Lucca Templare - Sapienza Misterica

SAPIENZA MISTERICA
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Lucca Templare

Templari in Italia
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Lucca, era un crocevia di pellegrinaggio, trovandosi sul tragitto della Via Francigena, e fu un luogo, dove i Cavalieri Templari si erano attestati fin dal 1143. Le testimonianze templari le ritroviamo in particolar modo nelle chiese di San Frediano, San Michele in Foro, e nel Duomo di San Martino. Come a Barga e a Pisa, a Lucca, gli scalpellini comacini lavorarono interrottamente per generazioni in quasi tutte le chiese locali. Spesso i Maestri Comacini inserivano nell’edificio da loro realizzato la loro immagine come firma da tramandare ai posteri. I Comacini erano Maestri d’Opera che operarono nel XII e nel XIII secolo in stretta collaborazione con i Cistercensi e dei Templari.

 
PRESENZE TEMPLARI
 
Lucca, trovandosi sul tragitto della Via Francigena, era un crocevia di pellegrinaggio, e fu un luogo, dove i Cavalieri Templari, ufficialmente nati nel 1120, si erano attestati fin dal 1143. In Via Gallitassi, avevano una loro dipendenza. Piazza della Magione, a Lucca, era il luogo dove risiedeva l’antica Commenda dell’Ordine del Tempio: sono stati ritrovati e restaurati affreschi nella Cappella Templare del Palazzo della Magione. Qui i Cavalieri possedevano oltre al palazzo di magione, una chiesa, e probabilmente un ospedale, nei Regesti del Capitolo di Lucca in un documento del 1169 viene sia citata la chiesa templare lucchese in una chiesa dedicata ai SS. Pietro e Giovanni. Dai documenti d’archivio che nel 1250 esistevano in città tredici Ospedali e per importanza uno di questi era l’Ospedale dei Cavalieri del Tempio e l’altro quello dei Cavalieri del Tau di Altopascio.
 
Nei pressi dell’oratorio di S. Giuli, sul Vicolo dell’Altopascio, è possibile trovare alcuni ruderi di ciò che fu la Magione dei Cavalieri dell’Altopascio, detti cavalieri del Tau. Tale nome deriva dal loro simbolo, la croce del tau, una croce a “T”. All’inizio dell’XI sec. dal piccolo paese di Altopascio, vicino a Lucca, fu fondato l’Ordine dei Cavalieri del Tau, così denominato per l’adozione come emblema rappresentativo del segno del Tau, già adottato sia dall’Ordine di Sant’Antonio, sia da quello Francescano, ma anche dagli stessi Templari. Nel 1180, una Magione dell’Ordine fu fondata a Parigi, dove rimase attiva fino al 1567. Il sigillo del Maestro Generale della Magione di Parigi mostra in alto una croce templare, sotto il Tau e ai lati due conchiglie[1]. La conchiglia è il simbolo del cammino verso Santiago di Compostela, i cui pellegrini erano protetti dai Templari. Il Tau era un simbolo comune sia ai Cavalieri del Tau, sia agli Antoniani, sia ai Francescani, ma anche ai Templari.
 
Figura 1. Sigillo dell’ordine Cavalieri del Tau - maestro generale della magione di Parigi
 
 
Ci viene detto che a Lucca mai fu praticata l’inquisizione e mai vi fu la presenza di Gesuiti, ma l’inquisizione era affidata ai domenicani e ai francescani. E’ pur sempre vero che i domenicani furono grandi inquisitori ricordiamo Torquemada, ma anche i francescani hanno giocato un ruolo nella storia dell’inquisizione medievale. Nel 1254 Innocenzo IV divise l’Italia in otto province inquisitoriali, affidando ai Domenicani la Lombardia e Genova, mentre ai Francescani spettava la gestione della parte centrale della penisola, la Toscana, Umbria, Romagna, la Marca Trevigiana e Lazio. Stranamente a Lucca i Templari non furono ostacolati da questi due ordini. Infatti, ai portali nella chiesa di San Francesco abbiamo due tombe templari. Dietro la Magione dei Templari vi erano gli orti dell’Ordine del Tempio che s’intersecarono con gli orti di dell’Ordine Domenicano ubicato nella Chiesa di San Romano.
 
All’esterno della Chiesa di San Romano sul lato est di ciò che una volta era il chiostro, si trovano moltissime lastre tombali dei secoli XIV e XV estrapolate dal pavimento della chiesa il cui interno fu rifatto nel 1661. Tra di esse vi sono quelle di sette Cavalieri Templari Teutonici[2]. Sopra uno dei sepolcri è riportato uno scudo con 13 simboli formati da tre cerchi o tre petali ai capi di quello che sembra essere una piuma; in basso una “S” per lato che si avvolge a un’asta come quella rappresentata sul Chrisma e come quella rappresentata in una formella nel Duomo di Barga.
 
Figura 2. Lucca San Romano Tombe Templari - scudo con simbologia templare
 
                                           
 
Tredici è il quinto numero primo, ed è sia il numero componente un capitolo templare, e sia dei grandi elettori 12+1 del Gran Maestro, com’è anche numero necessario per fondare un nuovo monastero cistercense. È anche il numero della fine dei Templari. Infatti, il 13 ottobre del 1307 i Templari furono fatti arrestare da Filippo il Bello, re di Francia, arrestati con l’accusa di eresia, cospirazione e atti blasfemi. Il 13 marzo 1311[3] il papa Clemente V, per non correre il rischio di nuove assoluzioni da parte di concili periferici non direttamente controllati da Filippo il Bello, ordina di usare la tortura contro i Templari. Clemente V divenne l’anticristo per Dante che nella Divina Commedia lo pose nell’Inferno. Si narra che dal rogo Molay abbia maledetto il Papa e il Re di Francia. Papa Clemente V morì soltanto quattro settimane dopo il Gran Maestro, ucciso forse da un tumore allo stomaco, e il suo catafalco funebre esposto nella cattedrale fu incendiato da un fulmine o da un candelabro, che cadendo appiccò il fuoco al catafalco. Ciò suscitò grande impressione sul popolo, che lo interpretò come un castigo di Dio. Anche il Re Filippo il Bello lo seguì presto: morì nell’autunno dello stesso anno dilaniato da un cinghiale. Nogaret, astuto consigliere e siniscalco del re invece, morì poco prima della sentenza di morte del Gran Maestro Molay.
 
Stranamente si può presumere che ci fosse stata una certa collaborazione tra i due Ordini.
 
 
 
 
MATILDE DI CANOSSA
 
 
A Matilde di Canossa, o di Toscana, si deve la realizzazione di numerosi edifici chiese e ponti, compreso il primo ospedale di Lucca nel 1076 accanto alla chiesa di San Martino. Nel 1070 per volere di papa Alessandro II e alla presenza di Matilde di Canossa il duomo di San Martino del VI secolo fu inaugurata la ricostruzione.
 
Che cosa centra Matilde di Canossa la donna più potente d’Italia, con i Templari? La storia templare nasce con la prima crociata, con il Regno cristiano di Gerusalemme. Papa Urbano II, amico di Matilde, nel 1094 a Guastalla (territorio di Matilde) aprì un sinodo e lanciò il bando della prima Crociata che fu guidata da Goffredo di Buglione. Nel 1075 nasce l’Ordine dei Cistercensi. Nel 1076 Goffredo II di Lorena, cui Matilde di Canossa non aveva dato figlioli, riconobbe nel nipote, il giovane Goffredo di Buglione come erede. Matilde di Canossa divenne così la madre adottiva di Goffredo di Buglione. L’imperatore Enrico IV si oppose al riconoscimento e incamerò il ducato, concedendo a Goffredo solo la marca di Anversa con le contee di Verdun, Mosay, Stenay e Bouillon, dalla quale sua ultima residenza preferita Goffredo ebbe forse il nome.
 
Matilde di Canossa nel 1099 era anche presente alla posa della prima pietra del Duomo di Modena, perché era tra i più importanti committenti e finanziatori dell’opera. Perché i finanziatori del Duomo hanno sentito la necessità di far scolpire la leggenda dei cavalieri di Artù sull’archivolto della porta attraverso la quale il popolo passava per entrare nella chiesa e rendere omaggio alle spoglie del suo santo protettore, San Geminiano? È strano che su di una cattedrale siano scolpite le gesta di un eroe epico come Re Artù. Qual era il messaggio che la gente doveva leggere? Potrebbe essere stata lei, grande committente, ad aver voluto l’interpretazione della leggenda di Artù, narrata nel portale, forse portata alla sua corte da cantastorie franco bretone, come allegoria della conquista di Gerusalemme, dove Ginevra è Gerusalemme e Artù con i suoi cavalieri sono Goffredo di Buglione, suo nipote, e i Crociati. Proprio in quei giorni i Crociati, infatti, erano giunti alle porte di Gerusalemme (il 14 luglio 1099 ci sarà il primo assalto alla Città Santa) e Matilde, insieme al Papa Urbano II era stata una delle grandi ispiratrici della Prima Crociata guidata dal nipote, Goffredo di Buglione.
 
Alla corte di Matilde giungevano spesso cantori franco-bretoni, trovatori che erano soliti narrare le gesta di Re Artù, secoli prima che fossero poste per iscritto. Forse la storia narrata sulla porta potrebbe essere letta come un’allegoria della conquista di Gerusalemme, qui impersonata da Ginevra, con Artù e i suoi cavalieri nella parte di Goffredo di Buglione e dei Crociati.
 
Fu Geoffrey di Monmouth educato in un monastero benedettino dapprima arcidiacono e poi vescovo nel XII secolo, attingendo notizie dalle biblioteche benedettine e cistercensi a scrivere l’Historia Regum Britanniae e dare il via al processo di cristianizzare il mito di Artù.
 
Il padre di Artù, Uther Pendragon, muore avvelenato l’undici novembre[4], a mezzogiorno del giorno di San Martino[5]. L’11 novembre è un giorno speciale in molte regioni europee, perché si commemora un santo, un cavaliere, che in seguito fu molto venerato dai Templari. Alla figura di San Martino è legata la leggenda dell’estate di San Martino: quel breve intervallo di tre giornate quasi estive intorno all’11 novembre. Mezzogiorno, l’ora della morte simbolica di Pendragon, rappresenta il solstizio d’estate nel ciclo giornaliero. Il simbolo correlato a San Martino è l’oca perché, secondo un’altra antica leggenda, Martino per evitare di essere ordinato vescovo, si nascose, ma uno storno di oche rivelò con le sue strida il nascondiglio del santo agli inseguitori. Le confraternite di costruttori delle cattedrali gotiche, usavano riconoscersi attraverso il simbolo della zampa dell’oca, e si riconoscevano come Jars, che è il nome dell’oca maschio[6].
 
Molto si è discusso sull’origine etimologica del nome Artù, esso potrebbe derivare dai termini celtici Art, roccia, o Arth Gwyr, uomo orso. In ambito celtico l’orso è l’animale tradizionalmente legato alla casta guerriera e il cinghiale è il simbolo dei sacerdoti druidi. Nell’angolo sud ovest della cattedrale gotica di Chartres è rappresentato un cinghiale che fila. L’Orso[7] con una croce alle spalle è rappresentato nell’Abbazia cistercense S.M. di Staffarda in Piemonte, in alto all’incrocio dei costoloni della crociera, nella navata principale. L’Orso è rappresentato negli intarsi sulla facciata della chiesa di San Michele e del Duomo di San Martino, mentre la rappresentazione scolpita di un uomo e un orso che si abbracciano si trova in un piedistallo sotto la statua di San Martino.
 
Figura 3. Orso - Lucca San Martino - Abbazia cistercense S.M. di Staffarda

 
                               
 
L’orso nella facciata del duomo appare negli intarsi come animale singolo, e non coppia di animali che si fronteggiano. L’importanza dell’Orso nella tradizione dei Druidi è evidenziata anche con dei collegamenti astrali. I Druidi veneravano la Stella Polare e l’Orsa Maggiore, detta anche l’aratro dell’orso o l’aratro di Artù. Artù stesso era associato a questa costellazione, al Solstizio d’Inverno, quando il tempo della notte è più lungo e ci si rivolge, per chiedere consiglio e ispirazione, alla Stella Polare, che brilla vicina all’Orsa Maggiore, la Stella di Artù. Allora Artù e l'Orsa divengono il solstizio d'inverno è conosciuto come Alban Arthuan: la Luce di Artù.
 
Fin dalle origini dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio tutto è oscuro, scrive l’autorevole Louis Charpentier: “È necessario ammettere che l’Ordine fosse già segretamente organizzato in Francia, e che i suoi scopi e i suoi mezzi fossero previsti da lungo tempo. Una prova in questo senso potrebbe essere rappresentata dalle donazioni fatte prima ancora della costituzione dell’Ordine e del ritorno dei nove cavalieri[8].
 
Secondo la storiografia francese, il fondatore dell’Ordine del Tempio fu Ugo di Payns, originario dell’omonima cittadina francese della Champagne, insieme al suo compagno d’armi Goffredo di Saint-Omer. Tra i nuovi fondatori dell’Ordine del Tempio con Hugues de Payns e con il conte di Champagne troviamo anche André de Montbard, lo zio di San Bernardo. Hugues de Payns che divenne il primo Gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri Templari, partecipò forse alla Prima Crociata (1096-1099), appena diciassettenne, servendo nell’esercito di Goffredo di Buglione, al seguito del conte Stefano di Blois, potentissimo parente del Re di Francia. Tornò in Francia nel 1100; sicuramente andò o ritornò a Gerusalemme nel 1104, anno in cui accompagna il conte Ugo di Champagne nel suo primo viaggio in Terrasanta.
 
Un filo sotterraneo lega queste storie al mito di Artù e dei suoi cavalieri e ai Cistercensi e ai Templari. Dai Benedettini nasce nel 909 l’ordine monastico di Cluny e da questo nel 1075 quello dei Cistercensi. L’Ordine del Tempio nasce ufficialmente nel 1129, il primo nucleo è presente a Gerusalemme nel 1118. Geoffrey di Monmouth scrive tra il 1130 e il 1150, dunque dopo la nascita ufficiale dell’Ordine del Tempio.
 
Nel 1130 Ugo di Payns rientra con i suoi cavalieri in Palestina per stabilirsi nel Tempio di Salomone destinato a divenire la casa madre dell’Ordine. In Francia rimase il Maestro Pagano di Montdidier, che alla fine si stabilì a Parigi. Il successo dell’ordine del Tempio fu immediato, parve quasi incredibile.
 
Quei libri di pietra che sono le facciate di San Michele e di San Martino, sono stati realizzati dai Maestri d’Opera Lombardi o Comacini. San Michele e di San Martino erano entrambi venerati dai Cavalieri del Tempio. Che cosa centrano i Maestri Costruttori con i Templari?
 
Durante il processo del 1310 a Lucera in Puglia, contro il templare catalano Galcerand de Teut (Teus?), dopo essere stato torturato egli, rivelò l’esistenza degli statuti segreti di Damietta redatti nella fortezza di Athlit. Damietta, una città e porto dell’Egitto sul delta del Nilo, fu importante nel XII e XIII secolo durante il periodo delle Crociate. Questa fortezza fu fatta costruire nel 1218 dal Gran Maestro Guillaume de Chartres e nel 1291 fu poi abbandonata. Circondata da tre lati dal mare, munita di porticciolo e di un cantiere proprio era inespugnabile. In seguito a recenti scavi, in un cimitero della fortezza sono stati rinvenuti due loculi templari in cui oltre al simbolo della spada recano l’una un filo di piombo e una squadra, l’altra una squadra e un martello entrambi simboli dei Maestri Costruttori.
 
Figura 4. Utelle - Achitrave del serpente Templare
 
 
Nel retroterra di Nizza, nel centro storico su un architrave che porta il generico nome di “lastra del serpente”. In un rettangolo con rapporti lati 2:1 (formato da due quadrati), sono rappresentati un serpente con 6 piccole zampe, una squadra e un compasso, gli strumenti del Maestro d’Opera. A sinistra del rettangolo troviamo in un quadrato l’immagine del Sole con nove raggi all’interno il Monogramma YHS.   

[1] http://www.angolohermes.com/Approfondimenti/Cavalieri_Tau/Cavalieri_Tau.html
[2] http://www.angolohermes.com/Luoghi/Toscana/Lucca/Lucca.html
[3] Il numero tredici ha accompagnato la nascita e la fine dell’Ordine Templare.
[4] Novembre è l’undicesimo mese ed è pieno di simbolismo ctonio.
[5] Versione gallese della “Vita di Artù”, secolo XI.
[6] C’è chi, per estensione, vuole che la palma d’oca sia poi diventata la conchiglia simbolo della trasformazione che guida i pellegrini nel viaggio di purificazione verso l’ovest, verso il mare della conoscenza, cioè verso Santiago di Compostela per poi buttarsi a Finisterre, alla fine della terra o meglio alla fine del mondo, bruciando i propri vestiti, cioè l'uomo vecchio, nell’oceano, rinascendo come vita nuova: lo stesso percorso che ci ricorda il mese di novembre.
[7] L’orso con la croce di Staffarda è confuso con la figura classica dell’agnello con la croce, ma come si può ben osservare non è un agnello.
[8] Louis Charpentier. I Misteri dei Templari.  
 
I MAESTRI D’OPERA COMACINI
 
Che cosa avevano in comune i Maestri Comacini e i Cistercensi, e i Templari? Parafrasando Umberto Eco affermiamo che i Templari c’entrano sempre, ma solo quando sono considerati un anello facente parte di un’antica Tradizione. Il legame che univa i Cavalieri del Tempio ai Maestri Costruttori affiora in un manoscritto in lingua latina redatto all’inizio del XIII secolo, forse nel 1205, noto come il “Documento di Amburgo”, pubblicato nel 1877. Nel 1780, Federico Munter, vescovo di Copenaghen, ha scoperto negli archivi segreti del Vaticano una misteriosa pergamena. Scomparso e riapparso nel 1877 ad Amburgo, dove un tedesco di nome Mertzdorff l’ha pubblicato[1]. Questo prezioso manoscritto è ripartito in tre parti. La prima parte riguarda la regola dell’Ordine Templare, redatta da san Bernardo di Clairvaux. La seconda parte concerne la regola dei “Fratelli Eletti del Tempio”. La terza parte accenna alla regola dei “Fratelli Consolati”.
 
All’articolo 17 si legge: “Se un fratello del Tempio ha ottenuto la carica di Priore e di Prefetto, deve provvedere a strutturare nella maniera più consona all’incarico la sua casa, secondo le nostre usanze segrete, ricorrendo a un “maestro muratore” che sia a conoscenza della sapienza dei nostri Padri. Se costui non è un iniziato, si dovrà provvedere al più presto a rivelargli la luce, in modo tale che possa edificare il Capitolo affinché la luce di Dio vi dissipi le tenebre”.
 
I Comacini erano Maestri d’Opera che operarono nel XII e nel XIII secolo in stretta collaborazione con i Cistercensi e dei Templari. Loro furono gli artefici delle colonne annodate presenti in vari chiostri delle abbazie Cistercensi: di Follina (Treviso), di Chiaravalle Milanese, di Chiaravalle alla Colomba (Alseno-Piacenza). I Maestri Comacini erano i conoscitori della pietra e dei suoi segreti di lavorazione.
 
I Cistercensi con i Benedettini erano i conoscitori di tutto lo scibile di allora disponibile attraverso i manoscritti arabi, greci, latini che si riversava nei monasteri benedettini[2] (che costituirono pertanto i più grandi depositi di cultura che la storia abbia mai avuto!). Il movimento monastico cistercense fu generato dalla necessità di una riforma nell’ambito dell’ordine dei Benedettini, per un ritorno alla regola originaria dell’ora et labora, caratterizzata da estrema semplicità e grande rigore. I monaci indossavano tonache di lana grezza, incolore che, lavata, diventava bianca. La cambiavano raramente e la indossavano anche di notte. Vivevano in semplicità, umiltà e povertà. La carne era bandita dalla loro tavola; tollerata soltanto se ammalati.
 
È probabile che i Cistercensi e i Templari abbiano concordato una collaborazione con le Maestranze Comacine è anche possibile e che perfino abbiano loro trasmesso tecniche più avanzate come l’uso di macchinari. Fino a poco tempo si era convinti che il termine Comacini fosse da attribuirsi alla loro provenienza, seppure allargata, alle aree limitrofe al lago di Como ma oggi si è disposti a ritenere che l’utilizzo di macchinari possano averli fatti appellare così, perché “cum machinis” può essere contratto in Comacini, cioè aventi delle macchine da lavoro. È un dato tangibile, se si considera a quali monumenti siamo di fronte (non solo Abbazie ma Cattedrali) avevano macchine speciali per portare ad esempio a certe altezze i materiali.  I Maestri Comacini erano il ramo italico dei Maestri d’Opera Iniziati che collaboravano strettamente con i Templari.
 
Un’altra simbologia ricorrente utilizzata sia dai Maestri Comacini e sia dai Templari è quella legata ai doppi quadrati. È molto probabile che coloro che costruirono molte chiese templari della Provenza e Linguadoca, i compagnons Tuscana (un gruppo che sosteneva di avere dei collegamenti con il primo Re di Roma, l’etrusco Numa Pompilio), fossero della scuola dei Maestri Comacini.
 
I Maestri Comacini come i Templari avevano come protettori i due San Giovanni: il Battista e l’Evangelista. Per questo motivo i Maestri Comacini consacravano a uno dei due San Giovanni le chiese da loro edificate. I due San Giovanni si ritrovano rappresentati nel pulpito del Duomo di Barga opera dei Maestri Comacini. Sul lato che raffigura l’Adorazione dei Magi del pulpito, cioè a Nord, è rappresentato sotto forma di grande aquila Giovanni Evangelista. Sul lato destro a Sud è rappresentato da solo nel quarto arco ogivale Giovanni Battista.
Figura 1. Lucca S. Martino – Pilastrino prima loggetta

Come a Barga e a Pisa, a Lucca, gli scalpellini comacini lavorarono interrottamente per generazioni in quasi tutte le chiese locali. Spesso i Maestri Comacini inserivano nell’edificio da loro realizzato la loro immagine come firma da tramandare ai posteri. Tuttavia solo nel battistero di San Giovanni a Pisa, troviamo i loro autoritratti, nei plutei della vasca ottagonale battesimale. Ciascuna delle sedici lastre dell’esterno è decorata con un fiore centrale a rilievo, circondato da una corona a motivi vegetali che è raccordata alla bordura della cornice, anch’essa a fogliami, da quattro teste umane o animali poste nei punti d’intersezione. Questa vasca pisana è attribuita al Maestro d’Opera Guido Bigarelli, con datazione 1250 grazie a un’iscrizione che fu ritrovata al suo interno. Una di queste poi, anche se speculare, sembra proprio quella di San Michele a Lucca[3]. Il Battistero di San Giovanni Battista a Pisa anziché ottagonale è circolare, e presenta forti similitudini della Moschea della Roccia e della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Il sigillo templare MILITUM + DE TEMPLO: CRISTI un lato reca l’immagine della Cupola della Roccia, la cupola circolare della Chiesa del Santo Sepolcro.
 
Il rifacimento del portico di facciata del Duomo di San Martino a Lucca, fu fatto dal figlio del Maestro Guido, cioè il Maestro Comacino Guidetto da Como, già impegnato nel cantiere nel Duomo di Pisa, che fa bella mostra di se citandosi nel cartiglio che tiene in mano, nella colonnetta della prima loggetta, di fianco al campanile di S. Martino a Lucca (posto a destra della chiesa) con la data 1204.  Addossata al campanile a rilievo con un tralcio a girali che includono foglie e pigne, nella parte inferiore della colonnetta una figura maschile glabra con copricapo a punta che regge tra le mani un cartiglio con un’iscrizione che riporta data e nome di Guidetto:“MILL(e) CC / IIII / CONDI / DIT ELE / CTI T(am) PUL / CRA(s) DE(x)T(ra) / GUIDECT(i)”, cioè “Mille CCIIII condidit electi tam pulcrhras dextra Guidecti”. Tradotto, si legge: “1204 compì sì belle cose la mano del bravo Guidetto”.
 
“Magister Guido, marmolarius sancti Martini de Luca”: così viene definito Guidetto nel documento di commissione del 1211 per il Santo Stefano a Prato. “Marmolarius”: uno scultore, quindi, a cui si riferiva la responsabilità della decorazione di parte della facciata del San Martino di Lucca, come dimostra l’iscrizione del 1204 in cui viene celebrata la mano capace di realizzare sculture “tam pulcrhras”. Il Magister Guidetto è raffigurato con testa un cappello frigio a punta che ha sulla cuspide il fiore di Lys (giglio) a tre petali, simbolo che distingueva probabilmente lo stato iniziatico di Maestro. Si notino i molti fiori di Lys che decorano la facciata della cattedrale e quelli che si trovano sulla facciata di San Michele in Foro.
 
Figura 2. Maestri d’Opera con il cappello frigio - Pisa - Lucca - Parigi
 
 
Uno dei segni di riconoscimento dei Maestri d’Opera è il cosiddetto berretto frigio. Il maestro alchimista raffigurato sul tetto di Notre-Dame de Paris indossa il cappello frigio che secondo Fulcanelli[4] è l’attributo dell’Adeptato. Nella simbologia dell’arte medievale in diverse chiese gotiche l’alchimista è stato raffigurato come un uomo barbuto con il berretto frigio. Il berretto frigio solitamente colorato di rosso, è considerato uno degli attributi di Mitra[5], che è figlio di una Vergine Immacolata e la sua nascita era celebrata tre giorni dopo il solstizio d’inverno, vicino alla festività di San Giovanni Evangelista, il 27 dicembre.   
 
Nella mitologia greca re Mida (re della Frigia), dopo essere stato punito da Apollo che gli ha fatto crescere delle enormi orecchie d’asino, crea il berretto frigio per nascondere i suoi nuovi attributi. Il berretto frigio di color rosso nasconde il segreto delle orecchie d’asino; esso, legato al significato della conoscenza dell’ultima fase della Grande Opera (opera al rosso), è considerato dagli adepti un importantissimo oggetto con valenze simboliche, il copricapo per eccellenza, il sigillo dell’Iniziazione; attributo dell’Adeptato, veniva posto sul capo del novizio nei Misteri Eleusini mentre venivano pronunciate queste parole: “copriti con questo berretto, vale più della corona di un re”. Il simbolismo dell’asino si ritrova rappresentato all’esterno della Cattedrale di Chartres nell’asino che suona la lira, e a Lucca nell’onocentauro con il busto di uomo, e corpo d’asino, nella chiesa di San Michele in Foro nei due architravi dei portali principale e posteriore. L’onocentauro di Lucca rappresenta l’individuo prossimo a staccarsi dalla parte inferiore di asino per diventare l’uomo perfetto in corpo e spirito.
 

[1] Non è noto come sia arrivato ad Amburgo o di come sia scomparso ma se è autentico, dimostra in parte l’eresia dei Cavalieri Templari.
[2] Benedetto da Norcia, nato nel 480, organizzò una comunità cui diede una regola fatta di equilibrio e d’intelligenza, cioè tra lavoro manuale e studio. Inoltre intraprese in un paese travagliato da barbari e cristiani, la raccolta sistematica di manoscritti classici che la giovane chiesa tendeva a distruggere perché eretici, secondo il principio chi non è con me è contro di me. Furono i benedettini a raccogliere i principi della costruzione in pietra dagli ultimi maestri romani e dai bizantini dell’Italia meridionale. Essi rielaborarono quella musica e canto cui fu dato il nome di gregoriano.
[3] http://www.turislucca.com/2008/10/i-maestri-comacini-che-facce-simpatiche/
[4] Fulcanelli, in nota del Mistero delle Cattedrali, spiega che un tempo questo copricapo serviva ad indicare gli schiavi affrancati, i così detti liberti; allo stesso modo chi diviene adepto si libera dai vincoli di questo mondo riuscendo ad andare oltre il velo dell’illusione.
[5] Mitra nel mondo romano era rappresentato come un giovane energico, indossante un cappello frigio, una corta tunica che s’allarga sull’orlo, brache e mantello che gli sventola alle spalle.
CHIESA DI SAN FRANCESCO

All’esterno della chiesa di San Francesco, ai lati del portone principale, vi sono due arche sepolcrali (simili ai sepolcri fuori della chiesa di San Romano), che recano incise croci templari di tipo occitano, e scudi le cui incisioni o rilievi sono stati scalpellati, in seguito alla bolla papale damnatio memoriae. In particolare sul lato frontale, la croce templare blu su fondo bianco, ha tre punte per ogni braccio sul modello della Croce Occitana[1], a ogni punta è attaccato un piccolo rombo. Tra i quattro bracci della croce quattro fiori con tre petali disposi a triangolo. In totale si hanno 12 petali e 12 rombi, il tutto all’interno di un motivo a fiore con 16 petali, numero tanto caro ai Templari.
                                               
Figura 1. Lucca - San Francesco -Tombe Templari
La facciata della Chiesa di San Francesco è realizzata con alternanza di fasce chiare e scure, in alto un grande rosone con 16 petali e al cui interno un secondo rosone con 8 petali. I numeri otto e il suo doppio, il sedici, erano caratteristici dei Templari. Le due arche sepolcrali sono coperte da un tettoccio sorretto da una coppia di colonne. L’arco del tettuccio è ornato con strisce chiare e scure, 10 per l’arca di sinistra, 9 per l’arca di destra.

Figura 2. Lucca - San Francesco -Rosone
San Francesco da giovane era un cavaliere. Dodici furono i frati che  Francesco volle intorno a Sé, come ci tramandano “I Fioretti”, e amava definire “i miei cavalieri della tavola rotonda” (Speculum Perfectionis, IV, 72). San Francesco paragonava i suoi primi compagni ai cavalieri di Artù: “Questi sono i miei fratelli, cavalieri della tavola rotonda (milites tabulae rotundae), che se ne stanno nascosti in luoghi remoti e solitari per dedicarsi più attentamente alla preghiera e alla meditazione”. Innocenzo III, quando decise di riconoscere questo primo gruppo, considerato in un primo tempo eretico, li nominò come chierici, dando a Francesco la qualifica di Diacono.

San Francesco era un Cavaliere Templare, iniziato dal Conte Gentile delle Fonti? Durante il soggiorno in Egitto è stato iniziato - come Renè de Chateaubriand, ambasciatore francese - ai Cavalieri del Santo Sepolcro con la spada di Goffredo da Buglione, custodita nella Sacrestia del Convento dei Frati Minori a Gerusalemme? Il frate Elia, successore di San Francesco alla guida dell’Ordine dei Frati Minori, fu architetto cioè Maestro d’Opera, e coadiuvato nell’opera dai Maestri Comacini. Amico intimo e consulente del beato Francesco e dello stesso imperatore Federico II, che consigliava nella costruzione di castelli e di chiese, indicandogli i luoghi più adatti, spesso sopra antiche vestigia classiche, come Castel del Monte in Puglia, ristrutturato nell’attuale forma ottagonale su un antico castro romano progettato dal Vitruvio, o la Basilica di Assisi, eretta, sotto la sua abile guida, dalle libere muratorie dell’epoca.[2]

Figura 3. Lucca – Facciata principale San Francesco – Rosone e due Tombe Templari
Frate Elia, successore di San Francesco alla guida dell’Ordine dei Frati Minori, fu un Maestro d’Opera e fine conoscitore delle arti alchemiche. Elia fu amico e consulente di Francesco e dello stesso imperatore Federico II, che consigliava nella costruzione di castelli e di chiese, indicandogli i luoghi più adatti. Su frate Elia e Francesco fu fatto calare un velo dagli stessi francescani. Frate Bonaventura, d’accordo con alcuni frati, prese la tremenda decisione di distruggere tutte le biografie e tutte le immagini che raffigurano il Beato, riscrivendo nel 1266 una nuova versione agiografica e di pura fantasia, che mostra Francesco completamente diverso da quello realmente vissuto, perciò completamente diversa dalla prima versione (1246-1247) redatta da frate Tommaso da Celano.

CHIESA DI SAN SALVATORE

Situata a pochi passi da piazza S. Michele in Foro, si trova la chiesa di San Salvatore detta della Misericordia (ricostruita nel XII secolo), mostra la presenza templare: al centro delle lunette realizzate con blocchi chiari e scuri, sovrastanti gli architravi dei portali della facciata, riportano la rossa croce patente templare su pietra bianca. Sulla parete del fianco destro incisa su una pietra bianca un’altra croce templare. Con pietra bianca e posta su fondo scuro è anche la lastra templare posta sulla parete esterna dell’abside della chiesa di San Frediano.

Figura 4. Lucca San Salvatore Portale destro architrave e Croce Templare

   
Due bellissimi architravi che si trovano sulla porta laterale destra della facciata e sulla porta laterale della chiesa. Il bassorilievo dell’architrave del portale destro[3] della leggenda dello scifo d’oro, è opera del Maestro Comacino Biduino (seconda metà del XII secolo). A differenza dell’architrave di Barga mancano i due guerrieri ai lati. Nell’architrave della porta laterale della chiesa di San Salvatore troviamo raffigurata la Leggenda di San Nicola. Possiamo vedere la figura del Santo neonato, centrale ed ingigantita, che si trova in piedi all’interno della vasca senza essere sorretto dalle due nutrici.
L’importanza data dai Templari a San Nicola e San Martino, è mostrata negli affreschi della Cappella Templare di Montsaunès: entrambi sono posti uno di fronte all’altro in nicchie poste sulle pareti della navata. Sulla parete del portico Duomo San Martino di Lucca, il santo è raffigurato dietro una croce templare rossa. Infine, le vesti di San Martino sono quelle tipiche dei Templari, dai colori bianco e rosso. La rossa croce templare, l’opera dei Maestri Comacini e il riferimento a San Nicola confermano ancora una volta la presenza templare in questa città.


[1] Presente anche nella cappella templare di Montsaunès.
[2] http://www.soscollemaggio.com/it/component/content/article/158-il-mistero-della-tomba-di-san-francesco-n.html
[3] La leggenda dello scifo d’oro è simile a quella che si trova sul portale laterale del Duomo di Barga.
 
CHIESA DI SAN FREDIANO
 
La tradizione vuole che sia stato San Frediano, vescovo di Lucca di origine irlandese, a fondare la chiesa, intitolata inizialmente a San Vincenzo. Ricorre per la prima volta nel documento dell’anno 685 come basilica Longobardorum, acquista notevole importanza dalla seconda metà del XII secolo quando fu interamente ricostruita con orientamento opposto a quello dell’edificio precedente.
 
Figura 1. Lucca – S. Frediano Cristo nella mandorla

 
Un bellissimo mosaico della fine del XIII secolo posto sulla facciata mostra Cristo all’interno della mandorla mistica o Vesica Piscis sorretta da due angeli. Uno dei simboli più antichi e sacri della tradizione cristiana, adottato nelle costruzioni dei Cistercensi e dei Templari era la Vesica Piscis, al cui interno era raffigurato il Cristo o la Vergine Madre. Dall’intersezione dei Due Cerchi e dagli assi di simmetria nasce la prima figura geometrica, il Triangolo Equilatero di lato Uno, e il primo numero dispari: “Tre”. Per raddoppio (2x3), si trova riflesso un secondo triangolo col vertice in basso, unendoli abbiamo la “losanga”, un rombo perfetto.
 
All’interno della basilica si ammira uno stupendo fonte battesimale del 1151 circa: l’opera è costituita da una vasca esterna composta di sei doghe, cioè da sei pezzi che sono tenuti insieme da parti di ferro, poi da un’altra vasca all’interno e dal coperchio: è firmata da Magister Robertus della scuola del Maestro Comacino Biduino. In realtà si dovrebbe parlare di una Fontana lustrale che doveva essere posta all’esterno della chiesa, l’antica basilica Longobardorum. Marisa Uberti[1] analizzando il fonte battesimale in San Frediano a Lucca, scopre il rapporto tra i Templari[2] e il Maestro Comacino Robertus che scolpì il fonte battesimale. Il fonte battesimale durante il XIX secolo fu smembrato e in parte disperso sul mercato antiquario, per essere infine ricomposto negli anni cinquanta del XX secolo grazie ai disegni esistenti.
 
Le teste dei personaggi della parte superiore della scultura appaiono quasi tutte mozzate, s’ignora il motivo. Sulla vasca si erge un blocco scolpito ondularmente, la cui parte superiore è scolpita con figurazioni animali e allegoriche; tra le onde un bambino nudo e una figura che è liquidata come un animale fantastico: si nota in fondo, nell’atto di azzannare qualcosa un drago con molti denti.
 
Figura 2. Lucca – S. Frediano Fonte Battesimale teste parte superiore

Dodici teste (protomi) umane e leonine sono scolpite sulla coppa della fontana lustrale, di cui una con tre visi. Da queste dodici bocche fuoriusciva l’acqua sotto forma di zampilli. La critica dice che questo elemento della testa tricefala non ha niente a che vedere nel contesto del fonte. La cosa andrebbe valutata attentamente su base simbolica, invece. La testa tricefala fu abolita dal Concilio di Trento perché rappresentativa di un concetto neoplatonico in contrasto con il dogma (Marisa Uberti). Nella cattedrale di Chartres, la vetrata posta sul lato Sud della cattedrale nella posizione 28a lato sud deambulatorio che tratta dei lavori dei mesi e dei segni zodiacali, mostra in basso una rappresentazione di gennaio - Giano con tre facce, accanto al segno zodiacale dell’acquario. La rappresentazione di Giano con tre facce appare anche nella roccaforte Templare di Tomar in Portogallo, come chiave di volta anche se risalente al XVI secolo.
 
Figura 3. Chartres Vetrata 28a Giano Trifronte - Tomar
 
 
Le tre teste sono anche viste come una rappresentazione del Triscele o Triskell. Nell’antica provincia di Saintonge, oggi dipartimento de la Charente-Maritime, in Francia, si trovano rappresentazioni del Triscele a tre teste, con tre visi e quattro occhi proprio come a Chartres, nell’Abbazia Fontdouce (nel comune di Saint-Bris-des-Bois), e nella Chiesa San Pallais de Saintes. A Perugia, luogo dove i Templari lasciarono la loro traccia, nella chiesetta dei Santi Severo e Agata, lungo la medievale via dei Priori, c’è un affresco del XIV secolo che sembra rappresentare un triplice volto maschile circondato da aureola, anche se più che una Trinità assomiglia all’iconografia di Giano, come quella della vetrata di Chartres.
 
In fondo al pilastrino vi sono le bocchette di scarico, il che rendeva impraticabile il rito battesimale per immersione in questa vasca. Il fonte battesimale è costituito da una vasca circolare, con una grande tazza interna sostenuta da un pilastro e coronata da un coperchio sorretto con sei colonnine di marmo rosso e stranamente cinque sono lisce e una formata da sei colonnine annodate, a volerci dire che tutte le sei colonne equivalgono a due triangoli intrecciati che concorrono a formare una colonna sola.
 
Due delle doghe della vasca esterna sono occupate da profeti, mentre nelle altre quattro doghe sono rappresentati i momenti della vita di Mosè. Nell’episodio del miracolo della verga Mosè è raffigurato mentre tiene in mano non un serpente ma un drago! Per i critici il Drago-Serpente è il demonio, ma il serpente di Mosè era il simbolo della conoscenza misterica e della padronanza delle energie di Madre Terra.
 
Figura 4. S. Frediano Fonte Battesimale – Mosè con il Drago

 
 
Un Angelo armato alla destra di Cristo con la mano sinistra tiene una lancia la cui punta è il fiore di Lys e con la mano destra, un disco con una croce templare, appare come Il profeta Geremia, è rappresentato con mano un disco con una Croce a bracci Eguali, “Croix Pattée” templare.
 
Figura 5. S. Frediano Fonte Battesimale – Angelo con Croce Pattée
 
Le sei daghe che compongono la vasca circolare inferiore rappresentano rispettivamente: quattro le Storie di Mosè e due imitano un sarcofago paleocristiano spartito da sette archetti, in cui si ravvisano sette personaggi. La vasca per la critica dovrebbe riferirsi alle vicende di Mosè, ma stranamente le scese bibliche, come nella cattedrale di Chartres sono rappresentati guerrieri con scudo e cotta metallica medioevali.
 
Scrive Marisa Uberti: “Lo scultore ha conferito ai soldati caratteristiche Medievali, come si vede dall’abbigliamento. Inoltre, assume particolare curiosità la presenza di due cavalieri su uno stesso cavallo, raffigurazione presente su uno dei sigilli Templari … Il faraone è raffigurato come un re con una tunica, con la corona crociata: ma come può essere che un Faraone (un “pagano”, un nemico del popolo Ebreo) rechi un simbolo cristiano per eccellenza? Anche lo scudo del primo cavaliere ha una croce. Anche tenendo conto che quest’opera fu realizzata nel Medioevo, lo scultore sarebbe potuto incappare in un simile “errore”? Questa sembra un’armata Crociata più che un esercito egiziano … La gamba (e il posteriore) sinistra del cavaliere è rivolta in direzione inversa al senso di marcia della scena! Ci è stato detto “grossolano errore dello scultore” ma francamente questa soluzione ci appare nettamente insufficiente”. Certamente non per puro senso estetico che tra l’ultimo cavallo e l’angelo si vede spuntare la coda di un drago.                              
 
Figura 6. S. Frediano Fonte Battesimale - Due cavalieri su un cavallo – Gamba inversa e Sator inverso
 
 
In alcune versioni del quadrato misterico di 25 lettere noto come il SATOR[3] abbiamo le lettere “S” e “N” scritte in modo speculare, cioè inverso, a Montsaunès sulla volta presso il coro un disegno geometrico triangolare ai cui vertici di base una “S” inversa, quasi a volerci dire di osservare la cosa da un punto di vista ribaltato. A Montsaunès sul lato destro del Portale Ovest sulla prima colonna, abbiamo la rappresentazione di un uomo, San Pietro, crocefisso a testa in giù. Nella raccolta gnostica “I Viaggi di Pietro”, nel frammento “Il Martirio di Pietro”, l’apostolo dice: “Tu, Mio Signore, sempre dritto, sempre innalzato, eternamente al di sopra … Noi che nasciamo in tal guisa da sembrar essere versati sulla terra, cosicché la dritta è la mancina e la mancina diviene dritta; inquantochè il nostro stato è modificato da quelli che sono gli autori[4] di questa vita. Questo mondo crede dritto ciò che è mancino …”. Questa è la tipica visione gnostica, del ribaltamento mistico. Il Quadrato SATOR è stato ritrovato sia in molte chiese sia in molti siti templari come a Valvisciolo, ma la sua origine è antichissima all’epoca etrusca-romana.
 
Sulla parete esterna della chiesa di San Frediano dal lato abside spicca una lastra di pietra bianca contenente alla maniera degli architravi templari tre simboli. A destra una croce templare circondata da due coppie di vortici orario e antiorario, a sinistra un fiore della vita a sei petali, al centro un vortice solare con 28 archi. Il numero 28 è considerato perfetto. Scritto come settimo triangolare contiene in sé i numeri “3, 4, 5”, del Triangolo Sacro: 1+ 2+ 3+ 4 + 5 + 6 + 7 = 28. Ogni 28 anni i giorni della settimana tornano sempre a corrispondere con i giorni del mese. Pitagora aveva 28 discepoli e li condusse verso la Saggezza.
 
Figura 7. S. Frediano Pietra Templare esterno lato abside
 
 
Quando il Gran Maestro Jacques de Molay fu bruciato sul rogo, narra la leggenda, che nello stesso tempo, l’architrave di ogni chiesa dell’Ordine Templare si spezzò a metà. L’architrave dell’Abbazia templare di Valvisciolo mostra ancora questa frattura centrale come una ferita dolorosa, un ricordo dei misteri che circondano ancora i Templari, le loro conoscenze e la loro tragica fine[5]. Sarà un caso ma anche la pietra di San Frediano appare incrinata, quasi spezzata a metà.

[1] Marisa Uberti http://www.duepassinelmistero.com/Fonte%20Battesimale%20S.Frediano.htm
[2] Nell’anno 1129, durante un concilio, appositamente convocato, i Cavalieri del Tempio ricevettero il riconoscimento ufficiale della Chiesa.
[3] È conposto da scritte palindrome una sequenza di caratteri che, letta a rovescio, rimane identica. Sator-Arepo-Tenit-Opera-Rosas.
[4] Gli Arconti, le potenze materiali.
[5] www.giovannipelosini.com/2011/06/misteri-del-quadrato-magico-sator-in-italia/#sthash.zff7Bwf3.dpuf.
 
CHIESA DI SAN MICHELE IN FORO
 
 
                                                                           
 
Figura 1. Lucca San Michele in Foro

La chiesa di San Michele, pur esistendo almeno dal 795, assunse l’aspetto attuale intorno al 1143 quando i Benedettini occuparono il posto della comunità di canonici che la occupava. La sua costruzione venne in realtà protratta nel tempo, ma questo ha portato alla stratificazione di diversi stili che vanno dal romanico al gotico e che conferiscono all’edificio un’architettura particolarmente insolita e dalle proporzioni inusuali. Il campanile è ad oggi più basso di com’è stato costruito in origine, infatti, secondo diversi documenti, l’ultimo piano del campanile sarebbe stato eliminato nel 1364 per volere di Giovanni dell’Agnello, doge di Pisa. Forse il livello superiore era dotato di quattro monofore, per un totale di 1+2+3+4=10 la divina Tetractis. A partire dal XIII secolo fu creata la copertura marmorea della chiesa e in particolare la facciata, probabile opera del Magister Guidetto da Como. Nel primo decennio del XIII secolo, a Lucca, maestranze comacine, coordinate da Maestri d’Opera, intrapresero la costruzione delle facciate rispettivamente delle chiese di San Michele in Foro e del Duomo di San Martino. Si aggiunsero nuove rappresentazioni simboliche agli impianti architettonici preesistenti, sostituendo il disegno delle originali facciate.
 
Una serie di 7 archi su colonne addossate si sovrappone alla parte inferiore della facciata. Tutti gli archi meno quello centrale, più ampio, sottendono 6 rombi gradonati (a 3 gradini). I 7 arconi diventano 14 archi sulla loggia superiore. La parete laterale destra mostra una serie di 11 archi e sopra di essi una loggia con 22 archi. Non vi sono rombi gradonati. Il numero 11 è il quarto numero primo. I numeri primi erano considerati incorruttibili perché si dividevano solo per se stessi e naturalmente l’unità. Il numero ventidue 2x11=22 è secondo il Sepher Yetzirah è il numero tramite Elohim ha creato il mondo. Se conteggiamo sul lato sud, anche i 3 archi del campanile otteniamo nuovamente 11+3=14, il numero quattordici, una coppia di sette.
 
Oltre al linguaggio figurato simbolico San Michele in Foro nasconde un linguaggio numerico mistico. La parte verticale è caratterizza con quattro logge su colonnine ravvicinate. Le due logge superiori hanno un’estensione di sei archi (sette colonnine) invece dei quattorci archi (quindici colonnine) di quelle inferiori. I numeri delle colonne 7 e 15, e degli archi 6 e 14, sono fortemente mistici. Le colonne delle due logge superiori sono due volte sette cioè 2x7=14, sette per lo spirito sette per la materia, la coppia delle sette potenze. A Noè, il Decimo Patriarca prima del Diluvio, fu ordinato di far salire sull’Arca Sette Paia di animali (2x7=14), maschi e femmine. In 14 parti venne smembrato Osiride. Quattordici è anche Terzo numero piramidale a base quadrata: 14=12+22+32=1+4+9.  La somma dei primi cinque numeri di p: “3+1+4+5=14”.
Le colonne delle due logge inferiori sono 2x15=30. Il Quinto numero triangolare è 15 la Pentactide, dodici punti disposti attorno alla Triade Divina. nel nostro caso unendo i 15 Punti della Pentactide si ottengono16 triangoli, collegati con 30 lati[1]. Nello spazio tridimensionale, la Tetractis pitagorica, si esprime con il Quarto Numero Piramidale, una piramide a base quadrata contenente 30 punti, con 4 punti di lato: 12+22+32+42 = 1+4+9+16=30. Sulla volta della cappella templare di Montsaunès, contando da sinistra, nel quarto settore nord, è rappresentato il Sole rosso con 30 raggi, emanati da un Fiore della Vita a 6 petali bianchi.   
 
Figura 2. Cappella templare di Montsaunès Sole Misterico - Tetractis pitagorica di 30 punti
 
La galleria (loggia) frontale superiore inizia e termina con una sola colonnina; la galleria sucessiva inizia e termina con quattro colonnine annodate. La stessa situazione è ripetuta nelle due gallerie inferiori.
 
In Austria ai due lati del portale dell’ossario templare di Mödling si possono ammirare quattro colonne annodate. A Chiaravalle Milanese, presso l’Abbazia Cistercense ritroviamo ai quattro angoli del chiostro gruppi di quattro colonne annodate. Se guardiamo la sezione delle quattro colonne annodate, scorgiamo il nodo di San Giovanni. Sia il nodo di San Giovanni Battista, e sia il nodo di Salomone si trovano raffigurati non solo in epoca medioevale ma anche in epoca romana e paleocristiana. In Italia per opera dei Maestri Comacini, questi nodi furono realizzati avvolti intorno alle colonne. Il nodo lo possiamo immaginare come una corda che si avvolge attorno a ciascuna colonna disposta ai quattro angoli di un quadrato.
 
Figura 3. Colonne unite con i nodi di San Giovanni e di Salomone

 
Il simbolo delle quattro colonne annodate è qualcosa che va oltre all’unione degli opposti: il cappio unisce i Quattro elementi, i Quattro angoli del Tempio.
 
I legamenti delle colonne inferiori sono segnati da una sequenza di rombi o losanghe, che rappresentano la decorazione fondamentale della facciata. A sinistra, sopra le quattro colonnine annodate vi è una coppia di teste di green man che dalla bocca emettuno un duplice flusso di rami. Sopra le teste una coppia di quadrati,  che contengono due ruote o fiori composti ciascuno con 16 petali che sembrano divisi in quattro parti. I quadrati sono contornati da losanghe, 16 per ogni quadrato. Sopra i quadrati una croce scura a bracci uguali, al cui interno una stella bianca a quattro punte, in totale 4+4=8 punte. Abbiamo la rappresentazione dei primi quattro numeri della polarità: la coppia, il quattro, l’otto, il sedici, la cui somma è trenta: 21+22+23+24 = 2+4+8+16 = 30. Trenta è sia la Tetractis delle quattro potenze in base Due, e sia quella delle potenze con esponente Due, 12+22+32+42 = 1+4+9+16=30.
Figura 4. Lucca San Michele in Foro colonne annodate galleria inferiore  

La testa del Green Man mostra l’emissione dalla bocca di una duplice corrente, gli opposti. L’emissione dei rami e del fogliame da un uomo verde forma l’immagine dell’Albero di Vita. È il sottile riferimento con la rinascita della Natura, con la Primavera e con la rinascita dell’anima. La raffigurazione dell’uomo verde, il “green man”, che ingoia o rigurgita due rami è presente nelle colonnine del portale Ovest di Chartres[2].
 
Il motivo sopra le quattro colonne annodate di destra è diverso, sui capitelli non abbiamo più il motivo della dualità con una coppia di green man, ma a destra un viso femminile e corpo di uccello a destra un leone che sovrasta un drago, di lato all’esterno il motivo del centauro che scaglia la freccia. Abbiamo anche qui la coppia di fiori a semplice corolla, a differenza di quelli di destra che hanno una doppia corolla e sono divisi in quattro. Nelle parti centrali dei due quadrati non vi sono più losanghe nere ma bianche, e di grandezza doppia, e in numero dimezzato, qualcosa è cambiato. Sopra non più una doppia croce, ma una singola croce bianca in un cerchio nero. In alto, in entrambi i lati della facciata, il tema della caccia, essendo presente anche nel duomo di San Martino, il significato misterico sarà spiegato in seguito.
 
Le colonne annodate divennero anche il segno distintivo dei Maestri Comacini all’interno delle confraternite edili dei Liberi Muratori, che custodivano gelosamente i “segreti del mestiere”, per i quali il “nodo” era anche un segno di riconoscimento di una determinata famiglia di costruttori o la materializzazione di un legame spirituale di fratellanza e unione[3]. Le colonne annodate le ritroviamo anche nelle gallerie del Duomo di San Martino. Il nodo attorno alle quattro colonne ricorda sia il nodo di San Giovanni Battista e sia il nodo di Salomone, e si trova anche raffigurato in epoca romana e paleocristiana. Il nodo si può immaginare come un anello di corda che si avvolge attorno a ciascuna colonna disposta ai quattro angoli di un quadrato avente un cappio su ciascuno degli angoli. Il simbolo è qualcosa che va oltre all’unione degli opposti: il cappio unisce i Quattro elementi, i Quattro angoli del Tempio. Nella rappresentazione dell’antica Roma del nodo di Salomone, gli angoli del quadrato sono uniti a due a due, cioè in una doppia coppia.
 
Le restanti colonnine delle logge di San Michele in Foro si caratterizzano per una grande varietà di decorazione dei fusti: sculture geometriche e figurate simboliche, intarsi bicromi. Nel 1866 la chiesa venne restaurata con interventi insensati sulla facciata, infatti vennero sostituite delle colonnine e rimpiazzate alcune delle teste con ritratti di personaggi contemporanei Garibaldi, Pio IX, Cavour, e altri. “Questa facciata, uno dei prodotti più preziosi del dodicesimo secolo in Italia, è stata pressoché distrutta e ricostruita con sculture moderne che imitano le antiche e le protomi del re di Sardegna e del Conte di Cavour al posto di quelle lombarde”. Con queste parole, intorno al 1870, lo scrittore e critico inglese John Ruskin mostrò il suo disappunto verso i restauri (che si erano da poco conclusi) della facciata della chiesa di San Michele in Foro. Direttore artistico delle operazioni era stato nominato, nel 1859, l’architetto Giuseppe Pardini.
 
La presenza templare in San Michele è mostrata dalle croci decussate templari in un cerchio[4] scolpite in basso sul fianco sinistro sulla facciata della chiesa di San Michele. Le croci in parte mascherate dalla successiva sopraelevazione fatta nel XVI secolo del selciato perimetrale alla Chiesa. Altre croci templari poste all’interno di cerchi e quadrati si ritrovano negli intarsi sulla facciata della chiesa.
 
Figura 5. Lucca San Michele in Foro – Croci Templari fianco sinistro esterno
 
 
                                    
 
Perché la parte superiore della facciata si eleva verticalemnte oltre la copertuta della chiesa? Il motivo è da ricercarsi nella moltitudine di intarsi simboli e sculture misteriche. Al vertice, la colossale statua di San Michele che infilza con la sua lancia il Drago.
 
Il tema delle coppie o degli opposti è meticolosamente ripetuto, prendiamo ad esempio in esame la quarta loggia contando dall’alto. Le colonnine si alternano bicromatiche e neutre, gli opposti e l’equilibrio. Esaminando il gruppo delle tre colonnine centrali,  vediamo che la colonnina di sinistra è realizzata con un motivo a spirale bianco e nero, la spirale bianca è abbellita con fiori bianchi a cinque petali, in alto in corrispondenza della colonna, sopra gli archi, una croce templare, e un grande fiore bianco a cinque petali (il numero dell’uomo) in un cerchio scuro. A destra in un cerchio un fiore a quattro petali a forma di croce, a sinistra in un cerchio in fiore a sei petali, i due fiori hanno in totale 4+6=10 petali il fiore centrale cinque petali, i tre fiori 10+5=15 petali, la Pentactide. In alto una coppia di animali che si fronteggiano.
Figura 6. Lucca San Michele in Foro colonnine centrali galleria inferiore
 
 
La colonna centrale è neutra perché non ha intarsi bicromatici, si notano quattro settori uguali centrali. Sopra in un cerchio nero una stella bianca a otto punte, il doppio 2x4=8 quadrato in equilibrio. In alto un solo animale un uccello palustre dal collo lungo un cigno o un ibis. Non vi è contrapposizione, solo equilibrio.
 
A destra la colonna ha un motivo duale bianco e nero floreale, e con una coppia di draghi con le code arrotolate che discendono. Sopra una stella a sei punte e una coppia di orsi in posizione verticale che si fronteggiano. Le colonne che portano gli intarsi chiari e scuri in alto hanno una coppia di animali che lottano tra loro. Le colonne neutre non presentano lotta.
 
La cornice in basso è decorata di foglie che ruotano in senso opposto, al centro sei simboli, una croce templare, tre fiori di Lys disposti a croce, un albero a sette rami, e un fiore di Lys, all’interno di cerchi, una stella a sei punte e una croce a bracci uguali a punta.
 
[1] La formula per calcolare i lati è 3n(n + 1)/2 dove n è il rango triangolare meno 1; nel nostro caso n=4.
[2] Vincenzo Pisciuneri Notre-Dame De Chartres Templare I - I Segreti Della Facciata Ovest www.sapienzamisterica.it
[3] http://www.duepassinelmistero.com/
[4] Croci che probabilmente si riferiscono a sepolture templari.