kāla tempo, e chakra, cerchio, ruota e perciò complessivamente “Ruota del tempo” o “Ciclo di tempo”) siano stati redatti in sanscrito6 e portati da Shamballa (conosciuta nell’esoterismo come la dimora del Re del Mondo) in India nel 900 d.C. Gli insegnamenti Kālachakra sarebbero stati poi portati in Tibet, nel tentativo di preservarli dalla distruzione, durante l’invasione e l’occupazione musulmana dell’India. Di conseguenza, essi acquisirono un’identità buddhista tibetana, anche se la tradizione ne attribuisce l’origine alla sacra Shamballa. Sembra, dunque, che sia il Kālachakra, sia il gemello Libro di Dzyan (coappertenenti al rgyud-sde) facciano parte di un insegnamento misterioso, che emana da Shamballa ed è protetto in una porzione alquanto inaccessibile del canone buddhista tibetano. David Reigle ha peraltro ricevuto l’iniziazione al Kālachakra dal Dalai Lama, a Madison, Wisconsin, nel 1981, la prima volta cioè in cui questa iniziazione è stata conferita in Occidente.
Le Stanze, danno una formula astratta che può essere applicata, a tutta l’evoluzione: a quella della nostra piccola terra, a quella della catena di pianeti di cui la nostra terra fa parte, all’universo solare al quale quella catena planetaria appartiene, e così via. Le sette Stanze riferentesi alla Cosmogenesi rappresentano i sette termini di questa formula astratta; si riferiscono ai sette grandi stadi del processo evolutivo e li descrivono. Di essi si parla nei Purâna come delle “Sette Creazioni”, e nella Bibbia come dei “Giorni” della Creazione.
Alle Stanze di Dzyan fanno riferimento anche altri due Testi: il trattato del Fuoco Cosmico nel 1925 e Teogenesi nel 1906, che contiene Stanze addizionali, la terza sezione delle Stanze di Dzyan. Nella dottrina del Filo si fa soprattutto riferimento al Trattato del Fuoco cosmico.
Nel 1925 venne pubblicato da A.A. Bailey, il “Trattato del Fuoco Cosmico” il cui contenuto è l’insegnamento fornito dal Maestro D.K. noto come il Tibetano, il trattato rappresenta l’insegnamento più rilevante fornito dal Tibetano nel corso della sua collaborazione trentennale con Alice Bailey. Quest’opera monumentale era stata annunciata alla fine dell’Ottocento dalla Blavatsky, istruita dal medesimo Maestro per la stesura della “Dottrina Segreta”. Il Maestro Djwal Khul è stato l’istruttore sia di A.A. Bailey, e sia di Besant Leadbeater, inoltre i chi dettò gran parte de “La Dottrina Segreta” a H. P. Blavatsky e le mostrò molte illustrazioni, fornendo inoltre la maggior parte dei dati contenuti in quell’opera. Il Trattato del Fuoco Cosmico ne costituisce per così dire la chiave psicologica, cioè l’interpretazione più corretta da un punto di vista eminentemente astratto e introspettivo. La stessa Alice Bailey, inoltre, all’epoca della pubblicazione avvenuta nel 1925, aveva voluto precisare lo scopo dell’opera che intende fornire una trattazione schematica di cosmologia e di psicologia, individuando le analogie intercorrenti tra macro e microcosmo.
Il “Trattato del Fuoco cosmico” rappresenta l’insegnamento più rilevante fornito dal Tibetano nel corso della sua collaborazione trentennale con Alice Bailey. Con il concetto di Fuoco s’intende riferirsi all’Essenza divina che rappresenta l’origine e la fine di ogni forma manifestata.
Esiste, per la sapienza antica, un Principio Illimitato ed Immortale, una Realtà Assoluta che precede ogni manifestazione. Tale Causa senza causa è indicibile ed esula dalla capacità di comprensione intellettuale. Essa si articola in tre Logoi: il Primo, Immanifesto; il Secondo, costituito dall’unione di Spirito e Materia, che rappresenta la Vita; il Terzo che consta dell’Ideazione Cosmica. Da questi tre Principi Creativi derivano innumerevoli Universi con le loro galassie, sistemi solari e pianeti. Ogni sistema solare è la manifestazione vitale ed energetica di un Ente cosmico detto Logos Solare.
Quando il Logos Solare si manifesta in modo visibile, provoca una serie di Emanazioni che a loro volta assumono un triplice aspetto: le Potenze, i Sephiroth, le Cause d’Iniziazione. Il ternario, poi, si riflette in ogni manifestazione successiva; infatti, anche l’uomo è trino (spirito, anima, corpo) come l’atomo formato di nucleo, elettroni e dal loro reciproco rapporto.
Nella prefazione del libro Teogenesi[12] si legge:
Nel numero del Tempio del Popolo di luglio 1906, con il titolo “Ulteriori Stanze Rivelate”, è scritto: “Nessuno può comprendere meglio di noi la gravità delle accuse che senza dubbio i nostri antagonisti ci muoveranno nel valutare queste Stanze. La nostra asserzione che le Stanze in questione provengono dal libro di Dzyan e sono impartite dagli stessi Iniziati che permisero a H. P. Blavatsky di accedere a quel libro e la aiutarono a decifrarlo durante la stesura della Dottrina Segreta, indubbiamente sarà smentita. Pur sapendo che le nostre affermazioni verranno negate, ciò non dovrebbe, e non deve, scoraggiarci nell’offrire queste Stanze aggiuntive a tutti coloro che sono in grado di apprezzarne l’autenticità e l’importanza. “La particolare sequenza di Stanze che formano la base della Dottrina Segreta descrive essenzialmente l’azione delle forze evolutive, la costituzione della materia, l’apparizione degli animali e dell’uomo sulla terra, e la sua evoluzione fino all’epoca della Quinta Razza.” Le Stanze che seguono si riferiscono all’ultima sottorazza della Quinta Razza e alle prime sottorazze della Sesta Razza.
Il Tempio del Popolo è una continuazione diretta dell’opera iniziata da H.P.B. a New York nel 1875. Fu fondato a Syracuse, New York, nel 1898, da Francia A. La Due e dal dr. William H. Dover. Nel 1903 il Tempio fu trasferito in California, in quella che oggi è chiamata Halcyon. Le Stanze e i commentari sono opera dei Maestri Hilarion, Morya e Koot Hoomi.
[1] Giovanni, 10, 30.
[2] La nipote di A. Einstein, nel 1960 ad Adyar, dichiarò che lo zio teneva sempre una copia della “Dottrina Segreta” sul suo tavolo di lavoro. L’astronomo svedese Gustaf Stromberg intimo di A. Einstein era un seguace degli insegnamenti di H.P. Blavatsky, e forse fu la persona che diede la “Dottrina Segreta ” a Einstein.
[3] Helena Petrovna Blavatsky,” La Dottrina Segreta I ”, pag. 63, Edizione S.T.I Trieste 1981.
[4] In tibetano, il sapere è detto dzin. Zyan o Dzyn, Dzen, una deformazione del sanscrito Dyan, Jnana in Indù, significa Conoscenza Saggezza divina.
[5] Helena Petrovna Blavatsky, La Dottrina Segreta VII , Scritti Esoterici, pag. 489.
[6] Helena Petrovna Blavatsky, La Dottrina Segreta VII , Scritti Esoterici, pag. 490.
[7] Padma-Sambhava dopo essere stato per anni discepolo di maestri in India, Birmania, Nepal, Afganistan, partì dall’India per andare in Tibet dove fondò nel 743 d.C. la Scuola Nyingma di Buddismo Tantrico esoterico.
[8] In quest’isola, Ulisse si fermò per sette anni con la Ninfa o Calipso la dea dalla voce melodiosa ad apprendere conoscenze arcane.
[9] D.T.Suzuki: “The Eastern Buddhist”, vol. 5°, p. 377.
[10] Andrew Tomas, Mondi senza Fine, MEB.
[11] David e Nancy Reigle, I libri segreti di H.P. Blavatsky vent’anni di ricerca, Istituto Cintamani Roma.
[12] Teogenesi Terza sezione delle antiche stanze di Dzyan, Casa Editrice Synthesis.