San Michele Maggiore Pavia
Sacri Luoghi di energia
<> PROLOGO <> FACCIATA OVEST PRINCIPALE <> PORTALE OVEST CENTRALE <> PORTALE OVEST DESTRO <> PORTALE OVEST SINISTRO <> PORTALE NORD <> PORTALE SUD <> MOTIVI DI GENERAZIONE FISICA O SESSUALE <> CAPITELLI MISTERICI NELLA NAVATA <> IL LABIRINTO <> INTERPRETAZIONE MISTERICA DEL MOSAICO <> INCORONAZIONE DEI RE <>
La Basilica di San Michele Maggiore a Pavia è parte importante ed integrante del Cammino italiano di San Michele, e con monastero benedettino la Chiusa di san Michele, noto come la sacra di San Michele presso Susa, e Monte Sant’Angelo sul Gargano in Puglia rappresentano tre luoghi sacri ad alta energia.
L’Italia del Nord e l’Italia centrale erano attraversate dai cammini di San Michele o Via Micaelica, meta antichissima di pellegrinaggi da tutta l’Europa cristiana longobarda e germanica, come la Francia lo era da quelli di San Giacomo verso Compostela. Il Cammino dell’Angelo, com’è stato chiamato, o Via Micaelica, aveva molte località in comune con gli altri percorsi di pellegrinaggio, esso ne ricalcava in parte il tracciato, talvolta sovrapponendosi e talvolta deviando da essi. Pavia era una delle tappe importanti, sia sulla Via Micaelica, sia sulla via Francigena, il cammino di pellegrinaggio dall’Europa per Roma.
PROLOGO
La Via Micaelica europea è stata suddivisa in tre parti. La prima parte del Cammino è da Mont Saint-Michel alla Sacra di San Michele in Val di Susa. La seconda parte dalla Sacra di San Michele verso Roma, passando da Pavia l’antica capitale longobarda, Lucca e Siena, fino ad arrivare a Castel Sant’Angelo in Roma. La terza parte da Roma per terminare a Monte Sant’Angelo in Puglia.
Occorre precisare che la Strada Micaelica percorsa dai pellegrini non era una sola ma era un reticolo: una dalle Alpi, la Via Sacra Langobardorum che passando per la Chiusa di San Michele arrivava a Pavia, poi valicava l’Appennino per raggiungere Roma e poi tramite le vie della transumanza abruzzese oppure sulle vie romane da Benevento arrivavano a Monte Sant’Angelo. Un’altra era quella che da Pavia lungo l’adriatica faceva raggiungere il Gargano anche ai pellegrini che provenivano dai pesi germanici e slavi; una terza era quella marittima che dalle coste del nord-adriatico sbarcavano a Vieste e poi proseguivano a piedi verso Monte Sant’Angelo; l’altra era quella che i pellegrini dai vari centri dell’Italia meridionale e della Sicilia raggiungevano il Monte Sant’Angelo.
La Basilica di San Michele Maggiore è il più interessante monumento della Pavia medievale. La chiesa di San Michele appare come un unicum, un edificio sacro d’importanza molto rilevante, sia perché da molti secoli era riconosciuto come luogo di culto dell’Arcangelo Michele, poi perché era il luogo d’incoronazione e consacrazione dei re italici, infine per la straordinaria ricchezza di rilievi misterici scolpite nelle facciate e all’interno del sacro edificio e per la presenza di un labirinto pavimentale.
Lungo la Via Micaelica vi sono in Italia due labirinti che si riferiscono a Teseo, uno nella Basilica di san Michele a Pavia, l’altro nel duomo di Lucca, e poco distante si trova la chiesa di San Michele in Foro. Sulla Via Francigena, si contano ben cinque labirinti di origine medievale. Oltre ai due citati abbiamo il labirinto di San Savino di Piacenza, pavimentale, a mosaico, l’iscrizione recita “Hunc mundum typice laberinthus denotat iste irremeabilis error”. Il labirinto di San Caprasio di Aulla puramente decorativo, negli stucchi del sacello del santo, fu distrutto durante la seconda guerra mondiale. Il labirinto di Pontremoli, anch’esso verticale, circolare.
Sui labirinti delle cattedrali di Auxerre e di Sens (distrutti), secondo un uso liturgico documentato, nel periodo pasquale si celebravano danze e rappresentazioni con un preciso rituale che ricordava la resurrezione e la vittoria di Cristo sul male. In Italia come in Francia molti labirinti sono stati intenzionalmente distrutti.
La Basilica si San Michele a Pavia è antichissima, menzionata già in documenti del 642 d.C., nel X secolo l’edificio compare nei documenti con il titolo di San Michele “Maggiore” ed è indicato come chiesa palatina, cioè legata al palazzo dei re. La prima costruzione del San Michele probabilmente risale all’epoca dei Longobardi, che elessero il Santo loro patrono e ne diffusero il culto. Allora Pavia contava numerose chiese dedicate a San Michele. A Pavia fu coniata la prima moneta longobarda. Essa raffigurava proprio San Michele. A Pavia il re Rotari promulgò alla mezzanotte tra il 22 e il 23 novembre 643 il famoso Editto, che raccoglie in modo organico le antiche leggi del popolo longobardo. Il primo documento che cita il Maestro Costruttore o Magister Commacinus è l’Editto di Rotari del 22 novembre 643. L’attuale aspetto della Basilica architettura del XII secolo è opera dei Maestri Comacini (detti anche Lombardi). Si possono ammirare parecchie lavorazioni d’impronta longobarda: gli intrecci e gli annodamenti sui capitelli, sulle colonne, otre ai motivi classificati come fitomorfi e zoomorfi. A Pavia vi è la via Maestri Comacini, che furono tra i primi maestri del romanico lombardo.
I Maestri Comacini[1] presenti nella zona di Como e nella Valtellina operarono sotto la protezione dei Re Longobardi[2] e divennero i custodi dell’arte edilizia romana. I Maestri Comacini sono citati in un testo scritto per la prima volta nel I secolo, una lettera di Plinio Cecilio detto Plinio il Giovane[3] indirizzata all’imperatore Romano Traiano (53 - 117), in cui è lodato un maestro per la costruzione di una “Amenissima villa suburbana sul Lago di Como”. Si può dunque supporre che vi sia stata una lunga catena iniziatica dai tempi dell’antica Roma che ha trasmesso i Saperi detenuti nell’ambito dei Collegia Romani (a loro volta provenienti dalle epoche precedenti), propagava nella “schola” e nel “Laborerium” in cui l’arte antica s’insegnava a porte chiuse. L’uso dei Collegia si estese a molti territori conquistati da Roma, tra cui c’è la zona di origine dei Maestri Comacini, che furono i depositari di quell’antica Arte, uniti da quel senso di solidarietà e fraternità che li farà giustamente appellare Maestri e Fratelli Comacini. Nella Valtellina vi era una nutrita comunità etrusca.
Dopo la caduta del regno longobardo, essa divenne cappella palatina. Nell'839 vi è battezzata Rotruda, figlia di Lotario I e di Ermengarda. Poi vi furono incoronati re d’Italia Ugo di Provenza (926), Berengario II e il figlio Adalberto (950), Arduino d’Ivrea (1002), Enrico II il Santo (1004). Nel 924 l’edificio fu danneggiato e incendiato dagli Ungari; nel 1004, dopo un altro incendio, fu parzialmente ricostruito in stile romanico. Con l’incoronazione del Barbarossa (1155), si chiude il periodo storico più glorioso della basilica. La Basilica fu progettata con conoscenza astronomica, per accogliere con effetti di luce solare, il complesso rituale delle incoronazioni.
Si chiede Alberto Arecchi, in “Pavia San Michele”, chi, quando e con quali mezzi, avrebbe potuto pensare a finanziare e realizzare un tal edificio esclusivo, che non aveva pari in tutta la Cristianità d’Occidente – o almeno nel territorio del Regno Italico – e che richiedeva certamente la mobilitazione d’ingenti risorse e capacità intellettuali, artistiche materiali e finanziarie? La risposta a tale domanda ci conduce con successive approssimazioni al periodo del Regno Italico (887-1024 d.C.), al regno italiano degli imperatori sassoni, che costituì il periodo di massima fioritura dello stesso regno, e in particolare agli anni del regno di Ottone I (951-973) sotto la supervisione della moglie Adelaide di Borgogna (931-999), che fu grande amica e sponsor dell’Ordine benedettino di Cluny. Anche la sacra di san Michele tramite papa Silvestro II era in relazione con la dinastia degli imperatori Ottoni. Il periodo d’oro per la costruzione del nostro San Michele, come sede d’incoronazione dei re, è così identificabile negli anni compresi tra l’incoronazione imperiale in Roma e la morte di Ottone I (962-973). Il figlio, Ottone II, avrebbe preferito stabilire a Roma la sede del proprio regno (973-983). Sarebbe stato infine il nipote Ottone III a far fiorire Pavia come capitale del Regno Italico (984-1002).
[1] L’opera dei Comacini proseguì nel periodo con la stretta collaborazione dei Cistercensi e dei Templari. I Cistercensi con i Benedettini erano i conoscitori di tutto lo scibile di allora disponibile attraverso i manoscritti arabi, greci, latini che si riversava nei monasteri benedettini.
[2] Helena Roerich scrive che un frammento del magnete meteorico proveniente dalla costellazione di Orione, noto in Oriente col nome di Chintamani, era inglobato nella corona di ferro dei Re Longobardi, un altro frammento era incastonato nell’anello di Re Salomone. Questo frammento non c’è più, infatti, due delle piastre originali furono rimosse probabilmente rubate in Francia, nel 1200-1300. La corona in origine era, infatti, costituita da 8 piastre, incernierate tra loro, invece delle 6 dell'attuale che, infatti, risulta avere un diametro troppo piccolo per essere una corona.
[3] Como, 61 - Nicomedia, 113.
FACCIATA OVEST PRINCIPALE
La Basilica è in pietra arenaria ma ciò che i secoli non hanno fatto, l’ha compiuto l’uomo, con l’inquinamento sempre più massiccio, che sta corrodendo irreparabilmente i fregi esterni che, in vari punti, sono quasi illeggibili. Negli anni ’60 si è cercato di mettere in sicurezza la facciata in arenaria. Le pareti esterne di San Michele sono state cosparse di una colla che doveva limitarne la disgregazione, migliorandone le caratteristiche di coesione e di adesione dei componenti. Purtroppo non si è tenuto conto del clima rigido di Pavia e le gelate hanno peggiorato la situazione.
La facciata principale è delimitata da una loggia su colonnine che segue gli spioventi del tetto. Le piccole volte sono supportate da mensole la cui testata è decorata da sculture. Lo stile ricorda un’influenza cistercense. La sezione centrale è composta di nove nicchie, le laterali sono realizzate ciascuna con sei nicchie. In totale 6+6+9=21 nicchie. Il numero ventuno è il settimo numero triangolare 7D.
Figura 1. Basilica di San Michele Maggiore – parte superiore facciata principale
La sezione centrale della facciata principale è aperta da tre livelli di aperture tre bifore, tre monofore due oculi con una croce a bracci uguali nel centro, nove simboli in tutto, partendo dal basso la dualità, l’unità e il divino al livello superiore. Nove è il numero perfetto, quello dell’iniziazione.
Figura 2. San Michele calpesta il drago
La croce a bracci uguali era stata sostituita da una grande apertura circolare, che il restauro della chiesa ha fatto scomparire per ricondurre alla disposizione primitiva.
I portali sono sei: tre sulla facciata ovest, uno (cieco) su quella sud, altri due su quella nord. Nelle lunette di tutti e sei i portali, gli Angeli in piedi, in tunica e pallio, imponenti, ad ali simmetricamente spiegate e grandi come loro, reggono il globo e il fior di loto o giglio.
Il portale ovest centrale è più grande dei due laterali. Sopra l’archivolto centrale in posizione baricentrica, è murato un rilievo in pietra raffigurante San Michele e recante nella sinistra il globo, nella destra il giglio a cinque petali, nell’atto di calpestare un Drago che tenta morderne il lembo della clamide.
Figura 3. Schema di elevazione con triangoli equilateri della Basilica di san Michele maggiore
L’alzata della navata centrale è realizzata con due moduli quadrati la cui larghezza è definita dagli interassi delle colonne centrali e dal portale principale. Si pone l’attenzione sulla dualità. La facciata è più alta rispetto al tetto della basilica, ed determinata da un triangolo equilatero che ha come base la larghezza della facciata e come altezza il vertice superiore dello spiovente del tetto. Un secondo triangolo equilatero individua i due estremi dei due portali laterali e ingloba la croce tra i due oculi, due lati del triangolo attraversano i due angeli posti nelle lunette dei due portali. Il terzo triangolo ha come base il moduli di elevazione e come vertice giunge tra le mani di San Michele che calpesta il Drago.
San Michele Arcangelo è posto in modo baricentrico rispetto al triangolo equilatero che comprende tutta la facciata. Il baricentro di un triangolo è a 1/3 della sua altezza, nella basilica cade sui piedi di San Michele che sovrasta il Drago. L’atto corrisponde ad infilare la lancia nel Drago. Mircea Eliade descrive il modo di procedere dei costruttori di edifici sacri in India: “Prima che i muratori depongono la prima pietra, l’astronomo mostra loro il punto, dove deve essere collocata e questo punto deve trovarsi sopra il Serpente che sostiene il Mondo, il capo muratore affila un picchetto e lo introduce nel suolo esattamente nel punto indicato, con lo scopo di immobilizzare la testa del Serpente o Drago. Nell’iconografia cristiana medioevale quest’atto è quello della testa del Drago trafitta dalla lancia di San Michele. Il Drago rappresenta le forze della natura che sono ordinate e incanalate dalla lancia dell’Angelo. Le forze del macrocosmo sono simbolizzate dalle sei direzioni dello spazio (tre positive e tre negative), il cui simbolo è il doppio triangolo o, la stella a sei punte, sei raggi partono dal baricentro della figura, quattro raggi determinano la larghezza di base e l’altezza della basilica. Altri due raggi determinano il punto di partenza delle sei nicchie laterali.
Figura 4. Basilica di san Michele maggiore - Schema baricentrico basato sul triangolo equilatero
Il Neopitagorico Proclo, scriveva che i Pitagorici dicevano che il Triangolo è il principio della generazione. I Pitagorici chiamano il Triangolo Equilatero Atena Corufagena (nata dal vertice) e Tritogenia (nata dalla Triade), perché è suddiviso esattamente in parti uguali dalle tre perpendicolari condotte da ciascuno dei tre angoli[1]. Atena la Sapienza nasce dal vertice l’angolo di 60°, si ritrova il numero “6” di triangoli retti contenuti nel Triangolo Equiangolo. Occorre osservare che Platone, preso a modello dai Cistercensi e dalla Scuola di Chartres, non realizza il Triangolo Equilatero nel modo più semplice mediante Due soli dei Triangoli Rettangoli, ma ripete per 3 volte il procedimento. La bellezza di questo Triangolo scaleno discende soprattutto dal fatto che, se ripetuto Sei volte, realizza un Triangolo Equilatero, il Settimo triangolo.
Le sculture simboliche dei portali sono state in gran parte rifatte nell’800 a causa del processo di degrado della pietra arenaria nella quale sono scolpite. I bassorilievi ci offrono così grandi varietà di uomini e di cose: scene di caccia come quella al cervo, scene di mestieri come quella del fabbro, di pesca, di vita domestica, di uomini alle prese con figure di draghi, di ippogrifi, di cavalli, di sirene, di aquile, di sfingi, di leoni, di pavoni o di gru, di diavoli cornuti ghignanti. Secondo l’interpretazione profana, simboleggiano i pericoli del peccato. Non mancano soggetti biblici, come quello a sinistra del portale di destra di Adamo ed Eva col serpente tentatore e l’angelo con la spada in mano nell’atto di cacciarli, tema ripreso in uno dei capitelli dell’interno. Altri temi biblici riguardano re musico Davide, il padre di Salomone, e di Sansone. All’interno è rappresentato anche il sacrificio di Abele ucciso da Caino. Non è una casualità che anche nel Portale dello Zodiaco della Sacra di San Michele vi siano i temi di Caino ed Abele e di Sansone, il sommo Nazar.
[1] Plutarco Iside e Osiride, F, 381.
PORTALE OVEST CENTRALE
Ricordiamo che nel simbolismo mistico ed esoterico la sinistra e il basso rappresentano l’aspetto materiale, mentre la destra e l’alto rappresentano l’aspetto spirituale. I capitelli lato sinistro del portale centrale dall’interno all’esterno mostrano un vescovo, su serpenti magnificamente intrecciati, un grifone, un babbuino, un leone d ritto in piedi di fronte a una donna che poggia i piedi su una testa. Il motivo ripetuto dei due serpenti o draghi intrecciati indica la presenza molto forte di correnti telluriche.
Titus Burckhardt ravvisa l’immagine del caduceo di Mercurio nei due serpenti-draghi intrecciati che ricorrono in diverse parti della decorazione scolpita. Questo stesso motivo si ripresenta nel simbolismo del nodo, e nelle colonne annodate, tipiche dell’espressione artistica dei Comacini, in cui i due elementi si stringono l’un l’altro quanto più si cerca di dividerli: una delle immagini più adeguate, del resto, per esprimere la reciproca neutralizzazione dei poteri nello stato di caos.
FIGURA 1. BASILICA DI SAN MICHELE CAPITELLI DI SINISTRA PORTALE CENTRALE
Il grifone ha l’estremità della coda che si apre a fiore, con tre petali, il numero perfetto e spirituale. Anche nell’architrave della Chiesa di San Michele in Foro a Lucca alle due estremità dell’architrave del portale principale, vediamo una coppia di grifoni orientati in senso opposto, le cui code terminano con il fiore a tre punte o petali. Nel grifone, i Maestri Comacini vedevano la doppia natura umana e divina, si associavano l’aquila al cielo e il leone alla terra, proprio come la possedeva Cristo. Originariamente il grifone era sacro al dio Apollo e alla dea Atena, infatti, le sue caratteristiche sono la forza, la vigilanza e la saggezza.
Segue un babbuino con aspetto minaccioso, in Egitto l’animale era sacro a Thoth (alias San Michele), nelle rappresentazioni del Libro dei Morti, il sacro babbuino con una canna registra i risultati della pesatura del cuore del Defunto nel Libro della Vita. Misteriosa l’ultima rappresentazione, una donna che poggia il piede sinistro su una testa in meditazione. Di fronte a sinistra un leone in piedi che poggia le zampe sul suo petto. A destra la donna, che come Beatrice di Dante rappresenta l’anima, a sinistra il leone, la personalità unita all’anima, la dualità dell’incarnazione. La testa umana in atteggiamento meditativo è sotto la donna o anima e non sotto il leone, dove sarebbe diventata aggressiva.
FIGURA 2. BASILICA DI SAN MICHELE CAPITELLI DI DESTRA PORTALE CENTRALE
I capitelli lato destro del portale centrale dall’interno all’esterno mostrano l’Angelo San Michele senza il drago, un’aquila, due coppie di animali con una testa in comune, due babbuini. L’aquila oltre ad essere il simbolo del potere imperiale, è il simbolo dello spirito, non a caso è posta sul lato destro e accanto all’Arcangelo. Sotto i suoi piedi, una coppia di leoni, che si fronteggiano e che l’aquila li tiene fermi tra i suoi artigli. Il capitello successivo mostra due draghi diventati uno, per via della testa in comune, e sotto ad essi troviamo due grifoni anch’essi diventati uno. Le forze e le energie sono perfettamente equilibrate, utilizzando la figura del caduceo, i due serpenti trovano equilibrio nell’asta centrale e nel pomo al suo vertice. In alto sul cappello del capitello due innocenti figure umane testa contro testa che sembrano dormire, ma non è così, la figura di sinistra stringe un ramo che assomiglia a una coda. Anche la figura di destra si tiene a un ramo.
Sul capitello esterno, due sacri babbuini. Scrive Alberto Arecchi che le prerogative attribuite nel simbolismo medievale a San Michele, Principe degli Arcangeli, ne facevano il naturale successore, del dio egizio Thoth, custode della regalità e psicopompo, il trasbordatore delle anime che nello spirito guerriero longobardo erano le anime dei guerrieri e dei potenti. In veste d’avvocato, o difensore dei morti, partecipava alla pesatura dell’anima, il giudizio cui era sottoposto il Defunto. Gli animali associati al Dio erano il babbuino e l’ibis, il primo si siede, all’alba, a guardare il sole che sorge, e il secondo perché al tramonto vola verso l’occidente. Quindi i due animali erano ritenuti “compagni” del passaggio del Sole e della Luna tra i due mondi dei viventi e dell’Aldilà. I Babbuini sono posti a guardia della porta principale della Basilica di San Michele a Pavia. I capitelli di San Michele, espressamente edificata per ospitare le incoronazioni regali, mostravano diverse figure scimmiesche in posizioni dominanti. Non a caso, proprio ai lati del portale principale della chiesa sono raffigurati tre babbuini (uno a sinistra e due a destra), nella funzione di “guardiani della porta”. Non a caso il pilastro mediano della navata principale, sulla destra, è circondato, quasi “avvolto” da babbuini, in tutti gli angoli dei suoi capitelli(1).
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1) San Michele e il Sacro Babbuino di Alberto Arecch
PORTALE OVEST DESTRO
Il portale destro ha la stessa struttura e schema decorativo di quello centrale ed è po’ più largo del sinistro. Tutti gli sguardi umano sono meditativi, il lato destro è rivolto allo spirito, il lato sinistro alla forma e all’incarnazione nella materia. Sul lato destro, il capitello interno mostra un uomo con barba, forse un longobardo, circondato da bambini uno dei quali gli sta accarezzando i capelli e i baffi, mentre il secondo sembra volergli estrarre il pugnale dal fodero. Forse un invito a deporre le armi, barba e baffi erano sinonimi di forza. Gli islamici portano la barba lunga per assomigliare quanto più possibile al profeta Maometto, mentre per gli ebrei tagliare la barba era considerato addirittura sacrilegio. In Italia Nell'epoca medievale la barba folta era appannaggio di saggi ed anziani. Il capitello successivo, il secondo, mostra un uomo ed una donna che colgono dei grappoli da una pianta di vite. La vite era considerata anche l’Albero della Conoscenza per cui la Mishnah, afferma che essa era quello della conoscenza del bene e del male. Nella Genesi è narrato il sogno di Giuseppe in terra di Egitto: “… ecco mi stava davanti una vite, e in quella vite vi erano tre tralci, e non appena essa cominciò a germogliare, subito apparvero i fiori, e i suoi grappoli portarono a maturazione gli acini”. Un frutto formato da tanti acini-grani come il grappolo d’uva, la pigna, la melagrana, è sempre in relazione con l’elemento femminile generativo. Nel terzo capitello un uomo abbraccia due esseri ibridi, che per l’interpretazione superficiale e profana, sta a significare la sua accettazione del peccato. Questo e il lato destro del portale destro, ed è in relazione con lo spirito. La figura di sinistra è un ibrido animale coda di drago testa equina, la figura di destra è in ibrido umano e animale, testa e busto di donna corpo posteriore equino. La figura centrale è perfettamente umana. Il passato, la figura di sinistra, era dominato dalla bestialità, il presente, la figura posta a destra, indica che lo spirituale predomina nella parte superiore, l’inferiore è ancora sotto il dominio dell’animalità, desideri sessuali e istinti animali. Il centro rappresenta la meta che abbraccia sia il passato evolutivo e sia il presente.
FIGURA 1. BASILICA DI SAN MICHELE CAPITELLI DI DESTRA PORTALE DESTRO
Il capitello esterno mostra un grifone simbolo di natura umana e divina, sembra proteggere un animale più piccolo mentre un uomo tiene la sua mano sulla sua bocca, un grande viso meditativo sovrasta il corpo del grifone. A lato una figura femminile (l’anima spirituale) tiene la mano sinistra sul muso del grifone, quasi ad impedirne l’apertura della bocca, e la mano destra come protezione sul capo dell’animale cucciolo. Sul lato sinistro, il capitello interno mostra un angelo, seguono 16 visi disposti su quattro file, chiomati - femminili - e chiomati e baffuti – maschili, due dei quali recano, l'uno una corona piatta, ad anello, decorata di crocette greche, l’altro una mitra bassa «francese»; ed è, questa, l’unica mitra che si trovi su teste di vescovi in tutta la facciata. Tra i Longobardi i capelli e la barba erano tenuti lunghi quali simbolo di forza e di uomini liberi, gli schiavi avevano la testa rasata. Sansone il sommo Nazar, perse la forza quando Dalila gli tagliò i capelli.
I Pitagorici affermavano che 16 è l’unico quadrato ad avere uguali perimetro e area, la superficie rappresenta i diritti, e il perimetro, i meriti. Il Quattro è un numero spirituale perché generato dall’Uno per crescita fino al numero stesso, per poi decrescere fino all’Uno, con 7 numeri: 1 + 2 + 3 + 4 + 3 + 2 + 1 = 16. Può essere visualizzato come somma del 3° e 4° numero triangolare: 16=6+10= 3D+4D, , si crea una losanga, il rombo perfetto (unione di due triangoli), che nasce sulla Vesica Piscis. Il pitmene del numero 16 è 1+6=7, che compare nella somma dei numeri triangolari 3D+4D, e nei 7 numeri della serie crescente e decrescente. Sette è il numero del mistero.
FIGURA 2. IL NUMERO 16 - LA VESICA PISCIS
Il terzo capitello riporta una sirena caudata con due ampie code squamose, simbolo della forza duplice, che le rende simili all’ultima lettera dell’alfabeto greco “ω” omega, che può rappresentare la fine di tutte le cose: il principio e la fine riassunti nello stesso segno. Il motivo della sirena caudata femminile e maschile rappresentati in coppie si ritrova anche nella Sacra di San Michele. All’interno della basilica su un capitello ci appare non una sirena, un sireno, una figura maschile a due code, metà umana e metà pesce; in realtà, l’essere ha la barba ma ha anche i seni, pertanto è un’ermafrodita. Anche nella chiesa di san Michele in Foro a Lucca è riportato il motivo della sirena. La sirena indica anche la presenza di acque sotterranee, l’informazione è che all’interno dell’edificio sacro, l’energia di Madre Terra è grande. Esse sono anche simbolo di fertilità e di eterna generazione. La Sirena non è nuda, ha un perizoma a forma di foglia.
FIGURA 3. BASILICA DI SAN MICHELE CAPITELLI DI SINISTRA PORTALE DESTRO
Sul capitello esterno un’aquila che come per il portale principale artiglia e blocca una coppia di bestie feroci, il motivo dell’aquila, il potere dello spirito, è anche presente nel Portale dello Zodiaco della Sacra di San Michele in Val di Susa.
Il motivo della sirena con doppia coda o bifida è ripreso più volte sia all’esterno sia all’interno. A volte le code terminano con un motivo a foglia a nove punte altre volete con un motivo a tridente. Su un capitello all’interno della basilica, la sirena è raffigurata come a San Michele in Foro(1) a Lucca, con le code a forma di tridente che può anche essere interpretato come un giglio a tre punte. In totale sei punte, che indicano la presenza, una forza duplice 2x3, il doppio triangolo intrecciato simbolo delle forze della Natura.
FIGURA 4. BASILICA DI SAN MICHELE - SIRENE BIFIDE
Un’altra figura, molto misteriosa, s’intravvede ancora in una cordonatura del portale destro della navata principale. È un uomo nudo, fiancheggiato da due draghi, che sono raffigurati con lunghe ali chine verso il suolo. I due draghi introducono le loro lingue nelle orecchie dell’uomo, oppure sussurrano parole arcane. Questa figura anomala si trova proprio del “Portale del Passaggio”, accanto al quale abitualmente veniva raffigurato San Cristoforo, e questa è un’immagine di “passaggio o iniziazione”, ricordiamo sempre che la parte destra è spirituale, con i due draghi che ricoprono il ruolo di Anubi e Thoth dell’antico Egitto.
FIGURA 10. SAN MICHELE MAGGIORE – UOMO NUDO TRA DUE DRAGHI
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1) Vincenzo Pisciuneri - Lucca Templare.
PORTALE OVEST SINISTRO
I capitelli del lato destro del portale di sinistra mostrano i motivi del doppio drago con un’unica testa a simbolizzare l’unione delle due forze contrarie, poi un’aquila simbolo del potere dello spirito, e un motivo floreale.
Figura 1. Basilica di San Michele Maggiore - Lato destro portale di sinistra
I capitelli del lato sinistro del portale di sinistra, mostrano partendo dall’interno una sirena bifida; due uccelli forse ibis che uniscono le teste; due grifoni in posizione contraria che volgono al centro le teste per unirle. All’esterno una bellissima scultura che ritrae una figura umana a cavallo di un drago in atto di dominarlo, ma un altro, dietro di lui, spalanca le fauci nell’atto di divorarlo, i due draghi sono raffigurati per realizzare un cerchio. Un terzo drago, di lato a destra, trattiene con le sue spire il secondo drago, e con il corpo attorcigliato forma un otto, il simboli della polarità.
Figura 2. San Michele Maggiore – Lato sinistro portale di sinistra Uomo a cavallo di un Drago
PORTALE NORD
Il transetto presenta una propria facciata con tanto di portale d’accesso, situato sul lato nord. Lungo l’intradosso della lunetta, una scritta recita: “Haec est domus refugii atque consolationis” (questa è casa di rifugio e di consolazione). Tale facciata è sostanzialmente differente da quella principale, perché meno ricca di dettagli, ma ha una propria ampia piazzetta indipendente in funzione di sagrato. In passato, la piazzetta accoglieva l’arrivo del re che scendeva dal Palazzo. I montanti laterali del portale della facciata Nord del transetto riportano il tema dell’inseguimento e del rifugio (dei cani da caccia inseguono cervi). Il tema della caccia alla cerva è misterico, lo ritroviamo (rovinato) sia sulla facciata sia sulle colonne sia della chiesa di san Michele in Foro e sia nel Duomo di Lucca, spesso accompagnati dal centauro che scaglia la freccia. Nei dipinti della Cappella Templare di San Bevignate troviamo la cerva senza il centauro che la caccia. La cerva rappresenta la parte spirituale, l’anima. Il Salmo 41 recita così: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio.”
Figura 1. Lucca San Michele in Foro – San Martino – Pavia il tema della caccia alla cerva
Il montante destro del portale mostra figurina umana nuda che abbraccia un leone come alla ricerca di protezione.
PORTALE SUD
Il lato meridionale della basilica presenta un bellissimo portale avente una strombatura più profonda di quella dei portali della facciata principale. Entrambe le colonne addossata al portale colonne presentano i motivi misterici con tralci di pigne o grappoli d’uva. Anche qui onnipresente il motivo dei draghi che s’intrecciano.
Figura 1. Basilica San Michele Maggiore – Portale Sud Grappoli d’uva e Draghi
I fregi della terza ghiera dell’archivolto, raffigurano un mare con un intreccio di uomini e creature ibride, una di queste con testa di capra e coda di drago raffigura il segno astrologico del Capricorno. Un’altra rappresentazione mostra una figura con coda di pesce e testa di drago che morde un uomo la cui testa nasconde quella di un drago posto nella parte opposta.
Figura 2. Basilica San Michele Maggiore - Portale Sud motivi con creature ibride
MOTIVI DI GENERAZIONE FISICA O SESSUALE
A Pavia, sulla facciata principale della Basilica di San Michele, monsignor Gianani ravvisava le immagini dell’impudica Tamar e della casta Susanna in due donne, una dall’atteggiamento sconcio e l’altra in posa pudica. Figure ormai cancellate o quasi, all’esterno. Sempre a Pavia, a San Lanfranco, vediamo sulla facciata tre formelle di terracotta che raffigurano due organi sessuali femminili e uno maschile. Per vederle distintamente, occorrono un’illuminazione adatta e un binocolo o un teleobiettivo.
Gli archivolti del Portale Nord e del Portale Sud nella ghiera esterna riportano figure deteriorate umane nude con le gambe aperte, in mezzo a tralci vegetali. La figura del Portale Sud mostra una donna gravida. Madre natura generala vegetazione e i frutti simbolizzati con grappoli d’uva con cui e nutrita l’umanità, la madre umana con amore genera anch’essa i frutti gli infanti. Il grappolo d’uva richiava il vino e il suo colore il sangue. Il mistero cristiano è legato al vino e al sangue di Cristo.
Figura 1. Basilica San Michele Maggiore - Donne nude
Fortunatamente, alcune rappresentazioni falliche e del sesso femminile sono passate indenni attraverso i fulmini di San Bernardo, la Controriforma, gli “abbellimenti” barocchi e i pudori del secolo scorso. Quelle che rimangono rendono la testimonianza di un culto delle forze generatrici. Rimangono ancora ben visibili, al lato di un portale della Basilica di San Michele, le donnine a gambe aperte, con il sesso bene in mostra, e richiamano alla mente le immagini propiziatorie di fertilità della tradizione celtica, che erano collocate sulla porta d’ingresso di antiche chiese irlandesi, gallesi e scozzesi, chiamate Sheela-na-Gig (termine popolare che significa: “Giulia la prostituta”) [1].
Figura 2. Basilica San Michele Maggiore - Abbazia di San Michele - Donna nuda generatrice
La stessa rappresentazione la ritroviamo nel Portale dello Zodiaco della Sacra di San Michele. Il lato dalla parte dello zodiaco è realizzato come un albero che affonda le sue radici nella bocca di un animale simbolo del mondo sotterraneo, con il viso rivolto verso l’alto. Il capitello superiore mostra dei green man, l’aspetto superiore dei green animal. Inerpicati tra i rami esseri umani e animali alati e non, ma soprattutto in alto una piccola figura nuda, l’unica in posizione frontale che pare sovrintendere a tutto quell’affannarsi in salita. Se osserviamo bene, si tratta di una donna, nuda con le gambe divaricate, e un ramo che esce dall’organo genitale femminile percorre tutta la lesena e ne costituisce il motivo floreale. La donna non appare eccitata, ma concentrata, le mani stringono il ramo come se fosse sotto sforzo come avviene in un parto, rappresenta il potere generativo della terra. In modo analogo in alto il green man emette due rami opposti dalla bocca che rappresentano le energie duali positive e negative cui sottostà tutta la creazione. Entrambi i motivi sono collegati alla generazione fisica[2].
[1] Alberto Arecchi. http://www.antikitera.net/articoli.asp?ID=118.
[2] Vincenzo Pisciuneri – La Sacra di San Michele
CAPITELLI MISTERICI NELLA NAVATA
I capitelli della navata costituiscono un insieme particolarmente significativo dello stile lombardo dell’inizio del XII secolo, caratterizzato dall’utilizzo di composizioni vegetali nastriformi a rilievo basso che riempiono ogni spazio disponibile. Un capitello raffigura un giovane uomo che con le mani stringe le gole a due draghi alati dalla coda di serpente. I draghi avvolgono con le loro code le gambe dell’uomo, per dirci che le tre figure sono una in realtà. Questa è la figura dell’Iniziato che padroneggia le forze opposte. Agli angoli del capitello due protomi leonini dalle lunghe zanne.
Figura 1. Capitelli con coppie di draghi
Al centro di un capitello un personaggio femminile tiene con le mani la coda di due draghi che sembrano disinteressarsi di lei per accingersi a mangiare, insieme con altri due posti specularmente con le code avvolte e intrecciate, una testa umana coronata posta sullo spigolo. Qui abbiamo anziché un uomo, una donna da cui hanno origine le due forze ctonie rappresentate dai draghi che mangiano cioè il potere terreno rappresentato dalle teste dei re.
Figura 2. Capitello – La Dama del Palmeto
Un capitello noto come la Dama nel Palmeto perché appoggia le mani su due tronchi di palma. Sugli angoli del capitello due protomi di animali mostruosi dalle corna di capra emettono dalle fauci un rigoglioso tralcio. La Dama del Palmeto è Nostra Signora, la Madre terra che nutre tutti e da essa provengono i frutti della terra.
Al centro di un altro capitello un personaggio nudo è aggredito da due draghi che gli addentano le spalle; i draghi sono intrecciati con altri due draghi uguali che addentano le spalle di due scimmie poste sugli spigoli del capitello.
Un altro capitello mostra un personaggio femminile in trono con una corona. Ai suoi lati due personaggi maschili che sembrano portare un carico sulle spalle, quello a sinistra è nudo, mentre l’altro a destra indossa una corta tunica. La donna, la Regina Mater, che in altre chiese romaniche e gotiche è la Vergine Nera, prende con una mano il braccio del personaggio alla sua destra mentre sembra respingere l'altro, perché la destra è spirituale, la sinistra è materiale. Sugli spigoli del capitello due personaggi nudi abbracciano due leoni che mordono le spalle.
Figura 3. Capitello – Regina Mater
I due leoni, sono disegnati appoggiati di schiena che guardano in direzioni opposte per simboleggiare l’unione armonica dei contrari, un importante insegnamento pitagorico di Filolao. I due leoni opposti appaiono in Egitto anche in Mesopotamia. Talvolta in mezzo ai due animali, in segno di resurrezione, sorge il sole. L’interessante papiro di Huberen del Museo del Cairo, mostra i due leoni riuniti per il dorso, simbolo degli opposti in equilibrio, tra i quali è raffigurato un serpente che si mangia la propria coda (un cerchio) simbolo dell’Eternità e dello spazio infinito. Al centro è Horos il giovane.
Figura 4. Capitello – Sansone e il leone
I leoni sono simbolo della forza terrena che deve essere domata, come avviene nel capitello di Sansone rappresentato mentre si appresta a uccidere il leone con le sue mani. Ai lati rigogliosi tralci e vegetali. Sansone era un Iniziato Nazar la sua forza fisica era nei lunghi capelli. Nel Portale dello Zodiaco della sacra di San Michele Sansone si fa recidere i capelli da Dalila e poi abbatte le colonne del tempio dei Filistei. Qui è rappresentato l’episodio precedente. Fra i Filistei, Sansone squarta un leone; tornato dopo qualche tempo a visitare la preda sconfitta, scopre la pelle piena di miele di api. Ape, in ebraico, si dice dbure, da cui Debora che significa “parola”. Ape-parola che sgorga da un leone: la parola di verità del Cristo.
Al centro di un altro capitello un personaggio nudo poggia le sue mani su due draghi con le code intrecciate che gli addentano le spalle; i draghi sono intrecciati con altri due draghi uguali che addentano le spalle di due babbuini (animali sacri a Thoth, alias San Michele) posti sugli spigoli del capitello. I draghi addentano le spalle sia dell’uomo sia dei babbuini. Sopra sulla cornice una sequenza di animali un’antilope, due draghi intrecciati.
Questo tema deve essere particolarmente importante perché è riprodotto ben due volte nella cripta. Le sculture non rappresentano come normalmente commentato un’aggressione dei draghi all’uomo: un unico e armonioso intreccio, l’energia ctonia circola liberamente nell’iniziato che ha domato i draghi, detto in termini orientali la triplice Kundalini.
Figura 5. Capitelli – Coppie di draghi che addentano le spalle dell’uomo
Prima di scendere nella cripta si vede, nel transetto sinistro, un tempietto che racchiude un fonte battesimale. La copertura di rame del battistero è conformata a conchiglia. Essa si apriva per il Rito e si richiudeva al suo termine, emulando il fluire delle acque primordiali purificatrici. La conchiglia è l’emblema della Conoscenza, ed è anche il simbolo del cammino iniziatico verso Santiago di Compostela.
IL LABIRINTO
Il presbiterio di San Michele è elevato sulla navata di 15 gradini, e il suo pavimento copre un’ampia cripta. Davanti all´altare maggiore possono ammirare i resti di un gran mosaico pavimentale, con un Labirinto, i Mesi e l´Anno e altre figure simboliche. Il numero dei gradini, quindici, rappresenta la Pentactide, i dodici punti disposti attorno alla Triade Divina, questi ultimi sono anche le 12 ore del giorno e della notte, durante cui il Cosmo respira. Il numero 15 è la somma di tre numeri primi dispari consecutivi all’interno della Decade, 3+5+7=15, ed è anche la somma dei primi tre numeri pari di là della Decade[1], 4+5+6 = 15. Infine quindici è il 5° numero triangolare che richiama la stella a 5 punte simbolo dell’uomo.
Figura 1. simbolismo del numero 15
Verso la fine del XII secolo, dinanzi all’altare maggiore fu realizzato un mosaico pavimentale (dalle ricostruzioni 8x6,6 m circa) che occupava in origine gran parte del presbiterio raffigurava Teseo, il Labirinto e il Minotauro, circondato dalla personificazione dei mesi dell’anno e da altre scene.
René Guenon scrive che vi è una stretta relazione fra il labirinto e la caverna, collegati entrambi alla stessa idea di un viaggio sotterraneo. La ragione per cui il percorso del labirinto tracciato sul pavimento di certe chiese, nel Medioevo, era considerato sostitutivo del pellegrinaggio in Terrasanta per coloro che non potevano compierlo; bisogna ricordarsi che il pellegrinaggio è precisamente una delle figure dell'iniziazione, di modo che il «pellegrinaggio in Terrasanta» è, in senso esoterico, lo stesso che la «ricerca della Parola perduta» o la «cerca del Santo Graal».
Nel 1383 sul presbiterio fu realizzato un altare marmoreo, che negli anni 1580-1590 fu spostato in più arretrata verso l’abside, in avanti venendo a coprire parte del litostrato pavimentale, alcuni Mesi e una porzione del Labirinto. Il prezioso mosaico pavimentale era stato già mutilato prima del 1580-1590, cioè dello spostamento dell’altare marmoreo. Il mosaico pavimentale istoriato policromo, ci è pervenuto in forma frammentaria in due momenti diversi, nel 1863 durante la ricognizione delle reliquie dell’altare maggiore, e nel 1972 in occasione di restauri. Nel 1863, l’altare maggiore fu riposizionato, più arretrato verso l’abside, in modo da lasciare parzialmente visibile parte del mosaico: l’Anno e i mesi di Aprile, Maggio, Marzo, porzione superiore del Labirinto e le due figure angolari.
L’area in cui si trova il labirinto non è generalmente disponibile al pubblico. Presso la Biblioteca Vaticana si conserva una preziosa incisione pubblicata nel 1699, nel secondo volume dei “Vetera Monimenta” dell’erudito Giovanni Ciampini, per sostenere l’ipotesi di una fondazione costantiniana della basilica di San Michele, di cui ci resta un disegno. L’autore aveva ricevuto il disegno dal religioso Francesco Bellisomi, che a sua volta l’aveva ottenuto da don Marcellino, rettore di S. Nicolò della Moneta.
Figura 2. Il Labirinto di San Michele disegno di Ciampini
Il disegno di Ciampini del labirinto non è esatto, le spire del labirinto come si vede dalla parte di labirinto riscoperto sotto l’altare, sono come a Chartres, undici e non otto. Davide impugna solo la fionda, anziché fionda e mazza. Interessante il disegno di Teseo e del Minotauro, rappresentato in modo orizzontale anziché verticale.
Ancora più interessante, ai fini della restituzione dell'originaria iconografia del mosaico, è un disegno, più antico e più completo di quello del Ciampini, conservato nel codice Barberiniano Lat. 4426 della Biblioteca Vaticana, oggi non più reperibile ma citato da Muntz nel 1883, che riproduce il mosaico quasi integralmente, segnalando anche la presenza di un altare. Lo studioso assegna il disegno al XVII secolo e lo riferisce conservato nei fondi della Biblioteca Barberini, senza indicare la provenienza. Peroni identifica il disegno con quello pubblicato da Soriga nel 1925 ca., in cui è raffigurato anche un altare che occulta parzialmente la serie dei Mesi e l’Anno, ma aggiunge a sinistra, sopra il riquadro con Davide e Golia, un riempitivo a scacchiera con foglie a quattro petali incrociate, mentre nelle riman