Egitto - La Sapienza senza tempo
Egitto misterico
<> LA COSMOGONIA DI ELIOPOLIS - LA GRANDE ENNEADE <> OSIRIDE SIGNORE DELL’ETERNITÀ <> LA COLLINA-PIRAMIDE PRIMORDIALE <> IL FARAONE - PER-AA-SA-RÂ <> RITUALE DELLA FONDAZIONE DEL TEMPIO PRESENZIATO DAL FARAONE <> LA MATEMATICA DIVINA <> LA DIVINA MISURA <> IL NUMERO AUREO <> IL NUMERO π - I POTERI CREATORI <> LA RELAZIONE TRA Φ E π - LE MISURE DEL FIGLIO DELLA LUCE <> IL PASSAGGIO ATTRAVERSO LA PORTA <> I TEMPLI MISTERICI MEGALITICI <> KARNAK <> LA STELE DELL’INVENTARIO <> ABHYDOS – ABIDO <> OSIREION IL LUOGO DEL PRINCIPIO <> IPOTESI SUI MISTERI CELEBRATI NELL’OSIREION <> SIMBOLO GEOMETRICO CON CERCHI INTRECCIATI DETTO FIORE DI VITA <> IL TEMPIO A VALLE DI CHEFREN <> CRONACHE PREDILUVIANE <> PIRAMIDI AI QUATTRO ANGOLI DEL MONDO <> IL MARE DI TRITONE <> LA SFINGE DI GIZA <>
LA COSMOGONIA DI ELIOPOLIS - LA GRANDE ENNEADE
La Divinità Astratta anche per gli egizi era simbolizzata dalle Acque dell’Oceano Primordiale, uno spazio senza confini il Nun. Due sono gli elementi che costituiscono la non-esistenza primordiale, l’Acqua Illimitata e la Tenebra Originaria. A questo Dio nascosto non furono edificati templi, non ebbe devoti tra la folla, fuorché gli Iniziati che avevano libero accesso alla casa della Vita. La cosmogonia dei sacerdoti di Heliopoli ci dice che dapprima esisteva un oceano di energia immobile, oscuro e freddo, il Nun.
La cosmogonia dei sacerdoti di Heliopolis, narra che dapprima esisteva un Oceano di Energia immobile, lo Spazio senza confini, il Nun. Un Uovo e galleggia sulle Acque del Nun. Improvvisamente si produsse una vibrazione, un punto di luce, che prese il nome di Atum “colui che è, e Colui che non è”. Nel Libro dei Morti Atum-Râ è descritto, nel Libro dei Morti, radiante nel suo Uovo.
Io sono l’Anima Creatrice dell’Abisso Celeste. Nessuno vede il mio nido, nessuno può spezzare il mio Uovo. Io sono il Signore.[1]
Nella Notte Cosmica, simbolizzata da un Cerchio in perfetto riposo, la Materia Spaziale conosciuta come la Vergine Cosmica è in uno stato indifferenziato. Quando giunge il Giorno della manifestazione, il Soffio agisce sulle Acque della Materia Cosmica polarizzandola e differenziandola: la Vergine Cosmica diviene la Madre Universale, partorisce i suoi Figli e resta sempre Vergine. Vi è una Materia Primordiale, Indifferenziata, chiamata Sostanza, ciò che essa emana non nasce da Essa, ma attraverso Essa, pertanto questa Materia resta Vergine, infecondata e asessuata. Come lo Spirito, la Vita, si differenzia in Tre Aspetti, così pure la Materia si differenzia in Tre Attributi: ad una Trinità Maschile fa equilibrio una Trinità Femminile. La filosofia Indù paragona i Tre stati della Materia a corde musicali, associate a Tre vibrazioni fondamentali. Nei Veda è scritto che nel Caos primordiale, prima della formazione dei Sapta Samudra, i Sette Oceani di materia. I Tre attributi della Materia, in oriente sono detti Guna. Tamas è l’inerzia, la stabilità o la base della materia, la contrazione, il perfetto riposo. Rajas, il movimento, l’espansione: è l’attività della materia, la forza centrifuga, l’opposto dell’inerzia che rappresenta la forza centripeta. Sattva è l’equilibrio fra le Due Polarità, la causa del movimento rotatorio, la forza che rende possibile la formazione di nuclei di materia
Il Mistero di Eliopoli narra la creazione della Grande Enneade, i Nove Dei o Principi, emersi dal Nun, la divinità astratta, l’Oceano freddo e oscuro, le Acque dello Spazio stellare. Atum (Tum) aprendo la bocca (scissione dell’Uovo Cosmico) vomita, Shu, e Tefnut, la Forza Duale. Atum Shu e Tefnut, formano la Triade (Triangolo) Primordiale. Questa coppia genera Nut e Geb, il Cielo e la Terra che vengono separati da Shu. Il mito narra che Shu sollevò Nut affinchè formasse l’arco del firmamento lasciando Geb sdraiato sulla schiena in modo che diventasse la Terra, separando così il Cielo dalla Terra. Questa seconda coppia creò altre due coppie Osiride e Iside, Seth e Neftis. Le Nove energie uscite dal Num, lo spazio celeste, i cui nomi sono Atum, Shu, Tefnut, Nut, Geb, Osiride, Iside, Seth, Neftis, sono i principi che compongono la Grande Enneade. Con la genesi delle Nove dininità dall’Uno, la teologia della creazione di Heliopolis arriva alla sua conclusione. Con l’avvento di Horus ilnumero degli Dei è portato a Dieci 10 = 1+0 = 1. Il Nove è un limite che non può essere oltrepassato se non ci si vuole ritrovare nel principio.
FIGURA 1. LA GENERAZIONE DEI DIECI DÈI
Il mito racconta che Iside si accoppiò già nel ventre materno con Osiride e da questa unione nacque Horus, portando così il numero degli dèi a Dieci. Il numero sacro attribuito ad Horus[2] è in effetti dieci il cui simbolo nell’antica scrittura visualizza un ritorno all’inizio simboleggiato dal numero Uno. Il significato del numero 10 è che, sia nella nostra scrittura che in qualla dell’antico egitto, esso simboleggia un ritorno all’inizio. Horus è il rflesso macrocosmico di Atum.
FIGURA 2. I NUMERI 1 E 10 NELL’ANTICA SCRITTURA EGIZIA
OSIRIDE SIGNORE DELL’ETERNITÀ
I documenti egizi più antichi sono noti come i Testi delle Piramidi, ad Abido in una tomba, scolpito su una stele votiva (3° registro) si trova scritto:
Salute a te, o Osiride, figlio maggiore di Geb; tu il più grande del Sei Dei emanati dalla dea Nut, tu il più grande e prediletto di tuo padre Râ, re della durata, Maestro dell’Eternità … radunasti tutte le corone sulla testa e vi attaccasti l’Uraeus (il cobra sacro).
Ad Abido si trova il tempio di Seti I (1306, 1290 a.C.) conosciuto con il nome di “Casa di milioni di anni” dedicato ad Osiride, il Signore dell’Eternità. Di Osiride, “re dell’eternità e signore dell’immortalità”, si diceva che attraversasse milioni di anni della sua vita. I Testi delle Piramidi narrano che la barca di milioni di anni del Dio Sole naviga nello spazio interstellare. Secondo la leggenda, in questo luogo sacro, Iside trovò la testa del suo sposo, il più importante dei 14 pezzi del corpo di Osiride smembrato dall’oscuro Seth signore del deserto e fratello di Osiride. Il ritrovamento della testa di Osiride ad Abido indica che da questo importante luogo è iniziata la storia antica dell’Egitto.
Nel capitolo del Libro dei Morti citato da Maspero , troviamo:
- Osiride che dice di essere Tum (Atum) – la forza creativa che dà forma a tutti gli esseri … – uscito dal Num, il fiume celeste, chiamato Padre-Madre di tutti gli Dei …
- Egli ha trovato Shu, la forza solare, sulla gradinata dei Otto (i due quadrati del Bene e del male), ed ha annichilito i Figli della Ribellione, i principi maligni in Nun (Caos).
- Egli è il Fuoco e l’Acqua, cioè Num, il primo progenitore, e creò gli Dei traendoli dalle sue membra – quattordici Dei (due volte sette), sette Dei delle tenebre e sette della luce …
- Egli è la legge della resurrezione nell’Eternità, in cui la Notte segue il Giorno e il Giorno alla notte – un’allusione ai cicli periodici della resurrezione cosmica e dell’incarnazione umana. Infatti che altro significato potrebbe avere questo? “Il Viandante che attraversa milioni di anni è il nome di Uno, e il Grande Verde (Acqua primordiale o Caos) il nome dell’Altro”, l’uno genera successivamente milioni di anni, l’altro li inghiotte per tornare a restituirli.
- Egli parla dei Sette Esseri Luminosi che seguono il loro signore Osiride, il quale amministra la giustizia nell’Amenti.
[1] Libro dei Morti cap. XVII, 50-51.
[2] Jeremy Naydler, Il Tempio del Cosmo, Neri Pozzi Editore, p.68.
[3] I Sette Oceani che poi vengono sbattuti o frullati dagli Dei.
LA COLLINA-PIRAMIDE PRIMORDIALE
Atum-Râ uscendo dal suo Uovo Cosmico, prese forma ed emerse dall’Oceano d’Energia su una Collina primordiale, a forma di piramide, sulla cui cima era posta la pietra piramidale detta Benben direttamente associata ad Atum-Râ, su cui si posava il Bennu, la Fenice, le cui apparizioni e scomparse erano legate ai cicli planetari di distruzione e rinascita delle epoche del mondo. Atum decise di creare la prima coppia Shu e Tefnut, la prima coppia divina, la Forza Duale, aprendo la bocca, cioè spezzando in due l’Uovo Cosmico.
Le informazioni fondamentali che si traggono dal mito egizio sono le seguenti:
- La Forma o la creazione Primordiale è rappresentata tramite una Piramide.
- In cima alla piramide si posa la Fenice, simbolo di ciò che rinasce dopo una distruzione di un continente o di una generazione di uomini.
- La Piramide individua nello spazio Cinque punti.
- La Collina Primordiale esprime sette stati di materia che nella Piramide di Zozer sono visualizzati in sei gradini e sette livelli.
FIGURA 1. COSMOGONIA DI HELIOPOLIS
La prima forma geometrica, la piramide primordiale, è composta di quattro superfici triangolari. Come Pitagora dimostrò, il Cosmo non fu prodotto attraverso nessun numero, ma geometricamente.
Nel Timeo di Platone, il principio armonico e la ragione matematica alla base della teoria dei quattro elementi è la proporzione, e il principio geometrico, gli oggetti del sensibile sono formati da triangoli che si compongono in figure geometriche.
La minima superficie è individuata da tre punti, i vertici di un Triangolo. Proco, scriveva che i Pitagorici dicevano che il Triangolo è il principio della generazione. Per i Pitagorici e per Platone, il Triangolo rappresentava l’atomo, la parte ultima e indivisibile di una superficie, perché un poligono è sempre suddividibile in triangoli.
Se si uniscono tre punti nello spazio, si ha la prima figura piana, la prima elementare manifestazione razionale, si ha il primo stadio della realizzazione di qualsiasi progetto. Lo sanno bene i matematici e gli ingegneri che il sistema della triangolazione è alla base di tutti i problemi di calcolo e di misurazioni perfino in astrofisica e geodesia.
FIGURA 2. GEOMETRIE DEL TIMEO
La base della piramide è un perfetto Quadrato, che il Timeo descrive composto di quattro triangoli isosceli, uniti nel centro: ciò che appare è la vista dall’alto della piramide. Inoltre la piramide è esattamente la metà della figura del secondo elemento cosmico del Timeo, la forma dell’Aria.
Per quanto riguarda la seconda affermazione, fondandoci su un passo di Diodoro, in cui si legge che la Grande Piramide terminava con una piattaforma larga sei cubiti, si deduce che il Pyramidion aveva 6 CR cubiti reali come dimensione di base. I Pyramidion erano costituiti nell’Antico Regno, da materiali rari come la diorite o il nero basalto
Questo Pyramidion o Benben si trovava posto non solo sulle piramidi ma anche sugli obelischi ed era identificato con la sacra pietra conica dei Greci e dei Siriani, l’Omphalos[1] e il Betilo.
Si affermava che il Benben la sacra pietra conica era d’origine celeste, perché caduta dal cielo, cioè un meteorite. Il colore di questa pietra è nero, come quello della sacra pietra dei Mussulmani. Poiché Benben significa radiante, il meteorite doveva possedere forti proprietà magnetiche. Il termine ben che significa “generare” ripetuto due volte può significare “Fuoco della Doppia Generazione”. Il carattere doppio allude al fatto che Atum generò la prima coppia di divinità, Shu e Tefnut.
La colonna, l’obelisco, il monolite simboleggiava un albero che all’inizio del mondo, nel Primo Tempo, cresceva sull’Isola della Creazione, la prima terra emersa dalle acque.
Era venerata come reliquia cosmica a Heliopolis, sul colle dove si riteneva fosse sorta la prima alba. Qui secondo la tradizione si trovava il pilastro sacro a cui si deve il nome della città (Annu, città della colonna) e sulla sommità trovava posto il Benben simbolo del Sole, il dio Atum-Râ.
In Siria, ad Emessa sorgeva il santuario del dio Eliogabalo dove si trovava una sacra pietra conica e nera. La pietra piramidale Benben della piramide di Amenemhet III che si trova al Museo del Cairo è nera.
FIGURA 4. BENBEN MUSEO DEL CAIRO
La Casa della Vita rievoca anch’essa la Collina-Piramide originaria. Essa è definita dai quattro punti cardinali e dal vertice, il quinto punto, e come per le piramidi e il tempio, rappresenta uno spazio sacro, un quadrato nel cerchio celeste.
La costruzione del Tempio era prerogativa del Faraone che dopo aver eseguito il “rituale della fondazione del tempio”, affidava la realizzazione dell’opera agli “amici unici”, i custodi della Conoscenza Sacra che facevano capo alla Casa della Vita[2].
Lo stesso concetto era applicato nella vicina Mesopotamia, dove la Piramide era la Ziggurat sacra dalla cui sommità discendeva il Creatore del mondo. Nel circolo celeste di 360 gradi-giorni vi erano i Cinque Punti che limitavano la Ziggurat che rappresentavano i cinque elementi con cui tutto è creato. Alla fine dell’anno sacro di 360 giorni si sommava la settimana di cinque giorni, durante la quale il vecchio anno moriva e il nuovo nasceva e si ricostituiva il principio della divinità nel mondo. Lo stesso ragionamento valeva per gli Egizi secondo quanto ci viene riferito da Plutarco in De Iside: 360 + 5 = 365 = 3 + 6 + 5 = 14 = 2x7.
La piramide a gradini di Saqquara opera del geniale architetto e astronomo Imhotep, è particolarmente espressiva perché costruita con Sei gradoni[3], in modo da formare Sette Livelli. Questo tipo d’architettura sacra era noto anche dai vicini Babilonesi, dove la ziggurat di Borsippa riparata da Nabuconodosor era chiamata il tempio delle sette sfere del mondo.
FIGURA 5. LA ZIGGURAT SACRA A SEI GRADONI
La particolare architettura delle piramidi e in particolare quella a gradoni, rivela in se stessa l’orientamento del pensiero metafisico dei loro costruttori. La sommità è perduta nel cielo azzurro della terra dei faraoni e rappresenta il punto primordiale perduto nell’universo invisibile dal quale partì la prima razza dei prototipi spirituali dell’uomo. Ogni mummia, dal momento in cui è stata imbalsamata, ha perduto, in un certo senso, la sua individualità fisica e simboleggia la razza umana. Posta nel modo più favorevole per aiutare l’uscita dell’ “anima”, quest’ultima doveva passare attraverso le sette camere planetarie prima di uscire dalla simbolica sommità. Ogni camera rappresentava, in egual tempo, una delle sette sfere e uno dei sette più alti tipi di umanità psico-spirituale considerati al di sopra del nostro.
I sette livelli, corrispondenti alle sette sfere planetarie, rappresentano i vari stadi dell’ascesa attraverso cui l’anima deve passare dopo la morte. L’archeologo Petrie ha scoperto che la piramide di Medun fu costruita in sette spezzoni prima che le applicassero una copertura esterna continua[4].
L’Egitto è un’immagine del Cielo, un trasferimento di tutto quello che è esercitato nel Cielo. Il nostro paese è il Tempio del mondo intero. (Ermete Trismegisto)
Il Nilo Celeste, Nen-naou, la Via Lattea è la Madre di mille stelle e per ultimo del nostro piccolo sistema solare. In alto nel cielo, le stelle luminose, in basso sulla terra i Re di Luce, i Faraoni, alla cui morte si ritrasformavano, come Osiride, in stelle. Osiride era identificato con Orione, Iside, la sua sposa, con Sirio.
Guardate egli è diventato come Orione, guardate Osiride è diventato come Orione … O re, il Cielo ti concepisce con Orione … [5]
Il Re è una stella che illumina il Cielo …[6]
Io sono un’anima … io sono una stella d’oro …[7]
Il Nilo che scorre orientato sud-nord sulla terra d’Egitto, al pari del modello celeste, divide la terra in due parti uguali, una ad est, l’altra ad ovest. Il Sole, Râ sorge ad oriente, attraversa il Nilo, invecchia e muore ad occidente. L’est e l’ovest, non sono semplici punti cardinali, bensì direzioni metafisiche: così il lato occidentale della valle del Nilo diviene il luogo dei processi di morte con i suoi complessi funebri, mentre oriente è il luogo della rinascita, della nuova vita che inizia ad ogni nuovo giorno.
Il sud è la direzione che guarda la terra degli Etiopi, da cui vennero i primi Faraoni, e da cui giunge il Nilo, la direzione delle sorgenti dell’acqua di vita. Gli Egizi affermavano che il Nilo arrivasse sulla terra dalle regioni della Duat, tradotta come oltretomba, ma in realtà è la zona di confine fra la terra materiale e il cielo spirituale. Osiride, il Nilo, il Signore della Duat con la piena del flusso fecondatore irrorava la terra arida dandole vita vegetativa. Guardando verso sud, Osiride appariva come Orione nell’epoca immediatamente precedente l’inondazione, che veniva annunciata da Iside Sirio, la stella delle acque, che seguiva Orione sulla linea dell’orizzonte meridionale. A nord, in contrapposizione, si hanno le stelle polari che non tramontano mai.
[1] L’Omphalos erta noto anche come l’ombelico del mondo.
[2] Quando Flavio Clemente fondò verso l’anno 200 una comunità di sapienti ad Alessandria d’Egitto, utilizzò 42 libri segreti provenienti dalla biblioteca della Casa della Vita.
[3] I sei gradoni decrescono in altezza dai 9,40 metri del primo fino ai 7,70 dell’ultimo.
[4] Citato da R. Bauval e A. Gilbert nel “Il Mistero Di Orione”, p. 29, Corbaccio.
[5] Testi delle Piramidi, 820.
[6] Testi delle Piramidi,362.
[7] Testi delle Piramidi, 886, 889.
IL FARAONE - PER-AA-SA-RÂ
Il Faraone, che secondo gli egittologi il cui sepolcro doveva trovarsi all’interno delle piramidi, è da un punto di vista sacerdotale il costruttore di piramidi, perché è considerato il figlio di Nut e di Geb (il Cielo e la Terra) e al pari di Osiride egli regna sulla terra di Egitto sgorgata dall’Oceano o Nilo Celeste, da cui gli stessi Dei sono nati.
La terra d’Egitto, fin dal tempo degli Dei, è l’unica figlia della Luce, il cui figlio è colui che siede sul trono del Dio Shu.[1]
Il trono di Shu è quello del Faraone, questo Re, Sa-Râ figlio della Luce o di Râ, regna fin dall’Uovo le cui due metà sono aperte all’inizio della manifestazione. Il Faraone è definito con chiarezza come l’immagine del Signore dell’Universo. Il nome egizio di Re è Pra, che significa la “Grande Casa”, il Faraone è dunque Per-aa ossia la Grande Dimora e come figlio di Râ il suo nome diviene Per-aa-Sa-Râ. Quale essere collettivo dell’Egitto, riuniva in sé tutta la collettività in una Grande Casa, costruita con le leggi dell’equilibrio e dell’armonia, che come si vedrà in seguito sono tutte riportate nella Grande Piramide.
Il Re ha unito i Cieli, il Re costruisce la Città di Dio.[2]
Il mito racconta che quando gli Dei regnavano sull’Egitto utilizzavano un’opera intitolata “Libro di fondazione dei templi per gli Dei della prima Enneade”, quest’opera era poi stata redatta in linguaggio sacro e misterico da Imhotep, grande Architetto e grande sacerdote di Ptah. Il Re era anche noto come il Maestro dei Costruttori, egli costruisce il Tempio, il Set-ib, o il posto nel cuore, secondo le proporzioni originarie stabilite nel Libro della Fondazione. I testi delle piramidi affermano che il Re ha unito i Cieli e ha costruito la città di Dio intesa come mezzo di comunicazione fra il Cielo e la Terra. In Egitto, il Faraone rappresentava la Grande Casa, in altre parole l’Essere Comunitario, il ricettacolo di tutte le energie del Cielo e della Terra[3]. Egli come il suo simbolo, la Grande Piramide, ha come segno di riconoscimento il numero cinque, il numero dei vertici della Grande Casa, la Piramide, e dei nomi del Re.
I cinque nomi del Faraone che componevano la sua titolatura, erano incisi su ogni monumento, su ogni stele, su ogni tempio, perché sono i nomi della Grande Casa e nel simbolismo della Grande Piramide, rappresentano i quattro vertici di base, simbolo dei quattro elementi sintetizzati dal quinto vertice, la Luce divina o Râ. Il primo nome lo identifica come Horos vivente erede del trono di Geb, la terra vivente[4]. Il secondo nome Le Due Signore, le Dee Nekbet e Vadjit nelle sembianze di un avvoltoio e di un cobra eretto, simboli delle De Terre o dell’Alto e del Basso Egitto.
FIGURA 1. FALCO REGALE
Il terzo nome è Horus-Nubti, Horus d’oro, simboleggiato come un falco su un collare d’oro. Il simbolo è quello della forza di Horos che doma Seth, la forza bruta. Il quarto nome è quello dell’ape e del giunco, Sut-Bit. L’ape è quella regina che si accoppia con il maschio nel cielo sotto i raggi del sole. L’ape e il miele nell’antichità erano legati al potere della riproduzione. Il giunco è la pianta che nasce dal fango e sale verso il cielo, simbolo della via evolutiva di ciò che è generato. Infine il quinto nome è Sa-Râ, figlio di Râ, la luce divina, il vertice della piramide.
I cinque nomi del Faraone che componevano la sua titolatura, erano incisi su ogni monumento, su ogni stele, su ogni tempio, perché sono i nomi della Grande Casa e nel simbolismo della Grande Piramide, rappresentano i quattro vertici di base, simbolo dei quattro elementi sintetizzati dal quinto vertice, la Luce divina o Râ. Il Faraone come il suo Dio Râ egli scende dal vertice della Grande Casa sulla terra per unificare le Due Terre che rappresentano i due opposti, che se lasciati liberi si combatterebbero continuamente, come Horos e Seth gli acerrimi nemici, portando disordine e rovina.
I cinque vertici della piramide, al pari dei cinque nomi del Faraone, sono un’immagine degli Elementi con i quali è creato il mondo materiale, divulgati con linguaggio velato da Platone nel Timeo. Il vertice non visibile della piramide, la pietra d’angolo discesa dal cielo, il Benben, detto Pyramidion, rappresenta il Dio Atum-Râ che discende sulla terra, simboleggia il quinto elemento, l’Etere luminoso, che sovrasta i quattro elementi densi di base, cioè Fuoco, Aria, Acqua, Terra. In Grecia Zeus, il Padre Etere, e in India Brahma sono rappresentati quadruplici, cioè padroni dei quattro elementi.
RITUALE DELLA FONDAZIONE DEL TEMPIO PRESENZIATO DAL FARAONE
Questo rituale è attribuito all’Architetto Imhotep[5], Iniziato alla conoscenza del “Libro Divino per costruire la dimora di Dio”, ed era riportato nel Libro della Fondazione attribuito al Dio Thoth, la personificazione della Sapienza. Prima di applicare le prescrizioni del Libro della Fondazione, il Re quale Capo dei Maestri Costruttori, teneva consiglio: agli amici unici, frequentatori della Casa della Vita, poneva domande affinché i custodi del Sigillo di Dio dessero il loro parere.
La cerimonia del “tendere la fune” era presenziata dal Faraone in persona che nel giorno stabilito, al crepuscolo indossando l’abito cerimoniale, si presentava nel luogo prescelto accompagnato dagli amici unici della Casa della Vita. Le operazioni avevano inizio di notte affinché il tempio potesse essere orientato fissando esattamente il Nord, osservando la stella polare. Il procedimento del rituale e della Misura è riportato in una descrizione dell’epoca tolemaica nel Tempio di Edfu, dedicato a Horos, procedimento che trasse la sua origine dalle regole di Imhotep.
Ho afferrato il piolo. Prendo la corda di misurazione … Il mio occhio è fisso sulla Grande Orsa[6]. Io conto il tempo, verifico, l’orologio, stabilisco gli angoli del mio santuario …[7]
Dopo aver individuato l’Orsa Maggiore, il Faraone il cui nome è Per-aa, la Grande Casa, servendosi della clessidra calcolava i tempi necessari e con uno strumento detto merkhet[8] determinava l’orientamento dei quattro angoli del luogo sacro. Il giorno successivo, il Re tendeva la fune ai quattro angoli dopo aver piantato i picchetti servendosi di un mazzuolo d’oro, dopo di che scavava il primo solco “quattro volte” con la zappa, poi posava il primo mattone “quattro volte” per i quattro angoli del tempio: Infine egli purificava “quattro volte” la cinta del tempio. Il Tempio delimitato dal solco perimetrale rappresenta il “cosmo manifestato” sorto dalle Acque dello Spazio. Akhet è lo spazio cosmico dove nasce la prima collinetta, di cui la piramide è un simbolo. Questo Tempio, delimitato dal solco sacro tracciato dal Faraone è fatto ad immagine dell’universo.
[1] Stele di Israele. Shu, il padre di Geb e di Nut, l’energia solare.
[2] Piramidi, 514.
[3] Christian Jacq, Potere e sapienza nell’antico Egitto.
[4] La terra geografica è Ta.
[5] Imhotep, visir del Faraone Zozer, ideatore della piramide a gradoni di Saqquara, fatta con pietre estratte dalle cave e già squadrate, alto sacerdote in Eliopoli (On la città della colonna su cui si posò la Fenice), astronomo generale Capo degli Osservatori celesti, esperto in medicina tanto da essere identificato dai Greci con il dio della medicina Asceplio. È stato in seguito deificato, quale Sommo fra i Sommi Iniziati.
[6] La Grande Orsa era nota dagli Egizi col nome di Coscia di Bue.
[7] Rituale egizio pronunciato dal Faraone nell’atto di delimitare le fondamenta di un Tempio.
[8] Il merkhet era uno strumento composto di una livella alla cui estremità e collegato un filo a piombo. Unito ad un cerchio graduato di pietra o di rame, costituiva il mezzo per realizzare il giusto allineamento. Gli astronomi egiziani puntando al centro dell’ellissi formato dalla variazione massima della polare, erano in grado di stabilire esattamente il nord.
LA MATEMATICA DIVINA
La conoscenza geometrica dei costruttori delle piramidi cominciava dove quella di Euclide finiva. Prima che la Grecia esistesse, le arti egiziane erano mature e vecchie. Gli Egiziani conoscevano certo molto bene l’arte di misurare il terreno, che è fondata sulla geometria.
Il calcolo è assicurato: la porta d’accesso alla Conoscenza di tutte le cose e agli Oscuri Misteri. (Papiro di Rhind)
Due numeri non interi, bensì irrazionali compaiono nelle rappresentazioni geometriche dell’antichità, il numero aureo Φ e il numero p greco π, entrambi numeri incommensurabili, inesprimibili. Pitagora era stato istruito per 22 anni nei templi egizi, dove apprese tutti i segreti dei numeri interi e irrazionali compreso il π che è parte integrante del cubito[1] e il numero aureo Φ la base di ogni costruzione armonica in natura e in architettura.
L’espressione arithmòn árrethos άριθμόν άρρητον, significa “numero inesprimibile” o “indicibile”, o anche “misterioso” e “sconosciuto”, e l’aggettivo árrethos άρρητος, è un termine misterico ampiamente in uso negli ambienti delle antiche confraternite iniziatiche occidentali. Poiché l’esperienza iniziatica è di per sé indicibile, per questo in Grecia s’indicava col termine árrethos (άρρητος) che vuol dire appunto in-esprimibile[2]. Platone chiama inizialmente l’irrazionale árrethos, ossia Mistero Ineffabile.
LA DIVINA MISURA
Nel 1792, in Francia, lo spirito illuminista che guidava la Rivoluzione francese convinse il governo rivoluzionario ad incaricare la comunità degli scienziati, attraverso l’Accademia delle Scienze, della definizione di un sistema di unità di misura universale, ricavato da parametri non soggetti all’arbitrio umano. Dopo ampie discussioni, per la lunghezza fu deciso che l’unità base, il metro, sarebbe stata pari alla decimilionesima parte dell’arco di meridiano compreso fra il Polo Nord e l’Equatore e passante per Parigi[3].
La Misura Base nell’antico Egitto era il Cubito Reale o Faraonico, non un numero intero secondo il nostro Sistema Internazionale di misura, ma in relazione geometrica esatta p greco "π/6” con il nostro metro.
Non è possibile che coloro che hanno ideata quest’unità di misura non sapessero. Ed inoltre è ancora casuale che il vertice della Grande Piramide sia situato al 30° grado di latitudine? Questo valore in gradi è lo stesso del tetto della Camera della Regina nella Grande Piramide dell’altopiano di Giza e del tetto della cosiddetta tomba di Osiride del tempio Osireion ad Abido.
Nel mito cosmogonico, al Caos è sostituita la creazione ordinata, rappresentata dalla Collinetta Primordiale, la Piramide. Da questo luogo Râ si manifesta dopo aver messo la dea Maat là dove prima era il Caos. Il simbolo geometrico e misterico del nuovo ordine cosmico rappresentato nel Libro per uscire alla luce, o Libro dei Morti, compilato per la regina Maat-Ka-Ra Hatscepsut, è un rettangolo, da cui sorge la testa della dea sormontata da una piuma di struzzo[4], simbolo di peso preciso sulla bilancia. Nella composizione del vocabolo egizio, Maat appare il simbolo del cubito, o regolo, lo strumento usato sia per le misure lineari e sia per la lunghezza unitaria del flauto.
FIGURA 1. SIMBOLO DELLA DEA MAAT
Si tracci un cerchio di diametro unitario cioè di 1 metro , di raggio OA uguale a 0,5 metri , dopo di che si tracci un arco di 60°, la corda AB definita dal lato di un esagono regolare inscritto nella circonferenza, rappresenta il valore esatto del cubito. Il cubito reale è a sua vola diviso in 7 palmi (mani), a sua volta ognuno diviso in 4 pollici:
1 CUBITO REALE = π/ 6 m = 0,5236 m = 7 PALMI = 28 POLLICI = 100 n
1 CENTESIMO 1/n = π / 600 m = 0,005236 m
1 PALMO = π/ 42 m = 0,0748 m
FIGURA 2. DETERMINAZIONE DEL CUBITO FARAONICO
Questa figura è quella dei Poteri Creatori cioè la circonferenza, il p, la cui esistenza è in relazione con il Diametro, immagine del Primogenito, il Verbo di Dio. Il cubito è la sesta parte di questa circonferenza, che individua un perfetto triangolo Equilatero, simbolo dell’equilibrio e dell’armonia, prerogative di Maat.
Il CR cubito reale è dunque la sesta parte di una circonferenza di diametro un metro, parte che a sua volta è divisa in Sette parti ottenendo così sette palmi. Gli Egizi hanno per primi in occidente, almeno per quanto sappiamo realizzato un sistema di misura settenario, del tempo e dello spazio. Dividendo un palmo per Quattro, la Base di ogni Misura, si ottiene un pollice. Un cubito è uguale a 28 pollici , ventotto è un numero legato al ciclo lunare, la creazione nel ventre materno di un essere umano avviene in 10 mesi di 28 giorni, cioè in 280 giorni, il numero di cubiti dell’altezza della Grande Piramide.
FIGURA 3. IL CUBITO FARAONICO[5]
L’amico architetto Marco Virgilio Fiorini[6] spiega che la divisione della circonferenza in 6 parti di 60°, è in accordo con la posizione geografica della Grande Piramide nei confronti della circonferenza terrestre. La distanza in gradi della Grande Piramide e il Nord (verso cui essa è orientata) è appunto 60°. Un luogo dove il cubito reale è mistericamente impresso nella pietra è il pavimento della Camera dl Re della Grande piramide, un perfetto rettangolo 10x20 CR. Anche la Camera della Regina con i suoi 10x11 CR di pavimento, ha impresso questo valore.
Si utilizzavano anche I seguenti multipli e sottomultipli:
1 SHET = 40 CR = 20,9440 m
1 PIEDE = 14 POLLICI
1 REMEN = 5 PALMI
1 SHET = 56 REMENS
Risultano valide le seguenti relazioni:
1 CR = √2 SHET
1 REMEN = √2 PIEDE
[1] Il Cubito è la sesta parte della Circonferenza di Diametro Uno, precisamente di diametro un metro.
[2] Árrethos è la negazione di rètòs il cui significato è di razionale, misurabile, dunque esprimibile.
[3] http://www.torinoscienza.it.
[4] Figura n. 25 riportata da Boris de Rachewiltz in “Egitto magico religioso”. Dal papiro della regina Kamara esposto al Museo del Cairo.
[5] Questo regolo graduato di un cubito, su cui è inciso il nome del ministro delle finanze di Tutankhamon, riporta le suddivisioni comunemente in uso: 28 dita di cm 1,87 e 7 palmi di 4 dita (= 7,48 cm ). Ogni dito è posto sotto la protezione di un dio, qui nominato. Sulla faccia anteriore le dita della metà destra sono divise in frazioni da 1/2... fino a 1/16.
[6] Marco Virgilio Fiorini - L’armonia universale – Scoperte nelle piramidi le meraviglie di Maat. Priuli & Verlucca.
IL NUMERO AUREO
Il pavimento o la superficie di base della Camera del Re nella Grande Piramide, fornisce il metodo pratico per determinare il numero aureo Φ, conosciuto dai Pitagorici[1] e servito poi nella sezione aurea per la costruzione del Partenone di Atene e di altri monumenti. Sembra che i costruttori della piramide, ad un visitatore a loro posteriore avessero voluto lasciargli il seguente messaggio:
Costruisci due quadrati di lato unitario, accostali per formare un rettangolo di base il doppio dell’altezza, poi traccia una diagonale che interseca il lato centrale del quadrato. Da quel punto traccia una circonferenza di diametro unitario, il punto d’intersezione con la diagonale ti fornirà il valore del segmento aureo, cioè 1,61803. [2]
FIGURA 1. I RAPPORTI DIMENSIONALI
Il rapporto fra i due lati del rettangolo di 10 (5x2) e di 20 (5x4) CR cubiti reali è 1/2, pertanto il valore della diagonale AB vale la radice quadrata di Cinque. La diagonale è tagliata esattamente nel punto di mezzo dal lato interno del quadrato aggiungendo il segmento CD che è uguale al raggio, cioè 1/2, si ottiene il valore di:
Per quanto riguarda la restante parte della diagonale cioè AD, si dimostra, che questa è la parte aurea del segmento “AE = 1” , cioè del lato del quadrato unitario.
Calcolando la pendenza della piramide 280/220=14/11 si ricava un angolo di 51,8427° cui corrisponde trigonometricamente un coseno di 0,61782, praticamente coincidente con ϕ, fornito anche dal rapporto lato esterno piramide (di 356 cubiti) su metà lato di base (di 220 cubiti). Questo valore numerico a meno di un errore dello 0,2 per mille è uguale al valore aureo di AD = Φ - 1 = ϕ = 0,61803.
Il rapporto AE/AD è ancora uguale a Φ e pertanto il rettangolo di lato 1 e ϕ risulta ancora un rettangolo aureo.
IL NUMERO π - I POTERI CREATORI
È stato affermato che il Faraone rappresentava la Grande Casa, il ricettacolo di tutte le energie del Cielo e della Terra[3]. Egli come il suo simbolo, la Grande Casa, Grande Piramide, ha come segno di riconoscimento il numero cinque, il numero dei vertici della Grande Casa, la Piramide, e dei nomi del Re.
Il Pentateuco è composto di Cinque libri sacri, che sono tradizionalmente attribuiti alla sapienza mosaica. Mosè secondo quanto afferma S. Freud era un nobile egizio, e secondo Manetho il sacerdote egizio, Mosè[4] era un sacerdote egiziano di nome Osarsiph[5] del tempio d’Eliopoli. I punti in comune fra gli Egizi e gli Ebrei sono molti di più di quelli che normalmente s’immagina, gli Egizi sono diventati odiati[6] per ragioni politiche, poiché gli antenati degli Ebrei, gli Habiru delle cronache egizie, erano secondo le affermazioni dello storico Giuseppe Ebreo gli Hyksos, i nemici degli Egiziani. La versione ebraica della creazione, quella della Genesi, afferma:
In Principio Dio creò il Cielo e la Terra (B’rashit bar Elohim)… le Tenebre ricoprivano l’Abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle Acque.
Dio è la traduzione al singolare di un nome plurale, gli Elohim, i Poteri Creatori che sono menzionati prima della Causa che li ha creati: lo Spirito di Dio, menzionato nel secondo versetto. I primi due versetti sono stati scambiati di posto dai successivi compilatori[7] del Libro Sacro. Lo Spirito di Dio che si muoveva sulla superficie delle acque del Caos è al Causa che muove la Materia dello Spazio, il Nous dei Greci. Secondo Origene, Clemente Alessandrino, Calcidio, Metodio e Maimonide, in base al Targum di Gerusalemme[8] la parola B’rashit significa Saggezza, Principio. Pertanto la traduzione diviene Il Principio (il Verbo), (per mezzo degli) Elohim fece il cielo e la terra.
In (Il) Principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio…
tutto è stato fatto per mezzo di lui[9]
Questo è uno dei Misteri meglio custoditi sulla creazione del mondo. I Poteri Creatori, gli Elohim, gli Arcangeli, sono gli esecutori del volere divino. Elohim come Angeli creatori sono anche gli Alhim[10] il cui nome, formato da cinque lettere, cela il mistico π (31415 = 14 = 2x7), il rapporto fra Cerchio del creato e il Diametro, simbolo del Primogenito, del Principio.
Il valore numerico che la sapienza ebraica attraverso la cabala mistica attribuisce alle lettere che compongono la parola Alhim è: A=1 - L=30 - H=5 - I=10 - M=40. Nella Cabala, il numero 10 è un moltiplicatore e i numeri possono essere ridotti da uno a nove e pertanto: A=1 - L=30=3 - H=5 - I=10=1 - M=40=4.
FIGURA 2. ALHIM - ELOHIM
Leggendo in senso inverso a partire da L si hanno i primi cinque numeri di π, 31415, sommandoli si ottiene : 3 + 1 + 4 + 1 + 5 = 14 = 2x7. Il numero due volte sette o quattordici vela il mistico π. In 14 pezzi fu smembrato il corpo di Osiride. Questi Cinque numeri 31415 rappresentano gli Alhim Elohim della tradizione di Mosè, istruito in sapienza nei Templi egizi.
Il rapporto Cerchio/Diametro = 3,1415/1 = esprime la relazione tra Elohim/Primogenito.
Questa è la relazione che occultamente lega il numero Cinque con il π greco. In Egitto, il FaRAone, il rappresentante del dio Ra sulla Terra ha come segno di riconoscimento il numero Cinque. Le stanze di Dzyan citano espressamente come Gerarchia numerica dei Dhyan Chohan solo i primi Cinque numeri del numero incommensurabile π e precisamente: 31415. Cinque è il numero doppio, maschile e femminile, 2x5 dell’Uomo Celeste.
I Poteri Creatori che rappresentano la Forza Duale, sono visualizzati dal numero 2x7, e presiedono come Arcangeli i Sette Cieli superiori e le Sette Terre. Nel primo giorno della creazione essi separano la Luce dalle Tenebre della Materia, e fu Luce. Nel secondo giorno Dio separò le acque che sono sopra da quelle che sono sotto il firmamento. Il firmamento è l’Aria intesa come elemento di base: prima la Luce o l’Etere, poi l’Aria o vento Divino, poi l’universo materiale, le acque inferiori. Alla fine d’ogni creazione gli Elohim videro che quanto fatto era buono e ripetono per cinque volte la frase “ E Dio vide che era buono”, una per ogni giorno della creazione. Nel sesto giorno la frase[11] è ripetuta due volte e precisamente una settima volta dopo la creazione di Adamo. La Tradizione Himalayana attraverso i suoi scritti segreti afferma:
La Grande Madre sta con il triangolo (3), e la I (1), e il quadrato (4), la seconda I (1), e la stella a cinque punte (5), nel suo seno, pronta a partorirli, i valorosi figli del quadrato (4) triangolo (3) II (2), i cui antenati sono 'O' (l’Uovo Cosmico) ed il il Punto nell’Uovo.[12]
La Grande Madre o lo Spazio Stellare, sta col 31415, la sintesi, la Legione dei Costruttori unificata nel Primogenito, nel Verbo, pronta a partorirli i valorosi figli del 432 o il Ciclo del tempo di 4.320.000 anni, il Maha Yuga. All’inizio di ciascun ciclo di manifestazione i 2x7 Costruttori o Dei, o Arcangeli, discendono per formare un nuovo ordine di cose. La Grande Piramide è dunque la rappresentazione di tale mistero.
Plutarco scrive: Osiride è il Nilo che si congiunge alla Terra simboleggiata da Iside, e Tifone è il mare in cui il Nilo si getta e si disperde.[13] Il valore numerico della parola Neilos o Nilo è appunto 365, e lo scorrere del Nilo equivale allo scorrere del Tempo ciclico Inoltre il numero 365 e uguale a 3 + 6 + 5 = 14 = 2x7 il numero che cela il p il numero dei due volte sette costruttori. Fu dunque con la generazione del Figlio della Luce[14] che iniziò il Tempo. Dividendo il cerchio celeste di 360° per 5, cioè il numero dei figli generati dalla dea Nut, si ottengono 72 gradi, numero che coincide con quello dei congiurati che uccisero Osiride. Moltiplicando il numero dei congiurati 72 o anni impiegati dal sole equinoziale per completare uno spostamento precessionale di un grado, per i gradi di ogni settore zodiacale si ottengono gli anni corrispondenti ad un segno zodiacale, o ad un’era di 72x30 = 2.160 anni, che diventano 4.320 anni per due costellazioni zodiacali.
[1] Pitagora al suo ritorno dall’India andò a Menfi in Egitto.
[2] Il numero 1,618, compare nella successione di Fibonacci, dove ciascun valore è ottenuto sommando tra loro i due numeri precedenti. In questa successione il rapporto tra un numero e quello che lo precede tende a 1,681… Gli Egizi conoscevano questa successione e la utilizzavano per calcolare il valore del rapporto aureo.
[3] Christian Jacq, Potere e sapienza nell’antico Egitto.
[4] Il nome di Mosè è l’equivalente di bambino, termine che designa gli Iniziati che rinascendo a nuova vita ridivengono bambini. Nei nomi dei Faraoni si riscontra Thut-Moses, Ra-Moses. Gli Ebrei trasformarono il nome Moses in Moshe.
[5] Sacerdote del Dio Osiride?
[6] Anche il Faraone costruttore della Grande Piramide era odiato dai propri sudditi.
[7] Alle origini, l’Insegnamento veniva impartito solo oralmente, ad esempio da Mosè ai 70 Anziani, gli scritti non erano di dominio pubblico.
[8] La maggior autorità ortodossa in campo ebraico.
[9] Vangelo di Giovanni 1, 1-3.
[10] In Oriente, nell’Himalaya, il nome dei Poteri Creatori è Ah-hi, gli Alhim degli Ebrei.
[11] I versetti del primo capitolo sono il 4, 10, 12, 18, 21, 25, 27.
[12] Le Stanze di Dzyan,
[13] Plutarco, Iside e Osiride, 363, D, E.
[14] Il primo giorno della nascita degli dei Plutarco riferisce di un voce misteriosa che diceva: “Ecco il Signore di tutte le cose che viene alla Luce”.
LA RELAZIONE TRA Φ E π - LE MISURE DEL FIGLIO DELLA LUCE
Schwaller de Lubicz, ha trovato, nelle dimensioni della porta principale del Tempio di Karnak[1] la relazione che lega il numero π al numero aureo Φ[2]. Nella Valle dei Re a Tebe la tomba di Ramsete IX lungo la parete destra del grande corridoio, nel corridoio di accesso della tomba di Ramsete IX[3], si ritrova dipinta la mummia reale itifallica posta in obliquo sull’ipotenusa del Triangolo sacro 3-4-5, cubiti reali. Il Faraone è l’incarnazione di Horus, il Divino Figlio, di Osiride il cui valore, secondo Plutarco è appunto Cinque. Schwaller de Lubicz ci dice che questo dipinto, ci dà le misure del cubito reale, cioè di 0,5236 = π/6 m. La mummia reale è dipinta inclinata sull’ipotenusa del triangolo rettangolo sacro di dimensione 3, 4, 5 Cubiti Reali.
- L’altezza del faraone, il figlio di Râ, la Luce, dal dipinto della tomba di Ramsete IX valeva 5 CR o cubiti reali 5/6π m. Un cubito reale vale π/6 m = 0,5236 m.
- L’altezza di un uomo, per gli antichi egizi valeva 4 cubiti reali, cioè di 2,094 m. Leonardo da Vinci scrive che l’altezza dell’uomo è di quattro cubiti.
L’altezza del Faraone è di 5 cubiti reali[4], con il braccio sollevato l’altezza diviene 5+1=6 cubiti, com’è rappresentato nel corridoio di accesso della tomba di Ramsete IX. L’altezza del Faraone riportata all’Unità, più la sua Quinta Parte dovuta al braccio alzato è (1 + 1/5) = 6/5, e poiché l’altezza del Faraone è Φ2, si ricava che con le braccia alzate, l’altezza diviene π, infatti:
Φ2+1/5Φ2=6/5Φ2=12/10Φ2= π Φ2 = 10/12π
FIGURA 2. RAPPORTI TRA Φ E π
La differenza Φ2 - 10/12π = 40*10-6 è in eccesso di soli 40 milionesimi pari ad un errore di 0,1276 per mille. L’Uomo Reale supera π, la barriera della Corda degli Angeli, ed esce dal fenomenico per entrare nello splendore del noumenico.
IL PASSAGGIO ATTRAVERSO LA PORTA
Si deve a R.A. Schwaller de Lubicz in “Il Tempio dell’Uomo” e in “La Scienza Sacra dei Faraoni”, capitolo “l’uomo e le misure”, la divulgazione geometrica della relazione che esiste tra il numero aureo e il numero p greco, documentata anche nelle dimensioni della Porta principale del Tempio di Karnak.
La porta rappresenta un passaggio fra due ambienti, l’uno appartenente alla Forma, alla manifestazione, l’altro al mondo dello Spirito.
La porta è raffigurata con due pilastri uniti da una terza trave o architrave, il simbolo della lettera p. Il geroglifico che indica la porta si legge sba il cui significato è stella e Insegnamento.
FIGURA 3. PORTA CON PROPORZIONI π
In Egitto a Tebe in una pittura del muro nord della tomba di Amen-Hotep-Si-Se,[5] è rappresentato il Defunto con in mano l’Uovo di Vita, che corre da Est verso Ovest, dunque verso il tramonto l’Amenti[6], colui che tramonta, l’al di là. Il rapporto misurato da Schwaller de Lubicz fra l’altezza e l’apertura della porta è π.
La facciata del terzo pilone del grande tempio di Ammon a Karnak disegnata sulle pareti del Tempio di Luxor ci mostra così com’era ai tempi di Amenofi III.
Il tempio di Karnak, il grande santuario di Tebe, afferma R.A. Schwaller de Lubicz, era noto come “l’edificio il più calcolato dei luoghi”, tanto che i minimi dettagli della costruzione possono essere considerati come il risultato di un’operazione matematica e geometrica lungamente meditata. Questo Tempio è stato misurato in tutti i suoi particolari da R. A. Schwaller de Lubicz.
FIGURA 4. PORTA DEL TEMPIO DI KARNAK
La porta contiene in sé due rapporti fondamentali:
- L’apertura interna è realizzata con rapporto π/1, simbolo dell’Infinito.
- Le dimensioni esterne sono realizzate nel rapporto 2/1, cioè il rapporto delle dimensioni del pavimento della Camera del Re, che come si è visto, mostra il modo di calcolare il segmento aureo. Inoltre il rapporto 2/1 è quello che viene definito rapporto di ottava, l’Armonia.
Prendendo in esame la relazione anziché con 6/5, con 12/10, il valore di π è associato alla divisione per 12 del cerchio celeste, e come scrive Schwaller de Lubicz:
“Così dodici Uomini Reali misurano il ciclo del cielo”
Da un punto di vista geometrico, attraverso il regolo e il compasso si realizza la lunghezza del numero irrazionale p attraverso la funzione del Numero d’Oro.
Schwaller de Lubicz evidenziò l’influenza del sacro nell’architettura egizia e pensò di aver riscoperto un sistema di pensiero simbolico elaborato nei secoli dai sacerdoti egizi.
Schwaller de Lubicz giunge nel 1939 in Egitto, dove si trasferisce a Luxor e si stabilisce con sua moglie e la di lei figlia Lucie Lamy al “Luxor Hôtel” dove, con l’egittologo Alexandre Varille (1909-1951), l’architetto e archeologo Clement Robichon, l’egittologo belga di origine armena Arpag Mekhitarian (1911-2004) e Alexandre Stoppelaere, conservatore dell’area archeologica della Valle dei Re, forma un gruppo di lavoro che sarà chiamato “Gruppo di Luxor”. Al Cairo dà alle stampe le sue prime opere di egittologia. In seguito alla pubblicazione di Le temple dans l’homme (Il Cairo, 1949) si accende la Querelle des Egyptologues, un dibattito culturale che vede l’egittologia “ufficiale”, rappresentata dal canonico ed egittologo Etienne Drioton (1889-1961) e da Gustave Levebvre (1879-1957), membro dell’Institut, già conservatore del Museo del Cairo (dal 1919 al 1928), opporsi alle tesi “simboliste” di Schwaller de Lubicz et di Varille, difese, tra gli altri, dal filosofo Maurice de Gandillac (1906-2006) e da Roland Barthes (1915-1980). La morte di Varille in un incidente automobilistico il primo novembre 1951 metterà provvisoriamente fine alla polemica, anche perché durante le sommosse del gennaio 1952 al Cairo tutti i libri di Schwaller de Lubicz pubblicati dalla Stamperia Schindler andarono quasi completamente distrutti. [1] Il tempio di Karnak, il grande santuario di Tebe, afferma R.A. Schwaller de Lubicz, era noto come “l’edificio il più calcolato dei luoghi”, tanto che i minimi dettagli della costruzione possono essere considerati come il risultato di un’operazione matematica e geometrica lungamente meditata.
[2] Come spesso accade, gli eruditi accademici, smentiscono che nella Grande Piramide vi siano i due numeri p e F perché dai calcoli risultano dei valori vicini, approssimati, ma non esatti, affermando che Erodoto non ne parla. Per quanto riguarda le misure approssimate, poiché il rivestimento esterno è stato rimosso e utilizzato per costruire la città del Cairo è ben difficile risalire alle misure rigorose. Erodoto narra una storia velata, che inizia con le parole: “narravano, dicevano”, ciò che la sapienza popolare ha codificato nella frase “c’era una volta”. Il racconto è una strana mescolanza di storia e di mito, tipica della mentalità dei sacerdoti egizi che dovevano ripettare il giuramento misterico che imponeva loro di tacere su determinati argomenti, pena la morte. Erodoto, era vincolato con giuramento al silenzio, infatti scrive di aver assistito a Sais ad una cerimonia misterica notturna, su cui doveva tenere un sacro silenzio. Erodoto, Le Storie, II, 123, 1.
[3] R. A. Schwaller de Lubicz “Il Tempio dell’Uomo” e “La Scienza Sacra dei Faraoni”, capitolo l’uomo e le misure.
[4] Il Faraone, Horos in terra, è l’immagine dell’Uomo Celeste, pertanto è rappresentato simbolicamente alto 5 cubiti reali, mentre l’uomo comune 4 cubiti.
[5] Riportato da R.A. Schwaller de Lubicz La Scienza Sacra dei Faraoni ed. Mediterranee, pag 105.
[6] L’Amenti è il mondo dei Morti, o meglio della morte della forma.
I TEMPLI MISTERICI MEGALITICI
I templi egizi erano connessi all’idea di Zep Tepi, o del primo Tempio, gli inizi della creazione del mondo. Il Tempio ne era un riflesso, quando la Collina della creazione emerse dalle Acque Primordiali. I piloni e le porte del tempio rappresentano l’orizzonte e quando ci si sposta ulteriormente nel tempio, il pavimento si alza fino a raggiungere il santuario del dio, dando l’impressione di una crescita come quella della creazione. Il tetto del tempio rappresentava il cielo ed era spesso decorato con stelle e uccelli. Le colonne sono state progettate con piante di loto, papiro e palma per riflettere l'ambiente della creazione simile a una palude. Le aree esterne di Karnak, che si trovava vicino al fiume Nilo, alluvionerebbero durante l’inondazione annuale, un effetto intenzionale degli antichi progettisti, al fine di migliorare il simbolismo del tempio.
Gli enormi blocchi con cui è stata costruita la Grande Piramide o di Cheope, le colonne gigantesche di Karnak, le tremende terrazze di Baalbek, le ciclopiche città delle Ande, tutti i monumenti megalitici del mondo, testimoniano del potere fisico del mondo antico. A poca distanza dal complesso megalitico di Baalbek, giace in una cava un blocco di pietra non ancora tutto squadrato, che misura 24x4x4,5 metri, per un peso complessivo di 2000 tonnellate. È stato calcolato che per smuoverlo sarebbero occorsi almeno 40.000 uomini! Baalbek è il nome di un sito archeologico in Libano. In epoca romana era conosciuta come Heliopolis o Città del sole.
A Baalbek, eretto sopra enormi blocchi di pietra granitica, si trovano resti ciclopici di quella che viene considerata la più antica costruzione del mondo. Gli antichi scrittori narrano che in quel luogo si conservava una pietra dello splendore, ossia un Omphalos, un betilo, una pietra conica che “sussurrava messaggi oracolari”, una pietra che parlava. Lo storico Macrobio, descrive una pietra dedicata al sole, portata dalla terra del Nilo a Baalbek; una pietra magica e sacra dalla forma conica.
Questo tempio è stato costruito su un “tel” o rovina tumulo, che indica un luogo che era stato a lungo tenuto sacro, anche se come e perché questa zona fosse considerata come “sacra” non sia dato sapere. I Romani edificarono (o riedificarono) su antiche rovine, un tempio in onore a Giove Non si giustificano facilmente i lunghi viaggi affrontati dagli imperatori romani per giungere a Baalbek solo per ricevere i responsi degli oracoli e costruire il più grande tempio dell’epoca lontano da Roma. Baalbek era un luogo sacro anche per coloro che dovevano essere visti come barbari dagli antichi costruttori del sito.
I Fenici, sostenevano che gli Egizi, come i loro padri discendevano da una civiltà posta ad Occidente (verso l’Atlantico). Diodoro Siculo scrive che gli Egizi erano giunti dalla direzione del Sole che tramonta e che si dicevano più vecchi, come stirpe fra tutte quelle degli uomini. Le vestigia di questa civiltà antidiluviana le ritroviamo nella valle della Bekaa, a Baalbek in Libano. A ben 1200 metri di altezza, nel bel mezzo di un’oasi verde e lussureggiante, s’innalzano i fantastici colonnati di Baalbek. Secondo le ipotesi formulate dalla comunità di archeologi tradizionali, la storia di Baalbek risale a circa 5.000 anni fa. Prima che Roma imperiale conquistasse il sito e costruisse l’imponente tempio di Giove, con i templi di Mercurio e Venere, e molto prima che i Fenici vi stabilissero la sede dei templi dedicati alla triade Baal (Adad), Adone (Shamash) e Astante (Ishtar) esisteva già una vasta costruzione formata da blocchi megalitici, il lascito di una civiltà di cui se ne sono perse ormai le tracce.
Eretti sopra enormi blocchi di pietra granitica, si trovano resti ciclopici di quella che viene considerata la più antica costruzione del mondo, un tempo circondata da un muro pentagonale in cui si aprivano cinque cancelli, si pone l’attenzione sul numero Cinque. Le colossali rovine di Baalbek richiamano immediatamente alla mente le figure dei Giganti costruttori. Sulla corte principale di 103x102 metri si aprono tre grandiosi cancelli circondati su tre lati da imponenti colonne. Al centro troneggiano due altari di grandi dimensioni, uno dei quali riccamente scolpito con rappresentazioni di Tritoni, Nereidi, Cupidi che solcano le acque in compagnia di delfini. I tema dell’acqua e dell’oceano troneggia anche in questo complesso megalitico. Sulla corte si aprono tre grandi cancelli circondati sui tre lati da imponenti colonne. La corte si apriva verso un altro porticato, le cui 54 colonne smisurate erano state portate sul luogo da Assuan, nell’Alto Egitto. Le colonne dovettero essere trasportate per mare e per terra e quindi innalzate fin sul contrafforte roccioso. Anche se sono state divise in tre sezioni, ognuna pesa almeno 45 tonnellate. Sul lato occidentale una scalinata con sei gradini altissimi conduce ad una terrazza che domina dall’alto dei suoi sette metri rispetto al resto della costruzione, dove si trova il Tempio di Giove. Il tempio di Giove era dedicato anche al Dio Adad, anch’egli come Giove, era il signore del cielo e dei fulmini. La statua del Dio prima della sua distruzione ad opera di fanatici Cristiani, nella mano destra tratteneva uno scudiscio e nella sinistra un saettante fulmine e delle spighe di grano.
Il tempio di Giove è il più enigmatico. Tutta la sua imponente struttura, infatti, è costituita da blocchi di pietra tra i più pesanti che si possono incontrare al mondo. La base di 50x90 metri è chiamata il Grande Terrazzo che consiste di un muro esterno e enorme e un ripieno di pietre massicce. Nove blocchi di granito, con una dimensione di 10 metri di larghezza per 4 di altezza e 3 di profondità, dove ciascuno ha un peso di 350 tonnellate, a sud e sei all’ovest (altri possono esistere ma gli scavi archeologici non hanno indagato sotto tutte le sezioni del Grande Terrazzo). Sopra i sei blocchi sul lato occidentale sono poste tre gigantesche pietre, chiamate il Trilite il cui peso eccede 1000 tonnellate ognuno. Le pietre massicce del Grande Terrazzo di Baalbek sono semplicemente oltre le abilità di ingegneria di alcuno riconobbe vegliardo o costruttori contemporanei. Gli archeologi, incapaci di risolvere i misteri del trasporto e dell’elevazione dei grandi blocchi, non hanno avuto l’onestà intellettuale di ammettere la loro ignoranza sulla questione e concentrarsi perciò solamente la loro attenzione sul periodo relativo ai tempi della Roma imperiale. Sulla Terrazza sterminata si trovano altri blocchi monolitici di 6x4x3 metri sovrapposti fra loro senza l’uso di legante alcuno e nei punti di giunzione non si riesce ad infilare la lama di un rasoio! Sul lato occidentale giace un trilite composto da tre lastroni di roccia impressionanti a vedersi, lunghi 19,5 metri (quanto un edificio di sei piani!), alti 4 e spessi 3,5 metri , pesanti non meno di 600 tonnellate[1] ciascuno. Una leggenda afferma che queste pietre gigantesche resteranno a Baalbek in eterno.
Le rocce calcaree del Trilithon mostrano ampie prove di erosione del vento e della sabbia che è assente dai templi romani, indicando che la costruzione megalitica risale a un'età molto precedente. Infine, le grandi pietre di Baalbek mostrano somiglianze stilistiche ad altri muri di pietra ciclopici in siti pre-romani come la fondazione dell’Acropoli ad Atene, le fondamenta di Micene, Tirinto il luogo cui il mitico eroe Eracle ha eseguito le sue dodici fatiche, Delfi e anche costruzioni megalitiche Dell’America Centro Meridionale, come Ollyantaytambo in Perù e Tiahuanaco in Bolivia.
I più grandi “misteri” di Baalbek però riguardano senza ombra di dubbio tre impressionanti blocchi di pietra che furono scoperti nei pressi del sito a più riprese nel corso del tempo. Uno di questi è il famosissimo blocco di pietra lavorato e squadrato che si trova ancora parzialmente attaccato ad una cava di calcare, dove fu abbandonato a 1 km. di distanza dal tempio di Heliopolis, diverse migliaia di anni fa. Questo gigantesco blocco, la cui lunghezza è di 22 metri e il cui peso è all’incirca di 1000 tonnellate (ci sono stime molto differenti tra di esse che vanno dalle 1.000 alle 2.000 tonnellate, ma di sicuro si tratta di qualcosa di mostruosamente pesante) viene comunemente chiamato dagli estimatori occidentali “Monolito di Baalbek”, mentre per le popolazioni di lingua araba essa è “Hajjar el-Houble”, ovvero “La roccia della partoriente”, ed è sicuramente uno tra i più grandi blocchi di pietra che siano mai stati lavorati nella storia della Terra.
Nel 1990, in uno scavo archeologico condotto nella stessa cava, fu rinvenuto un secondo monolite dalla forma perfettamente rettangolare, e con un peso stimato di 1.242 tonnellate, così da renderlo addirittura più pesante della già impressionante “Roccia della partoriente”. Ma quello che ha lasciato sbigottiti e increduli i ricercatori e più in generale gli osservatori di tutto il mondo è senza dubbio il terzo monolite ritrovato in ordine cronologico ma non di importanza, rinvenuto nell’estate del 2014 grazie ad una spedizione archeologica voluta e organizzata dal dipartimento di orientalistica del “Deutsches Archäologisches Institute”: questo sensazionale e smisurato reperto chiamato “Il monolite noto come la Pietra di Janeen” è lungo 20 m, largo 6 m, e profondo 5 m, dal peso incredibile di 1.665 tonnellate, ed è ad oggi, per quanto ne sappiamo, il più grande blocco di pietra esistente sulla faccia della Terra[2].
La contro versione accademica riguardo a questi tre monoliti è la seguente: “Poiché i monoliti sono ancora nelle cave dove furono estratti non ha senso la domanda come facevano gli antichi a sollevarli, non l’hanno fatto, punto e basta.
Spostandoci a occidente giungiamo in Egitto, gli egittologi ortodossi se ne facciano una ragione, ma l’Osireion di Abido e la Grande Piramide nella valle di Giza sono i Templi megalitici che risalgono alla notte dei tempi, dove si svolgevano i Misteri Maggiori. Sempre nella piana di Giza ad una quindicina di metri dall’enigmatica Sfinge la cui costruzione risale anch’essa nella notte dei tempi, sorge un austero tempio megalitico detto Tempio a Valle di Chefren.
[1] Il peso stimato è calcolato attribuendo al granito 2.200 kg/mc.
[2] https://immagineperduta.it/lincredibile-sito-archeologico-baalbek-libano/
KARNAK
In Egitto, a Tebe, troviamo lavori ciclopici di fattura superiore a quelli di Baalbek. Vicina a Luxor c’è la città sacra di Karnak. Luxor si unisce a Karnak con un viale di sfingi, prima a testa umana, poi di ariete, a indicare il progresso dell’uomo perfetto che si avvia diventare divino. Se Luxor è la preparazione al divino, a Karnak l’umano non c’è più: resta il mistero. Luxor è un luogo di istruzioni, Karnak è un enigma.
FIGURA 1. KARNAK PIANTA DEL TEMPIO DI AMON-RÂ
Nel tempio di Amon-Râ si ritrovano ulteriori colonne alte oltre 28 metri poggianti su piastroni di base del peso di oltre 2.000 tonnellate. Il cuore del tempio egizio di Karnak, la grande sala ipostila contava ben 134 colonne alte 22 metri , contro le 62 colonne di Baalbek alte 20 metri . Le colonne sono suddivise in modo simmetrico a destra e a sinistra: Un primo gruppo di 28 colonne suddiviso in quattro gruppi di sette, il ciclo lunare, gli anni di Osiride; un secondo gruppo simmetrico di 21 (tre volte sette) colonne. Infine al centro un terzo gruppo simmetrico di 12, (due volte sei) colonne, il numero delle costellazioni, delle ore dell’orologio cosmico, numero che viene ancora evidenziato dalle 12 (due volte sei) colonne a sezione maggiore del corridoio centrale.
Al centro del Tempio 12 grandi colonne, a destra e a sinistra di queste, abbiamo tre gruppi di colonne complessivamente sessantatré colonne: 28+21+12=63.
Il numero 63 compare in un gioco molto famoso, quello dell’Oca. Secondo Eliphas Lévy (La chiave dei grandi Misteri) nel gioco dell’Oca si può leggere una trasposizione dei Tarocchi. Fulcanelli scrive[1], che il Gioco dell’Oca è un labirinto popolare dell’Arte sacra e una raccolta dei principali geroglifici della Grande Opera[2]. Una zampa d’oca, il Pédaque, era la firma degli Enfants de maître Jacques[3], una confraternita, quella dei Compagnos du Devoir, costruttori medievali al tempo dell’edificazione delle grandi cattedrali gotiche, meglio conosciuti come Jars, il maschio dell’oca. Secondo Louis Charpentier, sul suolo di Francia si troverebbe un enorme gioco dell’oca naturale le cui caselle sarebbero contrassegnate dalla presenza di monumenti megalitici dedicati al dio celtico Lug, eroe solare, signore della luce. Il segno dell’oca, la pata de oca (zampa d’oca), è raffigurato graficamente da una Y con una terza asta nel mezzo e simbolizza la superiorità dello spirito sulla materia. L’oca rappresenta l’anima umana destinata a diventare nell’ultima casella il cigno, simbolo induista della liberazione karmica.
Se contiamo le coppie, tutta la manifestazione è sotto la legge della polarità, allora abbiamo:
- La prima coppia di ventotto, forma 56 colonne. Il numero 56 rappresenta gli anni del malvagio regno di Cheope.
- La seconda coppia di ventuno, forma 42 colonne. Il numero 42 rappresenta i Giudici che assistevano Osiride nel Giudizio. Simbolicamente i Giudici erano disposi 21 a destra e 21 a sinistra.
- La terza coppia di dodici, forma 24 colonne, le 12 Ore del Giorno, durante le quali si compie la creazione e le 12 Ore della Notte, o di inattività.
FIGURA 2. EGITTO, COLONNATO TEMPIO DI KARNAK
Gli egittologi ortodossi se ne facciano una ragione, ma l’Osireion di Abido e la Grande Piramide nella valle di Giza sono i Templi megalitici che risalgono alla notte dei tempi, dove si svolgevano i Misteri Maggiori. Sempre nella piana di Giza ad una quindicina di metri dall’enigmatica Sfinge la cui costruzione risale anch’essa nella notte dei tempi, sorge un austero tempio megalitico detto Tempio a Valle di Chefren.
LA STELE DELL’INVENTARIO
Nel XIX secolo l’archeologo Auguste Mariette ritrova nell’altopiano di Giza, in prossimità della Grande Piramide sulle rovine di un tempietto dedicato a Iside una Stele detta dell’Inventario che rischiò di mettere in crisi tutta l’impalcatura cronologica dell’antico Egitto comunemente accettata.
Il territorio di Giza era definito Ro-Setau o Ro-Rostau che significa appunto “necropoli”, e Horus – così come anche Osiride – era il “Signore di Ro-Setau”, figlio di Iside. Questo è un punto molto importante, perché esiste una stele, la cosiddetta “Stele di inventario” che attribuisce le tre piramidi di Giza a questa grande dea degli inizi. E dunque non posso evitare di chiamare in causa tale reperto tanto discusso.
Nella Stele è attribuito ad Iside l’appellativo “Signora della Piramide”, come se il colossale monumento fosse a lei dedicato. Viceversa al faraone Cheope sarebbe stata dedicata una delle piramidi satelliti che sorgono sul lato orientale della Grande Piramide.
Nella Stele era scritto che il Tempio megalitico a valle della Piramide esisteva già durante il regno di Cheope, anzi era ritenuto opera degli Dei del Primo Tempo. Sempre secondo la Stele il tempio a Valle oggi detto di Chefren era dedicato a Osiride, signore del Rostau.
La reazione degli archeologi fu netta, essi stabilirono che la scrittura risultava più recente dell’epoca di Cheope e che risalisse alla XXI dinastia cioè al 1050 a.C., cioè posteriore alla piramide, e come tale (sic) non attendibile. È chiaro che questa argomentazione non possa soddisfare del tutto, dato che la funzione della stele era probabilmente proprio quella di rimpiazzare una lapide più vecchia andata in rovina, evitando così che gli avvenimenti remoti del tempo di Cheope cadessero per sempre nella dimenticanza. E quindi, perché considerarla un falso in toto?
Ecco quanto riportato dalla stele secondo la traduzione dell’egittologa Christiane Zivie-Coche:
“Lunga vita ad Horus Madjid, re dell’Alto e del Basso Egitto, Cheope, il vivente. Egli trovò il tempio di Iside, Signora delle piramidi, presso il tempio della Sfinge a nord ovest del tempio di Osiride, Signore del Ro-Setau; egli edificò (restaurò) la piramide della principessa Henutsen accanto a questo tempio. Egli fece scolpire per sua madre, Iside, madre divina, Hathor, signora dei Cieli, un inventario sulla pietra. Egli rinnovò per lei le offerte sacre e costruì (restaurò)il suo tempio di pietra. Ciò che egli trovò in rovina, ora è restaurato, e gli dèi sono di nuovo al loro posto.”
Gli stessi archeologi che decretarono questa sentenza, con un’altra di segno opposto decretarono autentici i “marchi di fabbrica” rinvenuti nelle camere di scarico sovrastanti la Camera del Re. Poiché una sentenza confermava l’altra, entrambe sono due stampelle, a sostegno di una congettura. Questo argomento è trattato in seguito separatamente. La Stele d’Inventario, un reperto discusso e chissà come mai è posto quasi nascosto in un angolo del museo egizio del Cairo.
La Stele dell’Inventario ci lascia un altro messaggio attraverso le sue proporzioni geometriche. La stele è racchiusa in un rettangolo i cui lati sono in rapporto A/B = 1,27, cioè il rapporto tra l’altezza della piramide di Cheope e la sua semibase. Il lato minore del rettangolo è racchiuso in una cornice, in modo tale che se la larghezza della cornice è uno, l’interno è Cinque, il numero della Grande casa e del Faraone. Sommando abbiamo 1+5+1=7. FIGURA 3.LA STELE DELL’INVENTARIO E LA PIRAMIDE DI CHEOPE
[1] Fulcanelli, “Le Dimore Filosofali”.
[2] In un trattato sugli scacchi del 1617 l’autore Pietro Carrera ci dice che fu Francesco de Medici a riscoprire e reinventare il gioco, che poi donò a Filippo II di Spagna.
[3] Una leggenda narra che Maestro Jacques fu il responsabile per la colonna Jakin e forse anche di colonne Boaz del Primo Tempio di Gerusalemme fatto edificare da Salomone.
ABHYDOS – ABIDO
Ad Abido una località nell’Alto Egitto si trova il tempio di Seti I (1306, 1290 a .C.) conosciuto con il nome di “Casa di milioni di anni” dedicato ad Osiride, il Signore dell’Eternità. Osiride, “Re dell’eternità e signore dell’immortalità”, si diceva che attraversasse milioni di anni della sua vita. I Testi delle Piramidi narrano che la barca di milioni di anni del Dio Sole naviga nello spazio interstellare.
Secondo la leggenda, in questo luogo sacro, Iside trovò la testa del suo sposo, il più importante dei 14 pezzi del corpo di Osiride smembrato dall’oscuro Seth signore del deserto e fratello di Osiride. Il ritrovamento della testa di Osiride ad Abido indica che da questo importante luogo è iniziata la storia antica dell’Egitto. Situato ad una quindicina di metri sotto il pavimento del tempio di Seti I, si trova un tempio sotterraneo megalitico noto come Osireion o “Tomba di Osiride”.
FIGURA 1. PIANTA DEL TEMPIO DI SETI I
1. Pilone di ingresso; 2. Primo cortile; 3. Secondo cortile; 4. Prima sala ipostila; 5. Seconda sala ipostila; 6. Sette santuari; 7. Corridoio delle “tavole di Abido”; 8. Magazzini; 9. Sala del re; 10. Osireion.
L’accesso al Tempio di Seti I avviene salendo 42 (7x6) scalini. L’architettura del tempio è unica, il tetto, per esempio, è stato concepito per essere perfettamente impermeabile. I due primi cortili e i loro rilievi risalgono all’epoca di Ramses II, noto anche come Ramesse II, Ramsete II, che è rappresentato sul portico del tempio in compagnia di divinità. Dal secondo cortile si accede ad una sala con una prima serie di 12 colonne papiriformi da cui attraverso sette passaggi o sette porte si accede alla seconda parte della prima sala ipostila dove si trovano ulteriori 24 (12x2) colonne e attraverso un secondo passaggio attraverso sette porte si accede alla seconda sala ipostila dove si trovano 36 (12x3) colonne da cui si accede ai Sette Santuari situati nella parte posteriore del tempio.
Dodici più ventiquattro colonne nella prima sala, trentasei nella seconda 72 colonne in tutto, il numero dei congiurati che uccise Osiride rinchiudendolo in una bara che fu gettata nel fiume per giungere poi al mare galleggiando come un’arca. La morte di Osiride è il sacrificio che tutte le sacre scritture descrivono compiuto agli inizi di un nuovo mondo o di una nuova epoca. Dopo aver navigato sulle Acque del caos, l’Arca si fermò in un posto asciutto, a Byblos. Iside trovò la bara di Osiride nascosta in un albero di erica (l’Albero del Mondo) che sosteneva il tetto dell’edificio del re del luogo e la portò via. In una notte di luna piena mentre Seth andava a caccia vide illuminata dalla Luna la bara con il corpo di Osiride, dilaniò il corpo del figlio del Cielo in 14 pezzi e li disperse. Attraverso due volte sette aperture (quattordici), si deve passare per giungere alla seconda sala ipostila.
In questa parte del tempio si trovano le sette sacre stanze dedicate a Horus, Iside, Osiride, Amon, Râ, Ptah e allo stesso Seti I divinizzato. Gli egittologi poco ferrati in insegnamento misterico sottovalutano il motivo per il quale viene dedicato un tempio a sette divinità diverse. Iside ritrovò ad Abido la testa di Osiride tra i “fiori di loto”, tradotto in linguaggio moderno, Abido è il luogo misterico dell’inizio, per questo si diceva che lì esistesse una voragine che comunicava con l’aldilà. Abido fu strettamente legata al culto di Osiride, e presumibilmente lì si celebravano i riti segreti o i Misteri della morte e resurrezione di Osiride di cui ogni l’iniziando che doveva ripetere le gesta.
FIGURA 2. ABIDO SETTUPLICE PASSAGGIO FRA LE COLONNE E SECONDA SALA IPOSTILA - ELENCO DEI RE
Procedendo a sinistra dei sette santuari lungo un corridoio, troviamo a sinistra incisa la famosa “Lista dei re di Abido”. Sulla parete di sinistra è narrata la tradizione di un Primo Tempo in cui l’Egitto era governato dagli Dèi, il più importante dei quali era Osiride, un elenco di 120 dèi dell’antico Egitto. Sulla destra si trovano elencati i settantasei Re che hanno preceduto Seti I a partire da Menes. Naturalmente la lista dei faraoni è incompleta: per motivi politici si è voluto dimenticare di proposito i nomi di Hatscepsut e di tutti i faraoni eretici di Amarna. Questo elenco appartiene alla stessa categoria del Papiro di Torino[1] e della Pietra di Palermo.
[1] Questo papiro, originariamente parte della collezione del re di Sardegna, giunse a Torino ridotto in mille pezzi. Si è potuto ricostruire solo metà documento. Dai frammenti superstiti si menzionano nove dinastie di faraoni mortali, non divini, predinastici che precedettero Menes, per un totale di 36.620 anni.
OSIREION IL LUOGO DEL PRINCIPIO
L’Osireion ha due controparti a valle di Giza: il Tempio della sfinge noto come il Tempio della Valle, tutti costruiti con identici blocchi megalitici di granito rosso (quelli del Tempio Sfinge furono saccheggiati per materiale da costruzione). Come è stato fatto per la Stele dell’Inventario, qualsiasi riferimento ai Tempi antichi è stato dichiarato falso, le strutture monolitiche non indicavano che il tempio fosse più antico del Faraone Seti I, e pertanto la comunità degli egittologi, custode dell’ortodossia, sentenziò che l’Osireion è stato volutamente costruito in stile arcaico in quanto gli Architetti del Nuovo Regno vollero farlo sembrare antico. Qualsiasi riferimento al Tempio della Valle di Chefren risulterebbe puramente fuorviante.
FIGURA 1. ORIENTAMENTO DELL’OSIREION
Il suo orientamento spostato di 45° rispetto alla direzione NS è particolare, perché non è verso i solstizi o gli equinozi, né si riferisce alla stella polare, né a nessun astro evidente nel cielo. Il vestibolo è a SO e la stanza del sarcofago a NE. Inoltre, sebbene più alto di 15 metri, il Tempio di Seti I è orientato esattamente lungo lo stesso asse - e, di nuovo, non per caso. Curiosamente anche la cattedrale di Chartres non rispetta l’antico canone romanico che imponeva l’orientamento dell’abside verso Est, ma è spostato verso Nord-Est di circa 47 gradi. Faccio riferimento a questa cattedrale gotica perché essa fu edificata utilizzando i cubiti reali e con particolare riferimento alla Grande Piramide[1].
L’ingresso al tempio è un corridoio sotterraneo lungo circa 120 metri e leggermente in pendenza; la sua apertura si trova a circa 8 metri sotto il livello del suolo. La prima parte del tunnel d’entrata ha un arco a volta ed è lunga circa 20 metri e sulle pareti vi sono dipinti testi sacri e formule ritenute magiche. La seconda parte del corridoio è lunga 90 metri: all’interno, nell’oscurità sono scolpiti geroglifici e disegni che rappresentano le 12 ore del sole durante il suo viaggio nelle tenebre. Si suppone che questa lunga discesa preparasse l’iniziato ai Misteri di Osiride. Da qui si entra in un’anticamera e poi in un ampio vestibolo decorati con geroglifici tratti dal “Libro dei Morti”. Così si entra nella mitica Isola Egizia della Creazione che sorge dall’Oceano primordiale: l’Osireion.
Una sala trasversale è collocata all’inizio del tempio a Sud – Ovest e l’altra è sistemata al fondo dell’edificio a Nord – Est. La seconda sala trasversale, anche questa con copertura a doppia falda spiovente, ha forma di tomba ed è conosciuta appunto come la “Stanza del Sarcofago” o, meglio a dirsi, l’Abaton di Osiride. Internamente l’ambiente è ricoperto da un ciclo estremamente interessante di geroglifici e rappresentazioni iconografiche. La stanza “J”, che nello schema di Neville è contrassegnata come “Tomba di Osiride”.
L’Osireion nel suo complesso è racchiuso in un rettangolo la cui misura media “ponderata” dei lati, assunta dalla planimetria di Naville, con un’approssimazione più che accettabile anche per la relativa ricostruzione della configurazione distributiva degli elementi architettonici esistenti, è di circa 53,4 per 33 metri, cioè 102 CR per 63 CR cubiti reali. Il valore del rapporto matematico tra i due lati dell’edificio è il numero aureo 53,4/33 = 1.6181818 = Φ[2].
Secondo i primi rapporti sugli scavi di Osireion, il tetto dell’edificio era assente. Frammenti di esso furono trovati sul fondo dell’edificio e spostati verso l’alto. Dai rilievi fatti sulla parte restante l’inclinazione del tetto era di 30°, la stessa della stanza J, e quella nella Camera della Regina della Grande Piramide.
Al proprio interno il tempio presenta un canale dal tracciato rettangolare (H), di larghezza pari a circa 3 metri, che circonda un’isola (D) con 10 pilastri monolitici di granito rosa, dal peso stimato di 80 tonnellate ciascuno, che delimitano lo spazio centrale. Nello spazio centrale compaiono 2 vasche, una quadrata ed una rettangolare, poco profonde ed attualmente ricoperte dall’acqua.
Il tempio, fu riscoperto in parte nel 1903 e venne riportato alla luce nel 1912-13 dal Professor Naville. L’edificio, una costruzione sotterranea lunga circa sessanta metri, è stato eretto con le pietre più enormi che si siano viste in Egitto, ed è costituito da tre navate suddivise da due colonnati di 2x5 enormi monoliti di granito rosa mediamente di circa 2,40 metri quadri e alti circa 3,60 metri ognuno con una massa media di cento tonnellate. L’enorme monolite della navata centrale è lungo circa 7,5 metri . Le cime di queste enormi colonne erano un tempo coperte da lastroni monolitici ancora più grandi. La parte centrale appare come un’isola rettangolare circondata da un canale largo circa 3 metri riempito dalle acque del Nilo il cui letto si trova tre metri più in alto del basamento. Il Professor Naville scrisse che nemmeno sotto la grande porta vi era un pavimento, e quando era lambita dall’acqua, probabilmente si raggiungevano le celle con una piccola barca.
Per Naville quel tempio sotterraneo era l’edificio in pietra più antico d’Egitto. Il tempio sotterraneo rappresenta la creazione scaturita dalle acque primordiali, simboleggiata da un’isola di terraferma circondata dalle acque, che poteva essere raggiunta solo con una barca.
FIGURA 3. FOTOGRAFIE OSIREION ISOLA CENTRALE
Poiché la profondità massima di Osireion è di circa 28,5 metri al di sotto del grado attuale, la domanda su come e quando l’edificio è stato costruito è molto sconcertante. Si può ipotizzare che sia stato costruito quando il livello del Nilo era molto più basso. Quando il livello del Nilo era abbastanza basso da deviare l’acqua verso il livello di fondazione dell'Osireion, era oltre 5000 anni fa. È per questa ragione che si ipotizza che il livello di fondazione dell'Osireion possa essere la più antica struttura in pietra conosciuta al mondo. James Westerman Dal giornale: “Il più antico edificio in pietra del mondo?”
La missione archeologica di James Westerman ha scoperto che l’acqua di Osireion differisce nella sua composizione chimica dall’acqua, prelevata dai pozzi appena trivellati a ovest e a nord di essa, mettendo in discussione la teoria della falda acquifera. È stato anche determinato che il flusso d’acqua proviene, presumibilmente, da sotto l'isola centrale.
In seguito un giovane egittologo di nome Henry Frankfort ribaltò le tesi del suo predecessore Naville che definì il tempio il più antico edificio in pietra del mondo, attribuendolo a Seti I per via di un cartiglio “Seti è al servizio di Osiride” trovato inciso all’ingresso della sala principale. Le camere che contengono descrizioni riferite a Seti I si trovano al di fuori del secondo muro di cinta spesso sessanta centimetri.
Secondo l’archeologa Margaret Murray, l’edificio arcaico, fu eretto per la celebrazione dei Misteri di Osiride e le decorazioni furono aggiunte in seguito da Seti I.
In una rappresentazione del “Libro dei Morti” la tomba di Osiride appare fin troppo simile alla costruzione ipogea di Abido. I possenti monoliti di granito dell’Osireion ricordano molto la maestosità dell’altopiano di Giza, che lo stile della XIX dinastia. Non è possibile non pensare alla chiara bellezza architettonica del Tempio a valle, presso la Sfinge. I blocchi delle pareti dell’Osireion sono stati uniti l’uno all’altro con la stessa tecnica e la medesima perfezione vista nella Grande Piramide, le giunture tra una pietra e l’altra corrispondono al millimetro.
FIGURA 4. MODELLO BASE PER COSTRUZIONE GRIGLIA
Scrive Paolo di Pasquale: “Avvalendoci di questi rettangoli possiamo predisporre delle griglie che mantengono sempre le stesse proporzioni e, rispettando su tali griglie i nodi dei rettangoli siamo in grado di disegnare con estrema precisione la planimetria e la sezione del Tempio”.
Riporto le griglie realizzate da Paolo di Pasquale relative alla sezione verticale del tempio, e alla sezione orizzontale. L’ampiezza di un quadratino della griglia misurata in senso verticale è uguale a 1 CR, mentre la corrispondente misurata in senso orizzontale vale √(4/3) CR. Il rapporto 4/3 è la frequenza generata dall’oscillazione di una corda di lunghezza ¾ che corrisponde alla Quarta musicale, il FA.
FIGURA 5. PAOLO DI PASQUALE GRIGLIA APPLICATA ALLE SEZIONI DELL’OSIREION
La pianta dell’Osireion individua due rettangoli, separati da un fossato pieno d’acqua. L’ingresso alla stanza dove vi è l’isola sacra, è largo 5 CR o cubiti reali. Questo numero è quello del Faraone, Horus in terra, dei cinque punti della piramide, e dell’uomo, che nell’Osireion si appresta a entrare nella stanza del Mistero.
- La pianta del Tempio è rettangolare, il simbolo della Dea Maat, l’Ordine e la Misura del Cosmo.
- Due rettangoli uno per le acque, l’altro per la terra ferma.
Secondo Henry Frankfort, sulla base del suo scavo, condotto negli anni 1920, la fondazione dell'edificio si trovava a una profondità di 7,8 metri sotto la superficie dell’isola centrale. La sonda, discesa da James Westerman nel 2004 a una profondità di 8,4 metri, non ha raggiunto il solido strato di fondazione. I muri esterni della struttura, fatti di arenaria rossa spessi sei metri contengono 17 celle, alte quanto un uomo, prive di decorazioni e di pavimento ripiene di sabbia sempre bagnata non finite su ognuno dei lati della stanza.
Il rettangolo interno, l’isola, misura in cubiti reali 43,88x24 CR che possiamo approssimare in 44x24 CR. Soltanto riportando tutte le misure in CR, e conoscendo il significato dei numeri del mito di Osiride, possiamo avvicinarci a comprendere il mistero che aleggia su questo luogo. Sulla piattaforma centrale o isola, si trovano due vasche, una quadrata ed una rettangolare, poco profonde ed attualmente ricoperte dall’acqua, che nell’antichità rappresentavano certamente un particolare significato misterico religioso.
Il numero 24 è esprimibile come 1x2x3x4=4!=24, cioè è la Tetractis fattoriale. Ventiquattro sono le ore del giorno divise in due gruppi di 12 ore di Luce e 12 ore di Tenebre. La Cabala afferma che, 24 sono le Ore durante le quali si compie la Creazione. I Caldei distinguevano, al di fuori del cerchio zodiacale, 24 stelle di cui 12 australi e 12 boreali, chiamate “Giudici dell’universo”.
Il numero 44 è il doppio del numero 22. Il numero 22 è anche una particolare Tetrade di proporzione geometrica decrescente: 14+23+32+41=22. Il Sepher Yetzirah ci presenta una creazione armonica del mondo in cui Elohim crea usando le 22 lettere suoni dalle cui diverse combinazioni ha origine il molteplice. Il dio Chronos era circondato da 44 Assistenti, 22 principali e 22 secondari, secondo il fenicio Sanchoniaton.
Sui lati minori dell’isola scendono due scale fino al letto del canale che circonda la piattaforma. Sui lati maggiori dell’Isola Primordiale si trovano due file di 5 pilastri squadrati perfettamente e allineati 10 in tutto, come per il Tempio a Valle di Chefren: hanno la potenza dei megaliti di Stonehenge, e la stabilità monolitica delle basi delle piramidi di Giza.
Sul rettangolo esterno alla piattaforma vi sono Sei celle sono disposte ad est, sei ad ovest, di uguale dimensione, due a sud a fianco dell’ingresso, e tre a nord leggermente più piccole, in totale: 6+6+2+3=17
FIGURA 6. PLANIMETRIA OSIREION ISOLA CENTRALE
Il numero 17 è in relazione ad un ciclo basato fra la coincidenza delle fasi della Luna con la levata eliaca di Sirio. Ad esempio se oggi la levata eliaca di Sirio avviene in congiunzione con la luna nuova, dopo 17 anni coinciderà con il quarto di luna, dopo 34 anni con la luna piena. Diciassette è il numero del giorno della morte di Osiride, Plutarco scrive che Osiride fu ucciso il giorno 17 del mese di Athyr quando si compiva il plenilunio. Il plenilunio segna l’inizio del periodo di magra del Nilo, il simbolo di Osiride.
La distanza tra le superfici esterne delle due file di pilastri è 14 CR, il numero dei pezzi del corpo di Osiride. Osiride ucciso dai 72 congiurati capitanati da Seth fu messo in una Barca o mistericamente Arca e gettato nel Nilo. Il valore numerico della parola Neilos o Nilo è 365, i giorni dell’anno la cui somma (3+6+5=14) vale appunto quattordici, due volte sette. La tradizione raccontava che ad Abido, intorno alla tomba di Osiride ci fossero 365 altari per le offerte, uno per ogni giorno dell’anno.
La distanza tra gli assi delle due nicchie ai lati dell’ingresso è di 28 CR il doppio di quattordici. L’uccisione di Osiride ci informa Plutarco, avvenne al ventottesimo anno del suo regno. I 28 anni di Osiride coincidono col ciclo lunare di 7x4 = 28 giorni[3]. Osiride era identificato oltre che con la costellazione di Orione, anche con la Luna - Iside, con la quale condivide i cicli.
- Le due scale che scendono in acqua hanno una larghezza di 3CR, il numero spirituale per eccellenza, e un rapporto tra lunghezza e larghezza di 3,14, cioè π. La scala rivolta all’ingresso nella parte superiore si restringe e mostra tre gradini.
- Sul rettangolo circondato dalle acque, l’Isola, si trovano due file di 2 x 5 = 10 monoliti con dimensione 4x4√(4/3).
- La distanza fra le due file di monoliti di 14 CR è uguale al lato del Pentagono inscritto nella circonferenza con diametro 24 CR, del lato minore dell’isola. Si inseriscono due pentagoni opposti tra loro, la dualità del due volte cinque. Inoltre poiché la diagonale del pentagono è in rapporto aureo con il suo lato, al posto dei due pentagoni opposto possiamo visualizzare due triangoli aurei opposti con lato in comune di 14CR.
FIGURA 8. LA GEOMETRIA SACRA DELL’OSIREION
[1] Vincenzo Pisciuneri, Notre-Dame Templare I – La geometria sacra. www.sapienzamisterica.it.
[2] Riferimenti https://isida-project.ucoz.com/egypt_2012/abidos.htm - http://www.acam.it/osireion-di-sethi-i-ad-abydos/ -
[3] La divisione dello Zodiaco in 28 asterismi lunari sembra essere anteriore ai 12 segni. I Copti, gli Egiziani, gli Arabi, i Persiani, gli Indù usavano la divisione in 28 parti, mentre i Cinesi la usano ancora.
IPOTESI SUI MISTERI CELEBRATI NELL’OSIREION
L’Osireion secondo la mitologia era la tomba dove era conservata la testa di Osiride, nel senso che era un tempio utilizzato per i rituali connessi con il suo culto. L’Osireion e la Grande Piramide hanno molto in comune in entrambe le strutture si svolgevano in gran segreto i riti di morte e resurrezione.
Solo studiando la geometria e analizzando i numeri del sito e facendo riferimento ai testi religiosi egizi, possiamo vagamente supporre quali rituali misterici venivano celebrati. Una scala di pietra discendeva nel fossato. Uno dei riti misterici celebrati in passato era quello della discesa nel pozzo.
Strabone, storico greco del primo secolo a.C. descrive il pozzo o la fontana di Abido, una costruzione eccezionale, realizzata in pietra massiccia… (contenente) una sorgente situata a grande profondità, raggiungibile soltanto scendendo attraverso gallerie dal soffitto a volta costituite da grandi monoliti, un canale conduceva l’acqua del Nilo a quel luogo sotterraneo. Questo tempio nei primi secoli dell’era moderna era ormai ricoperto dalle sabbie del deserto e dal limo portato dal grande fiume. Per avere una idea della sacralità del pozzo è sufficiente riferirsi ai pozzi sardi che, per particolari caratteristiche meglio di altri si adattano a far capire il segreto di tale costruzione. Il pozzo oltre che a raccoglier l’acqua, ha una profonda valenza simbolica, diventa il luogo ove si possono compiere riti di purificazione, e in questo caso il pozzo assume più le connotazioni della vasca, divenendo così il modo per collegare il cielo, l’uomo e la terra.
Uno dei pozzi sacri della Sardegna meglio conservati è quello di S. Cristina. Dalla scalinata centrale si scende al centro si raccoglie l’acqua. La discesa nel pozzo è realizzata con una scalinata rovesciata, come se si dovesse camminare al contrario con i piedi sul soffitto e la testa all’ingiù. L’immagine che si riceve è quella di entrare con la testa nelle acque, nel ventre liquido della Madre Terra. In Sardegna, all’ingresso del pozzo sacro di Perfugas delle lastre di pietra sono disposte per formare una Tau, la Croce dell’Iniziato.
FIGURA 1. POZZO DI S. CRISTINA SARDEGNA
Il Candidato giunto alla Sala Grande oltrepassava una porta, e vedeva di fronte a se una piattaforma con 2x5 pilastri disposti su due file, circondata da un canale con acque profonde. Dieci è il numero dell’Uomo Celeste. I pilastri simboleggiano gli alberi sacri, su cui si sorregge l’Universo, rappresentato come un’isola nelle Acque dello Spazio. La colonna che unisce terra e cielo è il simbolo dell’uomo, nell’atto del raggiungimento della posizione eretta, che libera le mani per edificare il suo tempio e ritto sulla sua colonna vertebrale. Giunto con una Barca (come quella di Osiride) sulla piattaforma, vedeva una scala di pietra che discendeva nelle acque. Probabilmente il livello veniva fatto scendere e il Candidato scendeva i gradini che giungono ad una profondità di 6 CR. E Allora l’Iniziatore porgeva le seguenti domande all’uomo del dolore:
Sei tu giunto fino alle sorgenti del Mare?
Hai tu passeggiato nella profondità dell’Abisso? (Libro di Giobbe)
Se le risposte non erano corrette forse il livello veniva fatto nuovamente salire. Le sorgenti del Mare, sono quelle del Mare dello Spazio, gli elementi con cui sono fatte tutte le cose. Il passeggiare nelle profondità dell’Abisso è avviarsi verso l’oscurità della materia grossolana per essere inghiottiti nel luogo delle Tenebre della materia. Nella prima ora notturna il Candidato, assimilato al sole notturno, inizia il suo viaggio da “morto”, oltrepassa la porta e scende nel ventre liquido della materia. È un percorso che si svolge in una regione, il Duat. L’iniziando nel suo viaggio notturno è assimilato al dio Sokar, patrono dei morti. L’iniziando nel suo viaggio notturno è assimilato al dio Sokar, patrono dei morti.
- Il Candidato, s’immerge nell’acqua che simboleggia gli elementi dell’oceano celeste, nuotando come un pesce, l’unica forma ammessa nel Grande Mare.
- I pesci nel santuario di Apollo in Licia erano chiamati Orphoi. Il nome di Orfeo è in relazione all’oscurità dell’Ade, si hanno di fatti: Orphos dio del mondo infero, Orphne ninfa del lago Averno, Orphnaios cavallo di Plutone.
Come nel mare i pesci, esistiamo immersi nel profondo buio. La Tenebra ci riempie e ci condensa.
I sacerdoti egizi si rifiutavano di mangiare i pesci. I pesci, vivendo nell’acqua, elemento emozionale, erano l’immagine dell’anima non evoluta. In una raffigurazione (papiro di Nefer-Ubenef – Nuovo Regno) tre babbuini cercano di catturare con le reti i defunti sotto forma di pesci.
FIGURA 2. I BABBUINI CHE PESCANO CON LA RETE
I babbuini erano i custodi, i guardiani, delle porte di oriente e di occidente, cioè dell’alba e del tramonto.
“O voi pescatori che vagate nelle dimore delle acque, non mi prenderete nella vostra rete in cui prendete gli imbelli!”
Superata questa fase il Candidato paragonato al defunto osserva le due file di 5 pilastri. Ai lati della scala due monoliti che gli ricordano la dualità, esplicato ulteriormente dalle due file di 5 pilastri.
Procedendo il Defunto trova sulla via una vasca rettangolare, che ha i lati in rapporto di ottava musicale 1:2, e geometricamente formata con due quadrati, la dualità, come per la Camera del Re della Grande Piramide. Le dimensioni della vasca non sono espresse in cubiti interi, ma 4,2x8,4 CR, la profondità è 1 CR. In altri termini la dimensione di un quadrato di lato 4 CR è aumentata di 1/5 di CR, il numero cinque impera in questo edificio. Dopo aver evitato di cadere nella rete dei tre babbuini, il Defunto deve attraversare un Lago di Fuoco. Il lago di fuoco è la vasca rettangolare che il Candidato trova davanti a se.
La vasca presumibilmente era riempita con liquido infiammato. Tale lago è sorvegliato da quattro babbuini ai quali il Defunto si rivolge per essere purificato delle colpe e dei peccati commessi in vita, attraverso l’elemento Fuoco. In questa fase col Fuoco, viene bruciato ogni impedimento, ogni difetto, ogni scoria. Ai lati della vasca di fuoco quattro pilastri.
FIGURA 3. IL LAGO DI FUOCO PAPIRO DI ANI
Secondo la mitologia egizia il luogo dove era venuto alla luce Ra, era considerato la Prima Terra sorta dall’Oscuro Mare Primordiale di Nun. La Prima terra è talvolta raffigurata come un fiore di loto, a volte come un uovo, infine come un’Isola di Fuoco. Come i babbuini di Thoth ogni mattino salutano eccitati Ra il Sole che sorge dal Mare primordiale, abbandonandosi alla gioia mentre i suoi raggi illuminano le tenebre tutt’intorno. È in questo grandioso avvenimento primordiale che il Candidato dell’Oltretomba è proiettato quando giunge al Lago di Fuoco, che minaccia di tagliare ogni impurità dell’anima così che se entra in esso identificato con le parti che non sono state rigenerate, w non sono capaci di trasmettere la luce di Ra apportatrice di vita, e allora soffrirà il tormento di essere tagliato a pezzi.
Omaggio a voi, quattro babbuini che sedete sulla prua della barca di Ra, che fate avanzare la verità di Dio … che vivete di Maat … Depuratemi di tutto il male che mi è rimasto addosso. (Papiro di Ani 126).
FIGURA 4. OSIREION PLANIMETRIA E RICOSTRUZIONE
Si aprono lateralmente, affacciate su quelle che si possono definire le due navate minori del tempio, una successione di 17 celle perimetrali, alte 4 CR, in cui un uomo può stare in piedi. Il numero 17 è un numero occulto, perché dalla Triade, viene emanato una coppia di Sette, i 14 pezzi del corpo di Osiride, in totale 3+14=17. Le nicchie sono al di là delle acque, appartengono al mondo divino.
Le celle sono così suddivise: 6 su ciascuno dei lati maggiori 2x6=12, due coppie sui lati minori 2x2= 4. Queste 16 nicchie possono essere raggiunte solo attraversando le acque. Nel Tempio della Valle a Giza di fronte ai 2x5 pilastri abbiamo 2x6 buche anziché le nicchie. La diciassettesima nicchia è il coronamento del percorso e si apre sulla cosiddetta stanza del sarcofago ortogonale all’asse principale. Davanti a queste celle non c’è un pavimento ma solo un percorso largo poco più di 60 centimetri che si estende tutto intorno all’edificio, passando davanti alla grande porta d’ingresso e che corre lungo il lato di ogni navata opposta alle porte di queste celle.
Procedendo oltre una vasca quadrata, dove avveniva il mistero della morte e resurrezione. La vasca è un quadrato di lato 4 CR, l’altezza dell’uomo secondo il canone egizio.
Il Candidato dopo essere approdato all’isola di Maat, giunge nella parte centrale sotto gli alberi di fronte alla bara con il corpo mutilato di Osiride, si riconosce in quel corpo sperimentando il dolore dovuto alla frammentazione nella forma.
Questo rituale si accorda con il racconto del mito di Osiride che narra la sua tomba fosse situata su di un’isola circondata di acqua.
“Tu arrivi nella stanza sotterranea, sotto gli alberi (sacri). Presso il Dio Osiride (ecco)ti giunto, colui che dorme nel suo sepolcro. Allora nel luogo santo ti è dato il titolo di Giustificato” (Papiro di Leida).
Gli alberi sacri sono simboleggiati dai 10 pilastri. Colui che dorme nel suo sepolcro è Osiride ma anche il Defunto che dopo l’Iniziazione assumerà il nome del suo Dio. Boris de Rachewiltz in “Egitto magico religioso”ci informa che le Sette Fasi del culto misterico di Osiride sono:
- Il mistero della morte di Osiride. Osiride, il Sé spirituale è racchiuso in una bara di piombo, in termini alchemici il corpo fisico.
- Il mistero dell’immersione del Corpo nel Nilo. Osiride nella sua cassa, è gettato nelle “acque” del Nilo che sono in movimento, è immerso cioè nella corrente”. È la discesa negli Inferi.
- Il mistero del ritrovamento del corpo. Iside, la forza attrattiva ritrova il corpo. Evita cioè che venga disperso.
- Il mistero dello smembramento del corpo. Seth, il principio materiale scopre nella luce lunare il corpo di Osiride e lo smembra in 14 parti. Il fallo di Osiride, il principio di riproduzione fisica, è divorato da un pesce, restano 13 pezzi.
- Il mistero del ritrovamento delle membra. Iside ritrova le 13 parti di Osiride e le ricompone equilibrando gli opposti.
- Il mistero della concezione di Horus. Iside si unisce con Osiride e concepisce Horus.
- Il mistero della resurrezione. Dopo aver trionfato “sulla corrente”, dopo la discesa agli Inferi, dopo aver equilibrato le proprie nature, Osiride risorge nell’apoteosi cosmica dell’immortalità.
Il mistero della morte di Osiride. Il Candidato anticamente era introdotto nella Camera dell’Iniziazione e fatto distendere per terra a braccia aperte nella posizione dell’uomo crocifisso, ecco perché la fossa era quadrata. Poi veniva toccato con il tirso (asta circondata da pampini e da edera) che in quest’occasione rappresentava la “lancia della crocifissione”. Quando il suo corpo diveniva simile a quello di un morto (in trance) nella cripta sotterranea era sorvegliato per tutto il tempo dell’Iniziazione. Il Candidato, immerso nel Sonno di Siloam (in trance), durante il quale, si diceva che la sua Anima confabulava con gli Dei.
Lo stato di catalessi era uno stato di morte apparente, in cui il corpo era messo in uno stato ricettivo. Il sistema nervoso era sottoposto ad una elevata stimolazione energetica. Il Ba, l’anima personale,il corpo astrale, sotto forma di uccello con volto umano, usciva e si staccava dalla sua prigione-bara, il corpo fisico, per dirigersi verso i Mondi Sottili. Questo è lo stadio dell’apertura della Porta della Tomba o del coperchio del sarcofago.
Il luogo della costrizione viene aperto, ciò che era stato chiuso è ora aperto … al mio Ba.
FIGURA 5. IL BA E IL DEFUNTO
Il Ba era raffigurato come un uccello ed era il principio animatore del Defunto. L’ultima notte, la più terribile, era piena delle prove più crudeli. Se gli stadi di purificazione preliminari non erano stati effettuati e superati, il Candidato moriva definitivamente, stroncato da un potere che egli non poteva sopportare.
Il mistero dell’immersione del Corpo nel Nilo, nella acque fluide della materia. L’isola era completamente circondata dalle acque simbolo del Nun. Può darsi che il corpo del Defunto disposto in una Barca o Arca vagava sulle acque del Caos. In questo stadio, il Ba o Corpo Astrale del Candidato percorre le Oscure Regioni chiamate “Il cuore della Terra” per poi dirigersi verso le “Montagne Celesti” e vestire, il“Corpo della Beatitudine”. Il Ba l’uccello tozzo con volto umano si trasformava in un armonioso Ibis, l’Akh, la parte spirituale. Particolare curioso di questo uccello è che, quando nasconde il collo e la testa, assume una forma che rassomiglia a quella del cuore umano.
FIGURA 6. IL BA E L’IBIS
L’Ibis era chiamato il messaggero di Osiride perché è il simbolo della Saggezza, del Discernimento e della Purezza, perché non sopporta l’acqua seppur minimamente inquinata.
Il mistero del ritrovamento del corpo. Con il Corpo di Beatitudine, l’Iniziando ritornava nel corpo fisico e lo rianimava. Durante la cerimonia di Iniziazione uno degli Ierofanti portava un cappuccio a forma di Ibis, che stava a simboleggiate Thoth, il Dio della Sapienza e dell'Insegnamento Segreto. L’Ibis veniva spesso impiegato per raffigurare con la sua testa l'immagine della dea Iside. Thoth, colui che conosce l’Essenza delle cose, era rappresentato con la testa di un Ibis. Il Defunto veniva sollevato dal sarcofago ed adagiato rivolto ad Oriente pronto per l’alba del terzo giorno.
FIGURA 7. LE 14 NICCHIE, I 14 PEZZI DI OSIRIDE
Il mistero dello smembramento del corpo. Lo smembramento del corpo in 14 pezzi con la complicità della luce lunare, è un’allusione al ciclo di manifestazione retto da Sette Spiriti della Luce e Sette Spiriti della Materia tenebrosa. Osiride è la sintesi dei 14, l’immobile Asse del Mondo. Il Defunto vede 6+1=7 nicchie a destra e 6+1=7 a sinistra, occupate probabilmente da sacerdoti che indossavano vesti e maschere che dovevano rappresentare i principi positivi e quelli negativi. Nell’insegnamento cristiano questa coppia di sette, è rappresentata con i sette vizi capitali e le sette virtù.
FIGURA 8. PHILAE INIZIAZIONE CON HORUS E THOTH
Il mistero del ritrovamento e della riunione delle membra. Questa fase si realizza sono l’equilibrio degli opposti, tutto ciò conduce all’armonia. A Philae, un bassorilievo rappresenta l’Iniziato fra due forze: Horus, il Sole, con la testa di falco, Thoth, la Luna, con la testa di Ibis. Horus e Thoth versano acqua di vita sulla testa dell’Iniziato. I due filetti d’acqua, cadendo s’intrecciano formando una croce.
Il mistero della concezione di Horus. Il mito narra che quando Iside ritrovò la testa di Osiride, tra i “fiori di loto”, cioè nelle acque. La testa di Osiride si narra che era conservata ad Abido, nell’Osireion. Iside pianse lungamente, e a questo punto gli occhi di Osiride si aprirono e un raggio di luce fecondò Iside che concepì Horus il giovane.
Nei testi delle piramidi il concepimento di Horus avviene attraverso la metamorfosi di Iside in avvoltoio che, posatosi sul corpo del Defunto, rimase gravida. Si narra che Iside partorì all’epoca del solstizio invernale. Horus il giovane è raffigurato come un fanciullo magro con poca forza con un dito sulla bocca. Plutarco chiama questo dio Arpocrate e spiega che egli è il patrono e il precettore dell’umana attività di comprensione del divino che imperfetta immatura e inarticolata ecco perché il Dio “tiene il dito sulla bocca, indicando prudenza e silenzio esoterico”. Il Defunto in questo stadio iniziatico fecondato dalla Luce dell’insegnamento spirituale rinasce come Arpocrate, ma deve mantenere il rigoroso silenzio.
Il mistero della resurrezione. Superata la prova finale, avendo vinto la morte in vita l’Iniziato si elevava, ergeva la propria colonna dorsale dal sarcofago, risorgeva e assumeva il nome del proprio Dio, cioè Osiride. “Alzati Osiride, tu hai la tua colonna vertebrale, tu hai i legamenti del tuo collo sulla schiena. Poniti sulla tua base”.
FIGURA 9. IL TRAGHETTATORE. PAPIRO DI ANI
Procedendo oltre l’Iniziato trovava un’altra scala che scendeva nelle acque. Il Candidato immergendosi nelle acque riproduce in se stesso, i processi di una nuova nascita fisica nella simbolica terra di trasformazione di Osiride. Il Defunto l’Iniziato, risale la scala e aspetta il giudice traghettatore che dall’isola, la terra del mondo delle forme deve portarlo oltre la barriera della materia densa. Il Traghettatore è noto come “Colui che guarda indietro” verso il Defunto sottoponendolo ad un interrogatorio. Questa rappresentazione (British Museum) si trova nel capitolo XCIII del Libro dei Morti, papiro di Ani, e nella recensione saitica qual è il Papiro di Torino. Questa rappresentazione ricorda anche Osiride sulla barca nelle sembianze di Orione col viso volto all’indietro.
Superato l’ostacolo delle acque, l’Iniziato passava nella diciassettesima cella, e procedeva passando nella camera indicata da Naville con “J”. Il Viandante giunge ad una Porta che dà accesso alla sala di Maat, custodita da Anubis (un sacerdote con la maschera di Anubis) informandolo che:
Sono stato dove la terra non produce erbe di nessuna specie. E sono entrato nel luogo delle cose segrete e nascoste e ho parlato con Seth.
FIGURA 10. LA PORTA CUSTODITA DA ANUBIS
La larghezza della sala è 10 CR, uno dei due lati sia della Camera del Re e sia di quella della Regina nella Grande Piramide o di Cheope. Con la Camera della Regina ha anche in comune l’inclinazione del tetto a 30°. La lunghezza della camera è di 56 CR questo numero secondo Plutarco è riferito a Tifone, cioè Seth. Il corridoio di ascesa della Grande Galleria, è formato da una parte centrale larga due cubiti, più due rampe di larghezza ciascuna un cubito, per un totale di quattro cubiti. Su ciscuna di queste rampe si trovano 28 fori rettangolari, per le due rampe 56. L’altezza della Grande Piramide è 280=5x56=280 CR cioè 56Φ2 metri. La quinta parte dell’altezza in CR della Grande Piramide fornisce il numero 56. Il numero 56 è la somma di due numeri triangolari uguali 7D+7D = 28+28=56. Nasce dunque dal raddoppio del numero 28, e rappresenta due cicli lunari 2x28=56. Nonostante che 56 sia un numero pari è la somma dei primi sei numeri primi successivi, 56=3+5+7+11+13+17.
Nell’ultima grande lunga 56=7x8 CR, indicata con “J”, probabilmente si svolgeva il Giudizio finale. Osiride, rappresentato dal Grande Jerofante, seduto su un trono su uno zoccolo a forma di cubito reale, simbolo della dea Maat, giudica il Defunto. Thoth in sembianze di un babbuino e Maat, la sua sposa, la Giustizia, pesano il cuore del Defunto. La divoratrice Ammit attende l’esito del verdetto. Quarantadue Giudici 6x7= 42 si adunavano su due file di 21 e giudicavano l’Anima secondo le azioni commesse nel corpo.
In Egitto ogni città importarne era separata dal suo cimitero da un lago sacro. La stessa cerimonia di giudizio, che è descritta nel Libro dei Morti che avveniva nel mondo dello spirito, aveva luogo sulla terra durante la sepoltura della mummia. Quarantadue giudici si adunavano sulla spiaggia e giudicavano il Defunto secondo le sue azioni quando era nel corpo. Dopo di ciò i sacerdoti ritornavano entro i sacri recinti ed istruivano i neofiti circa il probabile destino dell’Anima e la solenne rappresentazione che stava avvenendo nel mondo invisibile dove l’Anima era volata.
Sebbene il nome di Osiride sia “Ineffabile”, possiede 42 attributi, numero degli “Assessori” o Giudici che, nella regione dell’Amenti, si trovano davanti ad Osiride come accusatori dell’Anima e che leggono il loro rapporto nel Cuore del Defunto, che doveva dimostrare di non aveva commesso nessuno dei 42 peccati elencati nel “Libro dei Morti”, in altri termini di aver seguito le 42 prescrizioni della Dea Maat la rappresentante dell’ordine universale. Si dice che Thoth abbia lasciato alle spalle un lavoro di conoscenza conosciuto come i “42 Libri di Thoth”, ma questo può anche fare riferimento alle 42 leggi di Maat. Osiride visse 7x4 anni, fu sembrato in 7x2 parti, il suo nome ha 7x6 attributi di cui 7 sono duali in modo tale da avere in totale 49 (7x7) attributi.
È di grande interesse constatare che la sala è lunga 7x8 BR e i Giudici sono 6x7 in numero. I Giudici sono rappresentati con una piuma di struzzo in testa o in mano guardano verso la dea Maat. Predomina occultamente il numero del Mistero Sette, in 7D+7D=56, in 7x8 e in 6x7.
FIGURA 11. PAPIRO DI ENFANKH GIUDIZIO OSIRIDE E 42 GIUDICI
SIMBOLO GEOMETRICO CON CERCHI INTRECCIATI DETTO FIORE DI VITA
Sul secondo blocco di pietra, in alto a destra troviamo incisi dei Fiori della Vita, realizzati con sette cerchi intrecciati che si dice siano di origine copta, se ne trovano molti scolpiti nella pietra e conservati in un cortile del tempio di Ramesse III, a Medinet-Habu. Sono resti degli ornamenti che abbellivano le facciate degli edifici di una città copta costruita presso il tempio faraonico. Questi cristiani vi rimasero sino al IX secolo d.C., finché un’epidemia li costrinse ad abbandonare il centro abitato. Questi fiori rappresentano solo l’aspetto centrale del fiore della vita e furono ripresi e utilizzati nel cristianesimo al tempo dei templari che li utilizzarono nella loro simbologia[1].
Con tutti i posti che potevano disegnare questi fiori perché copti cristiani vanno in un luogo abbandonato e in rovina, non penso che siano stati loro? Non saprei formulare un’ipotesi riguardante il periodo dell’incisione di questo fiore, ma geometricamente e simbolicamente è molto interessante.
FIGURA 1. IL FIORE DI VITA INCISO SU UN PILASTRO
Uno dei temi ricorrenti egizi e naturalmente dell’estremo oriente, è il fiore di loto, il fiore che sorge dall’acqua. Il loto è un elemento ricorrente nella simbologia egizia. I quattro figli di Horus vengono rappresentati mentre escono da un fiore di loto. Anche il figlio di Ptah, il Fuoco Creativo, nasce da questo fiore.
Il motivo di questo intreccio cerchi, chiamato Fiore della Vita, sembra essere l’unico simbolo che adorna il tempio megalitico, così apparentemente identificando il relativo uso. Il fiore di vita è fatto da una serie di cerchi che intersecandosi formano tanti simboli dei pesci, che danno l’apparenza di molti occhi. Il Cerchio del Medesimo e del Diverso, nel racconto dei Timeo, intrecciandosi formano la Vesica Piscis. Nel rettangolo della piattaforma dell’Osireion, nel rettangolo di Maat si è visto che due cerchi s’intrecciavano per creare una coppia di pentagoni. Questo intreccio a forma di Pesce è simbolicamente anche un Occhio, quello di Osiride.
FIGURA 2. LA VESICA PISCIS CHE NASCE DALL’INTERSEZIONE DEI DUE CERCHI DELLA PIATTAFORMA
Il simbolo dell’Occhio indica che l‘Osireion è stato dedicato a Osiride, di cui il nome significa “i molti occhi”. Di conseguenza, il fiore del simbolo di vita suggerisce che il Osireion era la tomba di Osiride, nel senso che era un tempio utilizzato per i rituali connessi con il suo culto della resurrezione. In un frammento, un’opera intitolata “Il Libro delle Due Vie”, Râ, il Maestro dell’Eternità afferma:
Gli Dei li ho creati dal mio sudore, ma il genere umano l’ho creato dalle lacrime del mio occhio.
FIGURA 3. L’OCCHIO DI OSIRIDE
Questo brano ricorda il Vishnu Purana quando viene narrata la nascita dal sudore di Marisha prototipo della Seconda Generazione, i Semidei.
Ritornando al simbolo del Fiore della Vita, la sua costruzione narra una cosmogonia.
- La Circonferenza che racchiude tutto, è il simbolo dell’Uovo del Mondo.
- Sette circonferenze minori sono contenute nell’Uovo del Mondo.
- Il diametro delle circonferenza è 1/3 del diametro che rappresenta l’Uovo Cosmico.
- Il Cerchio situato al centro, simbolo dell’Uno che si manifesta
- Altro Sei Cerchi minori tangenti al cerchio centrale e al cerchio maggiore, in Totale 6 + 1 = 7.
- Questi Sei, sintetizzati dal settimo al centro, rappresentano le Potenze, i Sephiroth della Costruzione del mondo materiale.
- I Sei costruttori generano una coppia di altri sei cerchi con diametro 1/3 di quello del Cerchio Maggiore 2x6=12, questi sono i dodici dello Zodiaco.
- La prima serie di 6 Cerchi rappresenta lo spostamento dei sei cerchi esterni verso il centro della circonferenza, in modo da formare un fiore a 6 petali, simbolo della forza centripeta che ha agito sui primi sei con spostamento verso il centro. I petali rappresentano l’unione di coppie di forze.
- La seconda serie di 6 Cerchi è ruotata di 30° rispetto ai precedenti centripeti, espansi rispetto alla prima coppia di sei al centro della circonferenza. in modo da formare un fiore con 6 petali allargati, simbolo della forza centrifuga che opponendosi alla forza centrifuga produce equilibrio. I cerchi con lo stesso diametro delle tre figure sono 7+6+6=19. Il numero diciannove rappresenta anche la ciclicità, anche perché ogni 19 anni le fasi lunari ricadono nello stesso giorno dell’anno solare.
- I 19 cerchi intrecciandosi producono sette (6+1) fiori a 6 petali, che in parte si sovrappongono, e anziché aver 6x7=42 petali, abbiano 24 petali singoli. I ventiquattro petali una coppia di dodici rappresentano le 12+12=24 ore del Giorno e della Creazione.
FIGURA 4. PARTICOLARI DEL FIORE DELLA VITA
Se osserviamo meglio il cerchio centrale, constatiamo che la figura è completata sulla circonferenza da altri sei petali creati dagli altri cerchi, che però non possono oltrepassare il cerchio maggiore. Per completare la figura all’interno del cerchio occorre disegnare una serie di cerchi con centro ruotato rispetto alla prima serie di 60°. Occorrerebbero 12 cerchi per completare il giro, ma poiché non possono passare oltre il cerchio maggiore, si disegnano 12 semicerchi. In questo caso i fiori a sei petali completi sono Sette, per un totale di 42 petali.
Il Cerchio Maggiore in Oriente è noto come la Corda degli Angeli, o degli Elohim Alhim, rappresenta l’Anello Non Passare che non permette di uscire dal mondo fenomenico o delle forme.
La forma del Fiore della vita è un modello esagonale (in cui il centro di ciascun cerchio si trova sulla circonferenza di sei cerchi circostanti dello stesso diametro, costituito da 19 cerchi completi e 36 archi circolari parziali, racchiusi da un Grande Cerchio.
- Il numero totale dei fiori indipendenti è sette, se consideriamo soli i sei petali che escono dal centro abbiamo in totale a sei 7x6=42 petali. Il numero quarantadue è quello dei Giudici che assistono Osiride, inoltre il numero è formato dalla coppia del sesto numero triangolare 6D+6D=21+21=42.
[1] www.sapienzamisterica.it “Vincenzo Pisciuneri Simbolismo Templare – Pitagorismo Templare”.
IL TEMPIO A VALLE DI CHEFREN
Il Tempio a Valle di Chefren si erge a una quindicina di metri dalla Sfinge. La costruzione a pianta quadrata misura circa 44,10 metri di lato, e ha proporzioni armoniose ed eleganti, nonostante i mastodontici blocchi di calcare e granito, che sono accostati e connessi ad incastro, come avviene per i monumenti preincaici peruviani, anche qui gli angoli sono un vero capolavoro. Non è presente alcuna decorazione, come nella Grande Piramide, anche qui sono presenti un rigore e una forza assoluti che si impongono in modo netto. La maggior parte di questi monoliti misura circa cinque metri e mezzo di altezza e tre metri di larghezza, per due metri e mezzo di altezza. In alcuni casi addirittura nove metri di lunghezza per tre metri e sessanta di larghezza per tre di altezza. Con un peso in genere superiore alle duecento tonnellate. Come avevano fatto i costruttori del tempio della Valle a sollevare quei monoliti ad una altezza di dodici metri e passa?
E soprattutto spicca l’assenza, tanto all’interno, quanto all’esterno, di iscrizioni e altri segni d’identificazione. Il Tempio della Valle poteva essere paragonato a certi monumenti anonimi e decisamente impossibili da datare sull’altopiano di Giza, comprese le tre piramidi e il tempio di Abito, noto come l’Osireion.
Sulla facciata rivolta ad est del tempio a Valle di Chefren, si aprono due ingressi, sorvegliati da due sfingi. La sfinge dei monumenti egizi (che Erodoto chiama androsfinge, per distinguerla da quella greca) è un leone accovacciato, con testa d’uomo; rappresentava, l’autorità del Re, e custodiva i sepolcri e i templi, essa è la guardiana delle soglie proibite.
Le porte introducono in due anticamere e attraverso altre due porte si giunge all’estremità di un vestibolo rettangolare alto 9,40 m e lungo 20 m orientata nord-sud e coperta con lastra di alabastro. Nel pavimento di questa stanza c'è un pozzo in fondo al quale è stata trovata la magnifica statua della diorite Chephren che è oggi esposta al Museo del Cairo. Da questa stanza si accede alla sala ipostila a forma di “T”, del tempio a valle di Chefren, l’esempio meglio conservato dell'architettura monumentale dell’Antico Regno. Questa sala orientata in direzione NS ha 6 pilastri e 10 trasversali in direzione EO, in tutto 16 pilastri monoliti a base quadrata in granito rosso e la pavimentazione in calcare alabastrino, mentre la copertura era costituita da lunghi blocchi di granito appoggiati ai pilastri.
Abbiamo in questo tempio in una parte della sala 10 enormi pilastri suddivisi in due file 2x5 come nel Tempio di Abido, l’Osireion. Ogni pilastro misura 1 metro e 4 centimetri di lato, cioè 2 CR, lo stesso si dica delle travi, anch’esse di 2 CR di lato. Il numero Due indica la Diade, che per Pitagorici era lo stato imperfetto nel quale cadde il Primo Essere manifestato quando si distaccò dalla Monade. La Diade è sia il numero Due, sia il Principio Femminile, la forma trascendente di Due chiamato Diade Indefinita, dove “l’Indeterminato” deve essere inteso nel senso di illimitato, sconfinato e infinito. La Diade, Rhea, è collegata a Rhythmos, il che significa non solo ritmo, ma anche il movimento ricorrente, movimento misurato, e tempo.
La sezione dei monoliti è 4 CR, la cui figura geometrica è un quadrato. Il Quadrato è una forma generata, la forma universale. Il Quattro, il Quadrato Perfetto, nessuna delle linee che lo limitano sorpassa di un sol punto la lunghezza delle altre. La Tetrade rappresenta la Giustizia perché divisibile equamente da entrambe le parti. È l’emblema della Giustizia Morale e dell’equità divina geometricamente espresse nella Divina Misura. I Pitagorici chiamavano questo numero “Custode delle Chiavi della Natura”, perché senza il numero 4 non ci sarebbe l’ordinamento dell’universo. Quattro sono le stagioni, quattro sono i punti del circolo zodiacale che giace nel piano dell’ellittica, nei quali s’incontrano con quest’ultima il circolo equinoziale e quello solstiziale perpendicolari tra loro. È il simbolo dell’Universo allo stato potenziale, o materia non ancora formata, caotica. L’uomo si divide in quattro parti, testa, tronco, braccia e gambe.
I Dieci pilastri in direzione est ovest rappresentano i 10 Dei dell’Egitto, l’Enneade più Horus. I Pitagorici, ci informa Giamblico, chiamano il 10 unità di seconda serie, l’unità dentro lo zero — era il simbolo della Divinità, dell’Universo e dell’Uomo. Dieci è il numero dell’Uomo Celeste. La Cabala mistica ebraica si poggia sui dieci Sephiroth[1], Luci o Emanazioni divine. Dalla stessa Cabala apprendiamo che questi 10 Sephiroth erano i numeri o emanazioni della Luce celeste, possono venire capite come le qualità possedute dai primi dieci numeri interi.
I Sei pilastri in direzione nord sud rappresentano l’Esade, il Doppio Triangolo, il numero della creazione: il mondo fu creato in Sei giorni; secondo San Clemente d’Alessandria fu creato nelle Sei direzioni dello spazio, i Quattro punti cardinali, più lo Zenit e il Nadir. L’essenza del Sei è l’Armonia, il mondo del creato, la natura, le Sei direzioni dello spazio (i Tre assi spaziali sono polarizzati, positivi e negativi).
Sommati i numeri dei pilastri abbiamo sedici 6+10=16, il numero del quadrato di 4. Può essere visualizzato come somma del 3° e 4° numero triangolare: 16=6+10= 3D+4D. Indirettamente abbiamo il numero sette.
Le pareti erano ricoperte di granito rosso e i camminamenti erano fatti di alabastro egiziano. C’erano 23 pozzi poco profondi nel terreno. Ognuno a detta degli archeologi, conteneva una statua del re in alabastro, scisto e diorite.
Nel tempio fu ritrovata una statua in diorite a grandezza naturale di Chefren, capovolta e apparentemente sotterrata, con una sepoltura rituale in fondo a una profonda fossa, e altri frammenti di statue. Per tali motivi gli archeologi hanno immaginato (bontà loro) che si trovassero ben 23 statue di Chefren seduto sul trono. Per gli archeologi il tempio era adibito alla purificazione del corpo del Faraone Chefren, ma la Stele dell’Inventario definisce l’austera costruzione “dimora di Osiride”. Durante l’ottocento era diffusa tra gli archeologi l’opinione che questa superba opera appartenesse al periodo predinastico. Questa opinione cadde quando fu ritrovata all’interno del recinto una statua col nome di Chefren. È accaduto più di una volta che i Faraoni s’impadronissero di edifici erette prima di loro, arrivando talvolta a cancellarne i cartigli indicanti i nomi.
FIGURA 2. DISPOSIZIONE DEI 23 POZZI NEL TEMPIO
Osservando la posizione delle buche troviamo che nella sala delle 10 colonne, si hanno due file di 7 buche per lato, una coppia di sette 2x7=14, nell’Osireion di fronte alle due file 5 di pilastri abbiamo sei celle e una a lato, così che abbiamo due coppie di 6+1=7.
Nella sala dai Dieci Pilastri, le 17 buche realizzano la stessa funzione misterica delle nicchie nell’Osireion.
Si hanno tre buche nella parete ovest della sala dei 10 pilastri, in questa sala il numero delle buche è 17. Nella sala dell’Osireion sul rettangolo esterno alla piattaforma vi sono sei celle sono disposte ad est, sei ad ovest, di uguale dimensione, due a sud a fianco dell’ingresso, e tre a nord leggermente più piccole, in totale: 6+6+2+3=17. Le due sale hanno lo stesso numero di buche e di nicchie. Plutarco scrive che Osiride fu ucciso il giorno 17 del mese di Athyr quando si compiva il plenilunio. Un rituale misterico della morte e della rinascita do Osiride, impersonato dal Defunto o Iniziando si doveva svolgere in questo tempio megalitico. Con buona pace degli archeologi queste buche non erano destinate a contenere statue di Chefren.
La sala orientata NS ha 6 pilastri, divisi in due gruppi di tre 2x3=6, inoltre ha sul lato ovest, verso il tramonto, la morte del Sole, una coppia di tre buche cioè 2x3=6 buche. Riepilogando e tenendo conto delle direzioni: 7 buche rivolte a nord; 7 buche rivolte a sud; 3+3+3=9 buche rivolte a occidente, nessuna rivolta verso est.
Nove è l’ultimo numero monadico, a una sola cifra, con esso si termina l’Enneade dei numeri, essendo Dieci, una nuova unità. La progressione naturale dei numeri arriva fino a 9, dopo il 9 si torna indietro, perché il 10 diventa 1. I Pitagorici chiamavano il nove Prometeo perché al di là di se steso non lascia più posto ad alcun numero. Questo numero non permette che i numeri procedendo al di là di esso, disperdano la loro compattezza, ma li raccoglie nello stesso punto e li fa convivere, allora è chiamato concordia, limitazione. Nove sono i numeri naturali di base. Enumerare, contare, anticamente si diceva annoverare. Il 9, quindi, è l’ultimo dei numeri. È chiamato telosforo, perché porta a compimento i parti di nove mesi.
Narra Erodoto una storia velata o misterica che non doveva essere presa alla lettera come hanno fatto i moderni eruditi. Dicevano gli Egiziani che questo Cheope regnò per 50 anni e che morto lui regnò il suo fratello Chephren … regnò per 56 anni. Questi 106 anni li computano come quelli in cui gli Egiziani ebbero a soffrire di ogni sorta di mali. Per prima cosa riferiscono i sacerdoti egizi ad Erodoto; Chefren e suo fratello Cheope sono descritti come re malvagi, perché?
Erodoto pone l’accendo su due numeri simbolici, 50 e 56 che si ritrovano nelle Tempio di Osireion e nella Grande Piramide. Il Giorno del Giudizio legato a Cheope è il 50° che nella tradizione cristiana è il numero del Giubileo. Questo numero è formato da 7 cicli di 7 unità più il numero “1” che rappresenta il ritorno al centro: 7x7+1=50. Il numero 50 è certamente misterico, rappresenta periodi apparentemente in disaccordo tra loro, come per esempio gli oscuri anni del regno di Cheope e del Giubileo.
Chefren è legato al numero 56, che rappresenta due cicli lunari di 28 giorni. La quinta parte dell’altezza 280 CR della Grande Piramide fornisce il numero 56. Plutarco spiega che il poligono a 56 lati appartiene a Tifone, il fratello oscuro di Osiride, che rappresenta qualcosa di violento, una forza che trattiene e ostacola.
Le dimensioni esterne del tempio tracciano un quadrato di 44,10 m, e conducono alla misura egizia di 84 CR cubiti reali. Il numero 84 è il doppio di 42, il numero dei Giudici che attorniavano Osiride. Il numero 84 è la somma di due dolorosi numeri primi, 41 e 43. Il numero 41 è un riferimento all’uomo che ha superato le dolorose prove imposte dal numero 40: il numero 43 è simbolo di lotta e d’insurrezione, di frustrazione e di distruzione.
[1] I Dieci splendori, sono anche le Dieci membra dell’Uomo Celeste.
CRONACHE PREDILUVIANE
Il custode degli archivi sacri del tempio di Eliopoli, Manetone o Manetho (III sec. a.C.) ci ha lasciato un resoconto della storia egiziana, purtroppo andato distrutto da mani fanatiche, attinto dalle incisioni che comparivano sulle colonne dei templi e dei sotterranei segreti vicino a Tebe. Eusebio (265-340 d.C.) scrive che Manetho aveva studiato la storia sulle iscrizioni che Thoth[1] aveva inciso sulle colonne dei templi. Dopo il diluvio, Agatodaemon, secondo figlio di Thoth, tradusse queste iscrizioni su dei rotoli che in seguito furono depositati nei sotterranei.
Manetho afferma che la Grande Piramide non fu costruita dagli Egiziani al tempo di Cheope. Gli archeologi basandosi sul resoconto di Erodoto, affermano la costruzione della Grande Piramide al faraone Cheope e che la piramide accanto fosse stata fatta costruire da suo figlio Chefren. Ma è accaduto più di una volta che sovrani si impadronissero di immensi edifici molto più antichi, e che essi non avrebbero saputo mai come farli costruire e apponessero il loro marchio. Era uso da parte dei Faraoni che restauravano i monumenti apporre il loro cartiglio per ricordare che essi continuavano l’antica opera.
Secondo l’arabo Ibn Battuta (XIV secolo), la costruzione delle Grandi Piramidi risalirebbe a Ermete Trismegisto che avrebbe maturato il progetto in conformità a considerazioni sugli spostamenti delle costellazioni che annunciavano un diluvio. Ermete Trismegisto è Thoth, il custode della conoscenza, divenuto Enoch presso gli Ebrei.
Un’altra versione araba afferma che la Grande Piramide sarebbe la tomba di Seydna Idris. Il Corano chiama Idris gli Istruttori ed Enoch è uno di Essi. Da questa precisazione si capisce che ciò che fu sepolto nella Piramide non fu il corpo fisico di Idris, ma la sua Scienza arcana. Abd el-Latif, uno scrittore arabo, riferì di migliaia di geroglifici riportati sul rivestimento di lucente roccia calcarea delle piramidi, rimossi perché il materiale fu usato per costruire le case del Cairo oltre mille anni fa. Balkhi un astronomo (VIII secolo), scrisse che sull’esterno delle piramidi era scolpita ogni rarità e meraviglia della fisica.
Ci viene così insegnato che le grandi Piramidi furono costruite sotto la loro sorveglianza diretta “quando la stella polare di allora era al momento culminante più basso e che le Pleiadi guardavano al di sopra della sua testa (cioè si trovavano sul medesimo meridiano, ma più in alto) per sorvegliare il lavoro dei Giganti”.[2]
Secondo Giorgio Sincelle (morto nell’886 d.C.) gli Egiziani avevano custodito cronache di 30 dinastie con centotredici discendenti, per 36.525 anni, periodo ben più lungo di quello citato da Erodoto che si riferiva alle 341 statue dei re-sacerdoti. Diogene Laerzio, nelle “Vite”, fa risalire i calcoli astronomici degli Egiziani a un periodo di 48.863 anni prima di Alessandro Magno. Simplicio, vissuto nel sesto secolo, scrisse che gli Egizi conservavano registrazioni risalenti a 630.000 anni prima! Proclo nel commento al Timeo (Libro I) dice che gli Assiri conservavano memorie dei loro re risalenti a 270.000 anni prima.
Ad Erodoto i sacerdoti di Sais dissero che il Sole nei cieli ben quattro volte aveva cambiato posizione nella volta celeste, nascendo alternativamente ora ad Oriente ed ora ad Occidente. Quattro volte la geografia del Globo è stata cambiata, da quando l’uomo ha fatto la sua comparsa. Erodoto[3] insegna alla posterità che quando Cambise entrò nel tempio dei Kabirim , scoppiò in un irrefrenabile accesso di riso, vedendo davanti a sé quello che credeva fosse un uomo in piedi e una donna che stava in equilibrio sulla propria testa. E invece erano i poli, invertiti in conseguenza della grande inclinazioni dell’asse, che ogni volta portò lo spostamento degli oceani, la sommersione delle terre polari. Questi Kabirim erano gli Dèi del “Diluvio”.
È vero che la Piramide attribuita a Cheope, e il suo guardiano la Sfinge, hanno conosciuto la sommersione da parte di quelle acque che chi antichi denominavano come il Mare di Tritone? La risposta a quest’ultima domanda provocatoria porta ad ammettere che l’Egitto della protostoria è molto più antico dell’Europa.
Nel primo secolo d.C., lo studioso romano Pomponio Mela[4] scrisse: “Gli Egiziani si vantano di essere il popolo più antico del mondo. Nei loro annali autentici si può leggere che da quando esistono, il corso delle stelle ha cambiato quattro volte direzione, e che il sole è tramontato due volte nella parte del cielo dove oggi sorge”. L’interpretazione più comune è quella riguardante la precessione degli equinozi per un totale di 39.000 anni, ma quello che i sacerdoti di Sais dissero ad Erodoto riguardava le quattro grandi perturbazioni magnetiche del pianeta, i quattro annientamenti dovuti al brusco capovolgimento dei poli magnetici della Terra.
Dello storico arabo Abu Zeyd el Balkhy si cita un’iscrizione secondo la quale la Piramide di Cheope sarebbe stata innalzata nel tempo in cui la costellazione della Lira si trovava nel segno del Cancro. Si sarebbe inteso che il periodo fosse due volte 36.000 anni prima dell’Egira[5]. Ouspensky[6], il più famoso discepolo di Gurdjieff[7] scrivendo del suo maestro afferma che aveva avuto fra le mani una pergamena antichissima, di proprietà da generazioni, di un prete del Caucaso, che raffigurava “l’Egitto prima delle sabbie“. Gurdjieff affermava che la Sfinge e le Piramidi erano state costruite dagli abitanti di Atlantide[8].
Una versione copta conservata nella Biblioteca Bodleiana di Oxford scritta dal copto Abu’l Hassan Ma’sudi che afferma che le due piramidi più grandi furono costruite 300 anni prima del diluvio dal re prediluviano Surid, che avrebbe sognato che un enorme asteroide sarebbe caduto sulla terra quando il cuore del Leone[9] avrebbe raggiunto il primo grado del Cancro. Nel Libro dei Morti è scritto che il movimento del Sole nel cielo è custodito da due divinità leoni, i guardiani del mattino e della sera. Il Sovrano le fece edificare secondo i disegni dei saggi e ordinò ai sacerdoti di depositarvi i segreti delle loro scienze e i precetti della loro saggezza. Ibn Abd Hokm, uno storiografo arabo (IX sec), ha scritto a proposito delle piramidi.
“La maggior parte degli storiografi è d’accordo nell’attribuire la costruzione delle piramidi a Sarib Ibn Salhouk, re egiziano, che visse tre secoli prima del Diluvio ... essendosi svegliato pieno di paure, radunò i gran sacerdoti delle centotrenta province d’Egitto, guidati da Aclimone, e disse loro dei suoi presagi. I sacerdoti misurarono l’altezza delle stelle e predissero il Diluvio. Il re chiese. “Colpirà anche il nostro paese?”. I sacerdoti risposero: “Sì, e lo distruggerà”. Ma poiché dovevano passare un certo numero di anni, il re ordinò che nel frattempo si costruissero delle piramidi con dei sotterranei a volta, e li riempì di talismani, oggetti strani, ricchezze, tesori e molte altre cose: poi fece preparare nella piramide occidentale trenta tesorerie in cui ammassò ricchezze e utensili, proiettili fatti di pietre preziose, strumenti di ferro, modelli di navi in argilla, armi che non arrugginivano e vetrerie che si piegavano senza rompersi”.
Il passaggio riguardante le “armi che non arrugginivano” e i vetri “che si piegavano senza rompersi” è molto espressivo. Nel IX secolo d.C. l’acciaio e la plastica non erano immaginabili. È evidente che questo manoscritto arabo affonda le sue radici in documenti ben più antichi[10].
Il papiro copto di Abou Hormeis, tradotto in arabo nel IX secolo, afferma che il cataclisma avvenne quando il cuore del Leone entrò nella testa del Cancro. Lo studioso Makrizi (XV secolo) scrive che il fuoco sarebbe giunto dal segno del Leone e avrebbe consumato il mondo[11]. Ecco le parole dette a Solone, il legislatore greco, da Psonchis, il sacerdote egiziano di Sais: “Molti e molti modi sono stati e saranno gli stermini degli uomini: i più grandi per il fuoco e l’acqua, altri minori per moltissime altre ragioni. Perché quello che anche presso di voi si racconta, che una volta Fetonte, il figlio del Sole, avendo aggiogato il carro del padre, bruciò tutto sulla terra ed egli stesso morì fulminato; questo ha l’apparenza di una favola, ma la verità è la deviazione dei corpi che si muovono intorno alla terra e nel cielo e la distruzione per molto fuoco e a lunghi intervalli di tempo di tutto quello che è sulla terra”.[12]
Un mito greco racconta che Selene, la Luna, venne sedotta da Zeus, e dall’incontro nacque un Leone che precipitò sulla Terra destinato a vagare, terrorizzandola, in una valle dell’Argolide. Il Leone chiamato Nemeo venne ucciso da Ercole. Per alcuni il Leone Nemeo era figlio di Tifone, la forza distruttrice. La chiave per interpretare i miti, gli scritti misterici, deve essere girata sette volte, pertanto Ercole al pari di tutti i personaggi della mitologia misterica si presta a sette rappresentazioni distinte, fra le quali oltre ad essere un Eroe è il Sole[13] serbatoio di forza magnetica. La parola magnetismo trae origine da magh, magnus, grande. Magnesia[14], il magnete, era nota come la Pietra di Ercole. Il Leone del racconto potrebbe essere un corpo celeste proveniente dalla Costellazione del Leone che viene catturato dal campo magnetico del Sole e della Luna, per poi schiantarsi sulla Terra.
Il sacerdote Psonchis, maestro di Pitagora, ci parla di registri sacri in cui si menziona in tempi remoti, la collisione della terra con un gigantesco asteroide. Il papiro della XII dinastia conservato all’Ermitage di Leningrado, descrive la caduta di una stella (un meteorite) sulla terra. Il papiro di Harris e il papiro di Ipuwer descrivono il capovolgimento della terra in seguito ad un cataclisma. I sacerdoti egizi avevano a disposizione archivi antichissimi che narravano una storia dell’umanità diversa da quella ora insegnata nei libri di storia.
La tradizione copta, tramite Masondi (X secolo), afferma che nei sotterranei delle piramidi sono depositati tesori segreti fra cui del ferro che non arrugginisce e vetro pieghevole. Secondo l’autore, le gallerie di queste piramidi sono sorvegliate da statue meccaniche che distruggono tutto, tranne coloro che per la loro condotta meritano di essere ammessi.
PIRAMIDI AI QUATTRO ANGOLI DEL MONDO
Il Grande Drago non rispettò che i Serpenti di Saggezza, i Serpenti le cui tane sono sotto le Pietre Triangolari.[15]
Il Grande Drago, la cui coda spazzò via dal mondo interi popoli è il Grande Diluvio. Il simbolo del Drago, era associato alla costellazione del Dragone. Le sue “Sette stelle” sono identiche alle stelle dell’Alfa e Omega che il Cristo nell’Apocalisse tiene in mano. La conoscenza delle figure draconiche o serpentine dava la chiave delle leggi del cielo stellato[16], che era rappresentato da un Albero i cui frutti, i pomi d’oro, erano le stelle ed il tronco il loro asse di rotazione; naturalmente il sommo guardiano di questo “Albero della Scienza” era il Drago. Il fatto che le stelle del Drago non solo non tramontavano mai, ma occupassero anche il trono centrale fra le costellazioni, faceva di questa creatura il vero simbolo dell’eternità, della consapevolezza e della vigilanza. E’ sempre un drago che sorvegliava, instancabile, nel giardino di Ares il Vello d’oro, méta ambita degli Argonauti partiti per compiere un’impresa da carattere profondamente astronomico. Una sua qualità era l’instancabile vigilanza, la sua vista era eccezionale e non dormiva mai, caratteristiche, queste, che venivano attribuite agli astronomi; sembra che la radice di Drago venga dal greco derkein, vedere.
Il Commentario alle Stanze di Dzyan, afferma che durante l’ultima grande distruzione planetaria, il Grande Drago, rispettò solo le tane triangolari dei Serpenti di Saggezza. Questi Serpenti erano gli Iniziati della generazione antidiluviana. Le tane triangolari sono le piramidi poste ai quattro angoli del mondo.
La Grande Piramide è una tomba, dove è sepolta la scienza antidiluviana, la sua storia e i suoi segreti[17] gelosamente custoditi al riparo dell’opera distruttrice sia di fanatici di scienza e di religione, e sia del tempo che riduce ogni cosa in polvere. Furono i discendenti dei giganti prediluviani citati nel sesto capitolo della Genesi e nel Popol Vuh che tradizionalmente sono denominati Atlantidei che costruirono la Grande Piramide e la Sfinge, salvaguardando così il loro sapere dalle convulsioni della terra e degli uomini, lasciando messaggi esterni nella geometria sacra, e interni nelle camere sotterranee ancora da scoprire. I sacerdoti Egizi con cui parlò Erodoto erano i custodi di un segreto millenario che non poteva essere rivelato se non attraverso allegorie e racconti mitici a coloro che il loro sapere lo avevano appreso nel segreto dei templi.
Per lo storico messicano Ixtlilxochitl, i Toltechi costruirono le loro piramidi per rifugiarsi nel caso che anche il secondo mondo fosse distrutto. Secondo lo storico ebreo Giuseppe Flavio (I secolo), Nimrod avrebbe costruito la Torre di Babele (un’altra tana conica) per trovare rifugio nel caso di un secondo Diluvio.
Se in Europa non si trovano più vere piramidi geometricamente corrette, molte delle supposte caverne neolitiche primitive, dei colossali menhir, conici e piramidali, di Morbihan e della Bretagna in genere, molti tumuli danesi e anche tombe dei giganti della Sardegna con i loro inseparabili nuraghi, sono altrettante copie, circa riuscite delle piramidi.[18]
Lucien Gérardin nel libro “Le mystère des nombres” ci informa dell’esistenza di una piramide nascosta a Silbury a 1,6 km dal cerchio megalitico di Avebury si trova il quello che è stato supposto il più grande tumulo d’Europa, una collinetta diametro alla base 160 m e alta 40 metri con un volume di 3000.000 mc ed estesa su un’area di due ettari. Le informazioni turistiche del settore non dicono cosa è sepolto sotto la collina. La risposta è stupefacente, è una piramide a base circolare a sei gradini, che diventano sette contando anche quello di base, proprio come quell’egizia di Saqquara e quella di Teotihuacán situata in Messico.
FIGURA 1. COLLINA PIRAMIDE A SILBURY HILL
Nelle Isole Canarie, nella terra dei misteriosi Guanci, nella valle di Guimar, a Tenerife, nelle Canarie, si trovano delle piramidi a 6 gradoni, fatte in pietra vulcanica e alte al massimo 12 metri . Quando l’archeologa Ruth Shady nel deserto peruviano ha scoperto Caral, una antica città con le sue piramidi ancora intatte, tutti gli occhi degli archeologi automaticamente guardarono a lei.
Nell’Oceania, nell’isola di Upolu, nelle Samoa Occidentali, si trova quella che è catalogata una tomba antica, dalle fattezze di una piramide azteca con sette gradini visibili, come mai una simile costruzione lontanissima dall’America? Forse coloro che in Occidente istruirono gli Aztechi, in Oriente, ebbero dei fratelli che vollero civilizzare l’Oceania istruendo gli antenati di questo popolo?
FIGURA 2. PIRAMIDE ATZECA IN OCEANIA
Le rassomiglianze fra l’architettura piramidale degli Egizi e quella dei loro cugini di oltre oceano sono sette:
- La disposizione dei lati di base secondo i punti cardinali.
- La scelta del luogo.
- Il passaggio del meridiano astronomico per il vertice piramidale.
- La costruzione a gradoni.
- La consacrazione al Sole.
- L’ingresso attraverso la via dei morti.
- La struttura interna.
In Messico si trova la misteriosa Teotihacán , la Città degli Dei, dove secondo il mito gli dei si riunirono in concilio dopo che la Quarta Epoca era finita con un diluvio catastrofico seguito da un periodo di oscurità, per iniziare la Quinta Epoca con Quetzalcóatl. A Teotihacán, la Città degli Dei, o meglio dove si diventa Dèi[19], si trovano tre piramidi come a Giza.
In Egitto i Testi della costruzione di Edfu descrivono la conoscenza di Sette Saggi attraverso la quale si intendeva ricostruire, in questa terra, il mondo com’era all’epoca del Primo Tempo, quando regnavano gli Dèi. I testi di Edfu ci narrano anche che il metodo usato da quei saggi consisteva nella creazione delle “sacre colline”, le piramidi nei luoghi ritenuti consacrati alla divinità. I libri della conoscenza indiani, noti come i Veda, furono scritti da Sette Saggi dopo il Diluvio per salvaguardare la conoscenza.
Lo storico romano Ammiano Marcellino (330/332 d.C. – 397 d.C. circa) conferma l’esistenza di passaggi sotterranei presso la Piana di Giza: […] Iscrizioni che gli antichi affermavano essere state incise sulle mura di certe gallerie e passaggi sotterranei si trovavano in questi luoghi segreti e sicuri per impedire che le conoscenze antiche venissero perdute durante il Diluvio Universale.
[1] Thoth, porta in testa un disco solare con Sette Raggi, divenendo così Thoth-Lunus, il Dio settenario, custode della settimana, cioè del tempo. Thoth è identificato con Ermete, anch’egli patrono del numero sette, e con Enoch, il settimo Patriarca.
[2] Il prof. Fred J. Dick, che aveva una vasta conoscenza di astronomia, e che era uno degli allievi della stessa H.P.B., riteneva che la frase “la stella polare di allora” si riferisse al tempo del Commentario; e anche che “il momento culminante più basso” significasse il più lontano dall’attuale stella polare, quando fu costruita la Piramide. – Nota di Boris de Zirkoff.
[3] Thalia, 37.
[4] Pomponius Mela, De Situ Orbis.
[5] Citato da P. Krassa e R. Habeck nel libro La Luce dei Faraoni, p.21, ECIG.
[6] G. I. Gurdjieff, Incontri con uomini straordinari, p:147, Gli Adelphi.
[7] Gurdjieff è un maestro russo del XX secolo che ha appreso il suo sapere da confraternite orientali che vantano un antichissimo passato e che affermano di custodire un insegnamento (apparentemente) perduto per gli uomini.
[8] Si discute molto se la Piramide di Cheope possa essere stata costruita ben 12.500 anni fa, ma le confraternite esoteriche di Oriente dicono che la Grande Piramide ha 205.000 anni ed ha visto ben due grandi inondazioni o diluvi, e un piccolo diluvio. Il primo cataclisma avvenne circa 200.000 anni fa quando l’Africa e l’Europa si separarono, come è detto in modo figurato nel mito di Ercole (il Sole, la Forza Magnetica) quando egli separò l’Africa dall’Europa e a ricordo dell’evento piantò le omonime colonne; il secondo cataclisma avvenne 70.000 anni fa. Il terzo diluvio, quello minore è stato accennato da Platone.
[9] La Sfinge dalla forma leonina vuole alludere all’evento astronomico avvenuto nel segno del Leone.
[10] A. Tomas, I segreti dell’Atlantide, p.118, Oscar Mondadori.
[11] A. Tomas, I segreti dell’Atlantide, Oscar Mondadori, p.121.
[12] Platone, Timeo, 22-23.
[13] Il poeta Nonno designa Ercole come il Dio Sole adorato dagli abitanti di Tiro, i Fenici. L’Inno orfico XII designa Ercole come il Sole, valoroso Titano.
[14] Platone, Ione, dialogo di Socrate.
[15] H.P. Blavatsky, Antico Commentario alle Stanze di Dzyan, XII.
[16] I termini “Testa del Drago” e “Coda del Drago” sono stati presi come simboli astronomici dei nodi ascendenti e discendenti del percorso apparente del Sole, i punti, cioè, dove sembra che ascenda l’equatore, in primavera e ne discenda, in autunno. Allo stesso modo l’orbita della Luna interseca il moto apparente del Sole in due punti, i suoi due nodi; l’intervallo di tempo fra il passaggio attraverso uno di questi nodi ed il suo ritorno allo stesso è chiamato Mese del Drago o Draconico. Inoltre, un’eclissi di Sole o di Luna può solo avvenire quando questi due corpi si trovano vicino ad uno dei due nodi: la “Testa del Drago” o la “Coda del Drago”. Questa relazione viene espressa dal detto “il Drago causa le eclissi”: infatti molti miti in tutto il mondo rappresentano le eclissi con un drago che divora il Sole o la Luna.
[17] La tradizione orale, narra di stanze segrete, situate sotto il livello del suolo dove sono custoditi documenti ed oggetti che provano l’esistenza di un passato glorioso. In una di queste stanze dovrebbero trovare riposo le spoglie dei Re Divini.
[18] H.P. Blavatsky, Dottrina Segreta, Antropogenesi, commento alla Stanza di Dzyan XII, 49.
[19] Padre Bernardino de Sahagún, scrisse che in quella città, i Signori sepolti, una volta deceduti, anziché morire si trasformavano in Dèi. I riti che si svolgevano in Egitto a Giza, secondo quanto tramandato dai Testi delle Piramidi, trasformavano il Faraone morto in Osiride e in una stella.
IL MARE DI TRITONE
L’Europa dell’epoca quaternaria, era ancora in via di formazione ed era unita all’Africa da una sottile porzione di terra, mentre un grande mare riempiva quello che oggi è il deserto del Sahara. I geologi fanno riferimento a Strabone e a Plinio quando sostengono che la Libia un tempo era un enorme mare interno chiamato Lago Tritone, confinante ad occidente con la catena dei monti dell’Atlante ad Oriente con l’Egitto. Tritone era considerato figlio di Poseidone e di Anfitrite, entrambi Dei del mare aperto e non dei laghi paludosi. C’era una via che da Tebe portava alle Colonne d’Ercole scriveva Erodoto. A Platone i sacerdoti di Sais testimoniarono che Atlantide possedeva la Libia (Africa Settentrionale) sino ai confini dell’Egitto. Platone ci comunica il nome di Gadir, uno dei Dieci Re di Atlantide gemello di Atlante, egli aveva ricevuto in appannaggio la regione di Gadir, sulla punta dell’isola rivolta alle Colonne d’Ercole. Platone fu Iniziato da Cratilo, discepolo del filosofo Eraclito, si recò in Egitto dove fu Iniziato ai Misteri Egizi.
Tutta la regione, dove ora si trovano l’Egitto e i deserti, era un tempo coperta dal mare: lo hanno fatto sapere per primi Erodoto, Strabone, Plinio ed altri, e in secondo luogo la Geologia. L’Abissinia era un’isola.
Il Lago Tritone citato dagli storici, era a sua volta ciò che restava di un immenso golfo marino che si estendeva dal Sudan sino all’oceano Atlantico. L’esistenza di questo mare interno che altro non sarebbe che la rimanenza del ben più grande Mare del Sahara è confermata da Erodoto[1].
Quando avvenne ciò? La storia tace in proposito. Per fortuna, a ricordare il fatto, possediamo lo Zodiaco di Dendera, il planisfero disegnato sul soffitto di uno dei più antichi templi egiziani. Lo zodiaco circolare di Dendera che si trova nel tempio della dea Hathor è stato per gli egittologi realizzato in epoca tolemaica, nel primo secolo a.C. circa, e poi restaurato più volte in epoca romana. Auguste Mariette alla metà circa del XIX secolo ha scoperto che le fondazioni del tempio sono profonde ben sette metri, mentre la quasi totalità dei templi Egizi, come Luxor, Karnak ed altri è praticamente appoggiata sulla superficie del terreno appena spianata. Quelle fondazioni fanno pensare che i lavori di epoca tolemaica siano stati solo restauri di un tempio preesistente e molto più antico.
Questo Zodiaco, con le sue misteriose tre Vergini tra Leone e Bilancia, ha trovato il suo Edipo per decifrare l’enigma dei suoi segni e rendere giustizia alla veridicità di quei sacerdoti che avevano detto ad Erodoto che i loro Iniziati insegnavano:
- Che i poli della Terra e l’eclittica da princìpio avevano coinciso;
- Che da quando sono cominciate le prime registrazioni zodiacali, i poli si sono trovati tre volte nel piano dell’eclittica[2].
E in quella [posizione] che mostra i Poli [gli assi polari] ad angolo retto, ci sono segni che dimostrano che non era l’ultima volta che si sono trovati in tale posizione, ma la prima [da quando era stato tracciato lo Zodiaco]. Il Capricorno è rappresentato al Polo Nord; ed il Cancro è diviso per metà dal Polo Sud; il che conferma che all’origine era inverno quando il Sole era nel Cancro. Ma la prova chiave, che si tratta di un monumento che commemora la prima volta che il Polo è stato in quella posizione, sono il Leone e la Vergine[3].
Una volta affermano i geologi, facendo riferimento a Strabone e Plinio, il Sahara era un enorme mare interno, il Mare di Tritone, confinante ad Occidente con la catena dei Monti dell’Atlante, ad Oriente con l’Egitto e caratterizzato da alcune zone particolari come la piattaforma rocciosa di Hoggar, simili ad isole. Questo golfo costituiva l’unico sbocco per le acque del Nilo che affluivano in esso. Diodoro Siculo (Libro I, 19) scrive che sotto il regno di Osiride, dopo la fondazione di famose città da parte di questo Neter vi fu un diluvio:
Accadde allora che il Nilo, al sorgere di Sirio ruppe gli argini e inondò tutto l’Egitto, in particolare la parte di cui era governatore Prometeo (Ptah). Ben pochi abitanti riuscirono a scampare a questo diluvio …
D’altro canto, la tradizione ha sempre messo il sorgere di Sirio, la stella delle acque, in relazione con l’inizio dell’inondazione dell’Egitto e con il segno zodiacale del Leone. Plutarco scrive in De Iside:
Non dobbiamo respingere neppure quest’altra tradizione, secondo cui Tifone (Seth) un tempo era il padrone di tutto ciò che costituisce l’appannaggio di Osiride, l’Egitto, in effetti, una volta era il mare. Ecco perché nelle miniere e nelle montagne ancora oggi si trovano così tante piccole conchiglie. Tutte le sorgenti e tutti i pozzi, e ve ne sono molti, contengono un’acqua salata e amara, come un residuo corrotto del mare che scorreva un tempo in questi luoghi. Ma Horus con il tempo trionfò su Tifone … il Nilo respinse il mare …
In seguito al piccolo diluvio di dodicimila anni fa, i deserti del Sahara e del Gobi si sono formati allo stesso modo: all’inizio erano dei mari aperti, poi in seguito a convulsioni terrestri divennero laghi ed infine si disseccarono lasciando posto solo alle sabbie.
Dal racconto di Platone sappiamo che, nel 9.564 a .C. un terribile maremoto prodotto dalla sommersione di Poseidone distrusse le città costiere del Mediterraneo e il Mare Tritone e il Mare del Gobi ad oriente divennero terre emerse: l’attuale deserto del Sahara e deserto del Gobi. Diodoro Siculo scrisse che il Mare di Tritone fu svuotato di tutte le sue acque in una sola notte, in seguito ad un cataclisma che scrollò le colonne d’Ercole, distrusse l’isola che stava oltre ad esse (Poseidone) e fece innalzare il livello del mare Mediterraneo in modo impressionante.
Uno dei Libri di Ermete, descrive certe piramidi poste sulla riva del mare, “le cui onde si scagliavano con potente furia contro la base”. Questo implica che la configurazione geografica della regione è cambiata, e può indicare che dobbiamo accordare a questi antichi ”granai”[4], “osservatori magico-astrologici” e “sepolcri regali” un’origine anteriore alla formazione del Sahara e di altri deserti. Questo implicherebbe un’antichità molto maggiore alle poche migliaia di anni così generosamente accordate loro (alle piramidi) dagli egittologi[5].
Io presto fede a coloro che sostengono questo e io stesso penso che sia proprio così, avendo visto che l’Egitto si sporge nel mare più del territorio a lui vicino e che le conchiglie compaiono sui monti e che la salsedine si deposita in modo tale da corrodere anche le piramidi… e che… l’Egitto… è un terreno nero e friabile, poiché e costituito da melma e da depositi trasportati dal fiume giù dall’Etiopia.[6]
Resti di porti di discrete dimensioni rinvenuti tra le sabbie nelle vicinanze di Siwa (Libia) suggeriscono che la città era un tempo un importante centro di smistamento e di smercio sulle acque del Lago Tritone. Nei pressi di Diebel Muteh nel tempio di Aguramani si possono ammirare splendenti pitture risalenti ad una fiorente città sulle rive di un mare percorso da vele ed imbarcazioni, scene in cui compaiono bufali, mammut, foreste di felci, uccelli multicolori e animali sconosciuti. La zona del Sahara, un tempo, era una delle più popolose e fertili della preistoria ed ospitava una civiltà i cui abitanti dominarono una fascia immensa, che si estendeva dal sud dell’Europa fino al sud dell’Africa[7].
L’oasi di Siwa è la più occidentale delle cinque principali oasi riconoscibili in Egitto (gli antichi testi egizi parlavano di “Sette Oasi”). È posta in prossimità dell’attuale confine con la Libia. La sede del famoso oracolo che Alessandro volle consultare si pensa sia il tempio, di cui poco resta, nel villaggio di Aghurmi.
Ridenti città come quella sopracitata si affacciavano sul Lago Tritone, a conferma di ciò si possono citare i ritrovamenti fatti in Nigeria da Leo Frobenius (nel 1987) che consistevano in statuette raffiguranti volti di sovrani e principesse di stile e fattezze diverse dalla cultura africana da noi conosciuta. Inoltre egli trovò troni scolpiti in quarzo, pietra lavorabile solo con l’acciaio, né col bronzo né col ferro. Lo studioso si convinse che nella cultura nigeriana c’era il retaggio di Atlantide, egli scoprì nel Dahomey delle statuette di terracotta che farebbero pensare ad un approdo nel XII sec. a.C. di navi etrusche.
Originariamente il Nilo scorreva verso Nord-Ovest nel Mare del Sahara e quando la geografia cambiò, una parte del mare divenne il Lago di Tritone e il Nilo cambiò rotta e raggiunse il Mediterraneo.
Erodoto ci dice che il Basso Egitto era all’inizio nient’altro che un Golfo di mare che penetrava fino a Menfi, attualmente 600 km dalla costa. Erodoto aggiunse che fu Menes ad erigere i bastioni di Menfi per proteggerla dalle inondazioni del Nilo che nei tempi antichi seguiva un itinerario diverso, cioè verso la Libia. Erodoto ci fornisce ulteriori informazioni:
“… dicevano (gli Egizi) che il primo fra gli uomini, Min[8] fu re d’Egitto. Durante tutto il suo regno tutto l’Egitto tranne il distretto di Tebe era una palude, e in essa nulla emergeva di quei territori che ora sono al nord del lago di Meri, fino al quale risalendo il fiume dal mare c’è un viaggio di sette giorni.[9] ... i sacerdoti mi hanno narrato, Min il primo re d’Egitto, protesse con argini Menfi; infatti il fiume scorreva interamente lungo la montagna sabbiosa posta dalla parte della Libia… Dunque per opera di Min[10]… sarebbe divenuto terra ferma lo spazio precluso al fiume…[11]”
La deviazione del Nilo voluta da Min o Menes, fu un’impresa veramente colossale, gli architetti del Faraone realizzarono un’ansa artificiale a quaranta chilometri a sud di Menfi e prosciugarono l’antico letto fluviale, quindi incanalarono il corso del fiume in un percorso che tagliava le montagne. Per fare un’opera del genere occorrevano conoscenze superiori di geologia, idraulica, ingegneria ed architettura!
Per quanto lontano possiamo gettare lo sguardo nella storia, fino al regno di Menes, il più antico dei re di cui si abbia notizia, troviamo che gli Egiziani ne sapevano molto più di noi in fatto di idrostatica e di idraulica. L’opera gigantesca di deviare il corso del Nilo, o piuttosto dei suoi tre principali rami, per portarlo a Menfi, fu compiuta durante il regno di questo monarca che ci appare lontano nell’abisso del tempo come una lontana stella nella volta celeste.
Dal tempo del Faraone Menes, il lago di Moeris era un pantano, quando avvenne l’invasione persiana esso era considerato la zona più rigogliosa e florida della terra. Fra i due momenti trascorsero circa undicimila o dodicimila anni, così scrive Erodoto. Accentando queste affermazioni Menes visse prima del piccolo diluvio che avvenne circa dodicimila anni fa.
Nei tempi antichi lo sbocco principale del fiume veniva chiamato Pelusium e il canale fatto tagliare dal Faraone Necho, collegava questa regione a quella di Suez. Erodoto sostiene che Necho contribuì ad aprire la via del canale verso il Mar Rosso, impresa che fu portata a termine dal re persiano Dario.
Uno dei primissimi Faraoni, Moeris, fu il costruttore di un lago artificiale che prese il suo nome, nel quale venivano convogliate tutte le acque superflue del Nilo e dei suoi affluenti. Era profondo 90 metri e misurava 720 km di circonferenza. Era alimentato dal Nilo per mezzo di canali artificiali, ed era stato costruito con lo scopo di accogliere una parte dell’inondazione annuale per irrigare il paese per una estensione di molti chilometri. I suoi numerosi sbarramenti, le sue chiuse, i suoi meccanismi perfettamente adatti erano costruiti con la massima abilità.
Erodoto descrisse il lago e anche due piramidi che si elevavano per 90 metri dalla superficie del lago. Le piramidi erano alte almeno 180 metri ! Queste fantastiche costruzioni furono probabilmente erette prima che il lago venisse colmato. Come e quando e perché furono distrutte è un mistero. Da questo bacino partiva un canale sotterraneo ad Occidente verso le colline di Melfi, in direzione della Siria e della Libia.
LA SFINGE DI GIZA
Anche la Sfinge, il Padre del Terrore, il custode del Luogo del Principio di ogni Tempo, è di origine prediluviana, anche se è attribuita dagli egittologi a Chephren[12]. Plinio[13] scrive la Sfinge di Giza pareva dipinta di rosso (il colore degli atlantidei, secondo la tradizione), e che sul capo della stessa era sistemato un grande piatto d’oro che rifletteva i raggi del sole e in quel preciso istante i sacerdoti si inginocchiavano ai suoi piedi per pregare. Poiché la Sfinge è perfettamente orientata verso est, si trova di fronte al sorgere del sole nei due giorni equinoziali dell’anno, la cerimonia descritta da Plinio doveva avvenire in forma solenne nei giorni equinoziali.
I documenti che ci sono pervenuti dall'antico Egitto, risalenti all'epoca che va dal Nuovo Regno all’epoca romana, parlano della Sfinge come di un monumento più antico delle piramidi. La “Stele dell'Inventario” risalente al 6° o 7° secolo a.C., afferma che al Sfinge esisteva già ai tempi di Cheope, e che il Faraone restaurò solo il colosso colpito da un fulmine. Secondo ciò che è scritto sulla stele, la stessa è la copia di un testo più antico. La stele posta tra le zampe della Sfinge contiene un geroglifico con la prima sillaba del nome Chefren (Khaf). La sillaba Khaf veniva usata in molte altre parole, oltre che nel nome Chefren. Inoltre i nomi dei Faraoni venivano rinchiusi in un cartiglio, cosa che in questa parola non avviene.
Un tempo la Sfinge era chiamata “La Grande Sfinge Harmakhis che monta di guardia sin dai tempi dei Seguaci di Horus”. Giamblico di Calcide (245 d.C. – 325 d.C.), vissuto durante l’epoca romana, ci ha lasciato la sua testimonianza, e spiega come esista anche un passaggio che parte dalla Sfinge e la collega alla Grande Piramide di Giza:
Questo ingresso è ai giorni nostri ostruito dalla sabbia e dall’immondizia, ma può essere ancora localizzato, e si trova tra le zampe anteriori del colosso (la Sfinge). Tale passaggio un tempo era protetto da un cancello di bronzo che poteva essere aperto solamente dai Magi. Tutti provavano un profondo rispetto per questo posto e tale reverenza bastava già da sola a proteggerlo da occhi indiscreti. Nel ventre della Sfinge sono state scavate delle gallerie che conducono fino ai sotterranei della Grande Piramide di Giza. Queste gallerie erano talmente intricate che avventurarvisi senza l’aiuto di una guida garantiva che alla fine si tornasse sempre al punto di partenza.
Lo scrittore arabo Altelemsani, i cui scritti sono custoditi presso il British Museum, documentò l’esistenza di una grandissima camera di forma quadrata sotterranea che si trova tra la Grande Piramide di Giza e il Nilo. Altelemsani scrisse che qualcosa di gigantesco ne impediva l’accesso:
Ai tempi di Ahmad ibn Tulun (militare turco che prese il potere in Egitto all’incirca verso l’870 d.C.), un gruppo di persone entrò nel tunnel (dalla Sfinge) che conduce fino alla Grande Piramide e in una camera trovò un calice di vetro di un colore e di una consistenza particolare. Mentre si preparavano ad uscire si accorsero di aver perso uno dei loro compagni e quando andarono a cercarlo questi venne loro incontro completamente nudo e ridendo, e disse loro: “Non venite a cercarmi e non seguitemi,” e quindi tornò di corsa nel passaggio che conduceva alla Grande Piramide. I suoi compagni capirono che doveva essere stato stregato. Avendo saputo di questa strana avventura Ahmad Ibn Tulun espresse il desiderio di vedere il calice di vetro. Così il calice venne ispezionato con cura e si scoprì che quando era vuoto o pieno di acqua aveva lo stesso peso.
Nel 1935, a conclusione di un decennio di ricerche, venne pubblicato un articolo da parte di Hamilton M. Wright, nel quale vengono descritti i tunnel che si trovano sotto la Piana di Giza:
Abbiamo scoperto un passaggio sotterraneo utilizzato dagli antichi egizi 5000 anni fa. Questo parte dalla strada rialzata che collega la Grande Piramide alla Sfinge. Tale passaggio permette di spostarsi dalla Piramide di Cheope alla Piramide di Chefren passando sotto la strada rialzata. A partire da questo passaggio abbiamo anche scoperto l’esistenza di una serie di cavità che a sua volta conducono a grandissime stanze, che si trovano a più di 38 metri sotto la superficie.
[1] Erodoto, IV, 175 -180.
[2] H.P. Blavatsky, D.S. Antropogenesi, I nostri Istruttori Divini.
[3] Makey The Mythological Astronomy of The Ancients Demonstrated (p.3), un simbologista ed astronomo, vissuto nel primo quarto del XIX secolo.
[4] L’autrice del brano, ironizza sulle ipotesi che al suo tempo nel secolo diciannovesimo, facevano delle piramidi dei granai e delle tombe di re.
[5] H.P.B., Iside Svelata, I, p. 520.
[6] Erodoto, Storie, II, 12.
[7] W. R. Drake, I Titani nell’antichità, p.163, Armenia Editore.
[8] Min corrisponde a Menes, a Manas che in Indù significa mente, uomo, men in inglese.
[9] Erodoto, Storie, II, 4.
[10] Min il primo uomo dopo la serie di re divini corrisponde a Menes ricordato da Manetone.
[11] Erodoto, Storie, II, 99.
[12] In realtà Chephren avrebbe solo restaurato la Sfinge come aveva già dichiarato l’egittologo Maspero. L’archeologo ed egittologo ortodosso Selim Hassan nel suo libro Gli Scavi di Giza afferma che il cartiglio sul fianco della Sfinge rivendica il diritto di proprietà e non di costruzione.
[13] Plinio, Historia Naturalis, Libro XXXVI-XVIII.